Le 100 Anime di Crippa, Buscaglia e Tenderini

Le 100 Anime di Crippa, Buscaglia e Tenderini

A pochi giorni dall'uscita del secondo volume di 100 Anime abbiamo fatto quattro chiacchiere con i suoi autori: Alex Crippa, Alfio Buscaglia e Emanuele Tenderini.

100 Anime 2Tanto per iniziare in modo originale direi di lasciare a voi le vostre presentazioni. Di Alfio mi ricordo gli inizi con Randal McFly (che pero’ non seguivo, scusate) e poi l’esperienza di Armadel. Mentre per Alex – scusa ma devo professare la mia ignoranza – so solo del coinvolgimento in Randal McFly. Ditemi voi qualcosa in più.
ALEX – Eccomi: Randal è stato il mio primo lavoro nel mondo dei fumetti, e così ho conosciuto Alfio. Poi ho fatto il tuttofare alla Ediperiodici di Milano (fumetti cinesi di arti marziali e porno da caserma), ho aperto Bloodbuster (videoteca horror tuttora in vita) e dopo 2 anni ho mollato, ho sceneggiato Armadel per il sito del Corriere della Sera, ho creato svariati videogiochi per la Kinder, mini-serie d’animazione per Web e tv, e finalmente sono approdato sul mercato francese con la serie “100 anime” per Delcourt. Tra poco esce Nero, una mia nuova serie per Casterman, un noir disegnato da Andrea Mutti. Altri progetti (ancora con Alfio) sono in via di presentazione…insomma non ci fermiamo!
ALFIO – Ho esordito nel ’93 facendomi le ossa con un fumetto di nome Demon Hunter (Xenia Edizioni), per poi cimentarmi nel ’96 in una miniserie ideata da Diego Cajelli chiamata Randall Mcfly (Esseffe Edizioni), dove ho conosciuto Alex, appunto. Contemporaneamente ho curato una collana I capolavori dell’avventura (Xenia Edizioni), romanzi a fumetti tratti dai racconti di Conrad e Stevenson. Sono approdato nel ’98 alla Star Comics con una miniserie Goccianera, cominciando a insegnare alla scuola del fumetto di Milano subito dopo. Grazie a “Armadel” nel 2002 sono entrato a fare parte del gruppo Settemondi e quindi nel vero e proprio calderone fumettistico. Anche se ho sempre alternato questa disciplina a altre più redditizie, quali la grafica computer realizzando pure io videogiochi in flash per la Kinder Ferrero… e tante, altre cose…
MANU – Ho conosciuto Alfio e Alex frequentando la scuola del fumetto di Milano. Ho iniziato come disegnatore per le Edizioni Art, per la quale ho curato delle rubriche illustrate mensili nella rivista Net magazine e con la quale sto realizzando un progetto storico, un giallo ambientato in Umbria, nel 1200 intitolato Demo.
Lavoro, ancora, come disegnatore e colorista per Les Humanoides Associés. In questi giorni è in uscita L’oiel de Jade, giallo storico ambientato in Cina, scritto da Weber Patrick, già co-autore con Brindisi della serie Novikov.
Come colorista invece Wondercity (Soleil/Free Books), Othon & Laiton (Paquet/Free Books) e tanti altri progetti di prossima uscita…oltre, ovviamente, al progetto di cui stiamo parlando.

Visto che ne avete parlato voi non posso non chiedervi qualcosa in più sulle vostre rispettive prossime uscite.
ALFIO – Nel mio caso, sto curando tre progetti editoriali, al vaglio degli editori francesi. Il primo Il Missionario lo sto presentando con Alex. Poi ho altre due proposte che presentare al più presto: Taki-kengai, scritto da un mio ex-allievo di nome Marco Madoglio, e Peter Pan ideato da Giovanni Di Gregorio neo acquisto della Bonelli e Disney come sceneggiatore di Dylan Dog, Dampyr e Witch…
Sono tutte storie dalle forti tinte gialle, molto avvincenti. Ma non dico di più…
ALEX – Allora, “NERO” è una classica serie noir col classico investigatore privato sulle tracce del classico serial-killer, ma con un finale davvero poco classico. è ambientato a Brescia, a conferma della mia fissazione per le location italiche. è scritto da me e disegnato/colorato dalla coppia Andrea Mutti/Angelo Bussacchini, già noti per varie uscite italo-francesi tra cui il celebre Arrivederci amore, ciao. La prima storia è divisa in due volumi, Casterman pubblicherà la prima parte in agosto, che credo uscirà in Italia a settembre (sempre Edizioni BD come per 100anime). “Il Missionario” lo sto appunto presentando con Alfio a vari editori che hanno già mostrato il loro interesse (incrociamo le dita). Anche qui si parla di giallo, il protagonista è un ex-prete che indaga su presunti miracoli per conto del Vaticano. E anche questa storia è ambientata in Italia, in questo caso perché l’argomento lo richiede. In fase di presentazione ho poi Il Monco, storia di un lottatore senza mano ambientata nel Brasile dei violentissimi incontri clandestini. è disegnata da Alberto Ponticelli che oltre ad avere uno stile perfetto per questa storia è anche ex-campione di kick-boxing e si sta abbastanza immedesimando. Altri progetti sono ancora troppo in fase embrionale per parlarne bene, ma quando ci sarà l’occasione molto volentieri!
MANU – “Demo”, è un progetto storico che mi sto portando dietro ormai da un annetto, una sorta di “Il nome della Rosa”. A Colle sul Nera, nome inventato di un piccolo paese umbro, si consuma un efferato omicidio dietro il quale si pensa agisca una setta Catara. Un giovane frate francescano viene chiamato per investigare, coadiuvato da un saggio e forte Cistercense e da due “guardie del corpo” tipicamente medievali.
“L’oeil de Jade” invece si svolge in Cina, nella provincia di Shandong, sotto la dinastia dei Tang. L’omicidio di un alto funzionario imperiale è il pretesto per avviare una serie di intrecci di passione, sangue e mistero, tra prostitute, mercenari e tenutari dal passato oscuro. Il tutto dal punto di vista di Wang, poliziotto chiamato a catturare la presunta assassina sopprimendo l’amore che prova per lei.
“Wondercity” invece è la “serie da edicola” creata assieme a Gualdoni e Turconi. Ambientata nell’Africa degli anni 30, racconta le vicende di un gruppo di giovani dai poteri eccezionali che combattono contro cattivoni di ogni genere. È appena iniziata da pochi mesi e la stiamo vendendo già in vari paesi del mondo. Legato a questo progetto potrebbero esserci molte sorprese, di cui avro’ il piacere di aggiornarvi.
Di altri progetti in via di sviluppo, per ora, non posso parlarvi.

Alfio dice: “ho sempre alternato questa disciplina a altre più redditizie” ed è spontaneo chiedere: perché? Voglio dire, quello di fumettista mi sembra sempre più uno dei lavori più precari che ci siano e da questo punto di vista siete uno specchio della realtà odierna del nostro paese. Come si vive in questo modo? La passione spinge a scegliere una determinata via, ma arrivando alle volgari e mere bollette da pagare?
ALFIO – Mah, sai… la risposta è già nella tua domanda…Non trovo nulla di “volgare” nell’arrotondare facendo altro, anzi è molto dignitoso.
Io in effetti non sono un fumettaro, ma un disegnatore. Avendo scelto di spaziare su più discipline, per scelta faccio ANCHE fumetti. Il perché è ovvio. Mi diverto così.
Se poi mi chiedi come si vive facendo il disegnatore, ti rispondo che la si deve accettare per quella che è… a volte va bene, a volte va male e a volte il compromesso è sacrosanto. Ma è così per qualunque lavoro. Quindi, se si arriva a lavorare per editori che ti pagano quel tanto che basta per vivere allora si fa solo quello, altrimenti per forza di cose si fa altro.
ALEX – Che dire? Idem!
Nel mio caso pero’ è più dura, perché uno sceneggiatore può spaziare fino a un certo punto: l’unica cosa che so fare è inventare personaggi e situazioni e poi organizzarli in una struttura narrativa. Finché posso prendo tutti i lavori alternativi al fumetto (pubblicità fondamentalmente) ma da circa un anno sto investendo soprattutto nel mercato fumettistico francese che ritengo al momento, e per le mie capacità, l’unico mercato in cui ritagliarmi un discreto spazio. Per fortuna è anche il lavoro che preferisco in assoluto.
MANU – Quoto Alfio.

Il secondo volume è uscito da poco, per cui credo sia giusto partire da come è stato accolto il primo capitolo della serie: come sono andate le vendite in Italia e in Francia?
ALEX – In Italia quasi tutto esaurito, in Francia abbastanza bene. Pero’ tieni presente che la tiratura francese è molto più alta di quella italiana. Diciamo che è andata benino col pubblico e benone con la critica. Personalmente la ritengo una vittoria, considerando che “100 anime” è un fumetto piuttosto fuori dagli schemi francesi: unisce tematiche e situazioni all’americana (demoni, splatter, tanta azione) a narrazione francese (dialoghi, atmosfera). Per es. molti francesi sono rimasti stupiti da una scena d’azione di tre tavole praticamente muta (il primo omicidio in metro’ nel vol.1). L’originalità è stata apprezzata, ma non è stato un blockbuster! (per ora)
MANU – (per ora)

Ve lo auguro.
Sempre parlando del primo volume avete avuto buoni riscontri di critica?
ALEX – Strano a dirsi, ma come ho detto la critica è stata davvero entusiasta, sia quella italiana che francese. E parlo di decine di recensioni, soprattutto Web, ma anche riviste (n.d.i.: anche LoSpazioBianco ha recensito 100Anime vol 1; per il secondo volume siamo un po’ in ritardo). Su 10 giudizi, 9 erano positivi. Lo stile grafico è stato molto apprezzato: il lavoro di coppia di Alfio e Emanuele ha dato risultati notevoli per impatto, atmosfera e ricerca del dettaglio. Della storia è stata premiata l’originalità del trattamento di uno dei temi più triti (il demonio!), i personaggi (tre ragazze qualunque che si ritrovano a coabitare con un demone incarnato) e la scelta di ambientare un horror a Milano, invece che a Londra, N.Y., L.A. ecc…
ALFIO – Confermo quello che ha detto alex. Aggiungendo inoltre, che per noi è stata la prima volta che abbiamo avuto la possibilità di trovare un riscontro oggettivo con il lettore. Leggere di noi su molti forum (soprattutto francesi), aiuta a farci una giusta visione di quello che i lettori colgono nelle storie, permettendoci così anche autocritiche e soprattutto spunti nuovi per migliorarci.
MANU – Confermo anch’io. E ringrazio tutti coloro che interagiscono telepaticamente con noi! Le critiche, sia positive che negative, sono sempre una gran fonte di ispirazione!

Toglietemi una curiosità: come vi è venuto in mente di ambientare la storia a Milano? Per alcune case editrici questo sarebbe quasi una bestemmia; non ve l’ha mai detto nessuno mentre presentavate in giro le vostre bozze?
ALEX – No appunto, questa scelta è stata accolta subito e sempre bene. Noi per primi ci siamo stupiti. Tento un’analisi spiccia: Milano è una città suggestiva ed è stato determinante il lavoro fatto da Alfio e Tenderini per rappresentarla sotto una luce inquietante e misteriosa; i francesi sono sì campanilisti, ma sanno apprezzare l’originalità se è presentata bene. Aggiungi un pizzico di culo, e il gioco è fatto…
C’é poi un altro aspetto, più curioso: “100 anime” è nato dalla passata convivenza tra me e Alfio a Milano…proprio nella casa che appare nel fumetto! L’input iniziale è assolutamente reale (inquilino scomparso + casa in affitto economica): era biologicamente naturale per due fumettisti trarne una storia. Non voglio sembrare troppo nostalgico, ma “100 anime” rappresenta letteralmente una fetta della mia vita: ogni volta che lo sceneggio è come se la rivivessi. So che è così anche per Alfio, che addirittura ridisegna i luoghi dove abbiamo dormito, mangiato e lavorato per 4 anni!
ALFIO – L’idea di ambientarlo a Milano nasce anche per caso senza idee preconcette di fondo su quale potessero essere le vere esigenze del mercato attuale. Anche perché il fumetto non nasceva con la pretesa di essere pubblicato né in Francia né tanto meno in italia, ma per il web.
Proporlo in seguito agli editori è stato sia un azzardo che una evoluzione del progetto in sé. Siamo sempre stati consapevoli che potevamo avere un grosso margine di non riuscita al riguardo, ma ce ne siamo fregati totalmente e siamo andati avanti per la nostra strada.
MANU – Io sono subentrato al progetto quando l’ambientazione era già stata decisa e, addirittura, quando il fumetto era già stato venduto all’editore. Per cui non saprei rispondere a questa domanda.

Ma allora perché siete tra i pochi ad averlo fatto (e di ciò vi ringrazio)?
ALFIO – Hai provato a chiederlo agli altri? Che ti hanno risposto?
ALEX – Perché tutti si vergognano all’idea di un demone che cammina per i navigli milanesi! Poi lo vedono e scappano spaventati…

particolareDicevate che il progetto nasce per il Web, da affiancare ad Armadel. Parlateci un po’ di quell’esperimento: perché si chiuse? Ci sono tanti tentativi di coniugare Web e fumetto ed Armadel non era male, anzi. Secondo voi cosa si potrebbe fare oggi?
ALEX – Onestamente non saprei nello specifico perché chiuse Armadel Io ero solo un ingranaggio della catena! Probabilmente è stato ed è rimasto un bell’esperimento che pero’ non ha suscitato sufficienti motivazioni per proseguire. Il fumetto via Web è molto interessante e pieno di potenzialità, ma ancora tutto da esplorare.
ALFIO – Armadel nasceva sull’onda del boom della new economy, in cui tutti investivano per il web, per poi capire che era un’idea magnifica ma ancora troppo acerba per essere sviluppata, tutto qui. “100 anime” invece era un altro progetto che è nato a cavallo di quel tipo di format e per il rilancio del cartonato francese. Non abbiamo fatto altro che svilupparlo e proporlo secondo un criterio scientifico collaudato: il caso.
Secondo me oggi la rete può riprendere il mano un certo tipo di idea soprattutto perché la banda larga è decisamente più diffusa di qualche anno fa. Non sembra, ma basta una connessione lenta per annoiare un lettore perché la pagina web non si carica in un attimo. Dove c’é immediatezza, c’é comunicazione.

Secondo voi perché “100 anime” ha funzionato così bene da far decidere a Delcourt di portare a termine la saga?
ALEX – Il risultato commerciale è discreto, il prodotto è qualitativamente valido e quindi hanno deciso di investire fino in fondo. Dobbiamo ammettere che è una bella prova di fiducia nei nostri confronti. Dopotutto siamo debuttanti nel mercato francese. Io credo sia la conferma di quello che ho sempre sostenuto: è stata premiata la qualità e un certo rispetto per l’opera. Infatti considera che “100 anime” è una storia unica divisa in tre parti: non puoi capirla completamente fino alla fine, ogni episodio è legato all’altro. Fermarsi al primo o al secondo capitolo avrebbe significato lasciare una storia incompleta, monca, senza senso!
ALFIO – Perché “100 anime” rientra tutt’ora in una linea editoriale di nome Insomnie, una collana horror fatta su misura per fumetti come il nostro. Ultimamente l’horror vende molto in Francia quindi, che funzioni o no, “100 anime” è un titolo in più che esce nel catalogo della Delcourt.
MANU – Non posso che essere d’accordo con i miei soci.

Alfio io ho visto qualche tavola del secondo volume prima ancora che uscisse e devo dire che, anche non sapendo come si evolverà la storia, il lavoro fatto da te mi sembra grandioso. C’é pure una certa evoluzione nello stile. Ce ne vuoi parlare?
ALFIO – Ti ringrazio. Come ovvio, ogni lavoro che si fa è sempre meglio del precedente, quando si macinano tavole, si affinano le tecniche e si acquisisce soprattutto quella giusta sintesi tra segno, stile e messaggio. Confronto al lavoro precedente, questa volta ho lasciato andare di più la mano facendomi guidare dall’istinto. Mi sentivo più padrone del lavoro, tutto qua. Cosa da non trascurare è il gioco di compensazione con i miei altri due soci: so dove mi possono aiutare loro e dove posso farlo io con loro.
Lavoriamo a occhi chiusi.

Se non ho capito male le tavole di Alfio non sono inchiostrate, giusto? È la sicurezza di cui parlavi o una precisa scelta stilistica? E quanto ciò influisce sul lavoro di Emanuele?
ALFIO – Non è mai una precisa scelta stilistica. È al contrario una voglia di sperimentare sempre nuove cose e nuovi metodi di lavoro. La matita per esempio mi ha aiutato a dare meglio quella immediatezza e freschezza sul foglio, che nella inchiostrazione non trovavo ancora.
Mi muovo secondo impulsi, nuovi stimoli del tutto astratti. Poi, ovvio, ho avuto la fortuna di avere a che fare con Emanuele che mi segue a ruota, percepisce sempre in che meandri voglio entrare e lui mi segue a testa bassa, anzi, con quell’entusiasmo di chi vuole sfidarmi.
MANU – Per ogni numero mi sono sempre confrontato con le sperimentazioni del disegnatore. Ed è proprio questa la cosa divertente e stimolante del lavorare con Alfio. Fare 3 numeri “sistematici” sarebbe stato noioso. Qualsiasi cambiamento di tecnica da parte sua influisce sulle mie scelte cromatiche e qualsiasi mio intervento lo limita o lo agevola nei suoi. Dove arriva lui non arrivo io, e viceversa. E questa è veramente una bella sfida, perché man mano ci facciamo coinvolgere e ci stuzzichiamo vicendevolmente per crearci problemi che poi concorriamo a voler risolvere.

In definitiva si decide le atmosfere che si vuole far venire fuori dalla tavola (le decidete insieme, ok) e poi? Vi cercate dei riferimenti, fotografie ecc. in modo che Emanuele abbia qualcosa su cui lavorare? Certe foto le ho viste. Insomma ditemi di più.
ALFIO – La mia preparazione alla tavola è fatta perché lui operi il più possibile sul disegno. Il fatto di “togliere” dal disegno senza sacrificare nulla nei contenuti, affinché lui possa dare il massimo della sua espressività, non è roba facile, credetemi.
Poi le mie indicazioni si limitano a dirgli cosa spiega la scena, con dei riferimenti fotografici, se possibile, ma per nulla imposti.
MANU – Le indicazioni di Alfio rappresentano degli “ingombri generali”. Lui disegna e mi dice: “questa cosa è nata per avere questa luce”. Successivamente io passo intere nottate a scartabellare film, foto, e immagini di varia natura, per riuscire a “intagliare” la luce che mi era stata “accennata” dal disegnatore. Parto dalla generalità delle sue indicazioni per arrivare al dettaglio emotivo più piccolo. Solo per questo numero di “100 anime” ho un database di immagini di una ventina di Gigabyte.

Alex, parliamo un po’ della storia. Da dove nasce? Come mai un horror? C’entra qualcosa il tuo passato da Bloodbuster?
ALEX – Ma allora i tuoi informatori sapevano già tutto del mio passato! Beh, io sono nato e cresciuto con l’horror in ogni sua forma e prodotto. A 10 anni mio zio mi fece vedere “La Casa” di Sam Raimi e invece di diventare un serial killer sono diventato uno scrittore. Per “100 anime” la mia scelta è stata quasi obbligata e molto pratica: l’horror era il genere che conoscevo meglio e se volevo farmi notare nel grande mercato francese dovevo dare il massimo di quello che sapevo fare. Inoltre l’horror è un genere molto particolare: è di nicchia, ma non muore mai. E i suoi fans sono fedelissimi e molto esperti. Insomma, potevo ritagliarmi un mio spazio.
In effetti l’horror sta vedendo una rinascita, anche se in Italia ce ne stiamo un po’ a guardare. Secondo i cervelloni l’horror serve ad esorcizzare le paure che ci portiamo dietro o che ci cadono addosso dalla società. Cosa avete voi da mettere tanto in luce da far sì che se ne stia ben nascosto in cantina a non fare danni?
ALFIO – “Cosa avete voi da mettere tanto in luce da far sì che se ne stia ben nascosto in cantina a non fare danni…” … ma cosa si fuma dalle tue parti?
Cosa vuoi dire?
Se vuoi arrivare a dire che il fumetto non ti ha fatto paura o che non è nulla di nuovo nel panorama horror, puoi tranquillamente dirlo in maniera chiara: non ci offendiamo mica.
Ma ti sei accorto che sul secondo volume abbiamo messo apposta il negozio di Bmovie Bloodbuster, oppure aspetti che ti regali ANCORA l’albo perché tu possa leggerlo? (non offenderti, scherzo)
Ovviamente aspetto che mi regali il volume, ci mancherebbe. Scherzo, ma ti ringrazio di aver evitato spoiler, visto che sono via dall’Italia da ben prima che il secondo volume uscisse e quindi non so nulla della storia.
ALEX – Eeeh, l’inconscio… Guarda che in realtà è più semplice di quello che sembra: grazie al media fumetto io posso vivere tutto quello che nella noiosa realtà è impossibile! Posso inventare quello che voglio! è fantastico! E quindi sotto con sangue, sventramenti, demoni e babau!!! è puro divertimento per me. Se invece vogliamo scavare nella mia psiche Freud direbbe che tutto ciò deriva anche da paure infantili certo, e di conseguenza da aggressività, voglia di urlare, di spaccare, come per tutti. E ha ragione. Ma io, personalmente, non ho ancora conosciuto un ultrà sceneggiatore. O un serial-killer disegnatore. O uno stupratore colorista.
MANU – La mia cantina la chiamo “LA CANTINA”. Ci tengo 10 top models bellissime, ogni tanto ne maciullo un paio, e poi le ricostruisco, mescolando i pezzi dei loro corpi (ovviamente con strumenti rudimentali come forchette da cucina, stuzzicadenti e spago da imballaggio), per vedere se riesco ad ottenere “la bellezza perfetta”. Finora, dopo 20 anni di faticose sperimentazioni, non sono ancora riuscito nella mia impresa. Sicuramente, pero’, le mie aberranti pratiche horror/chirurgiche mi hanno aiutato a colorare il fumetto horror più allucinante di tutti i tempi e, per ora, questo, mi rasserena.

Vabbé era una domanda pretenziosa, d’accordo, d’accordo, ma poi non dite che non vi ho preso sul serio (scherzo).
Già leggendo il primo volume ci si accorge di tutta una serie di rimandi e riferimenti a varie iconografie, dal cinema alla letteratura. Per voi il fumetto è un media completamente referenziale?

ALEX – Per me assolutamente sì. Non solo amo citare, ma non posso farne a meno. L’allenamento di uno sceneggiatore consiste nel leggere tantissimo e guardare un sacco di film. è la mia linfa creativa. Così, come il maratoneta alle Olimpiadi mette a frutto tutto l’allenamento svolto durante gli anni, io quando scrivo faccio fluire tutti gli input accumulati. Solo i geni riescono a creare qualcosa di nuovo. La mia professionalità (e onestà) sta nel creare qualcosa di mio nel rispetto di chi mi ha preceduto.
ALFIO – Siamo delle spugne. Il fumettaro deve essere ricettivo cogliere da tutto quello che gli sta intorno, lo raccoglie, lo shekera e lo ripropone in maniera nuova, agli occhi di tutti.
Sì, ma quanto la referenzialità sia un’arma vincente e quanto, secondo voi, è voluta in certe produzioni, come “rompighiaccio”. Mi spiego meglio: la storia di “100 anime” non è certo “profondissima” o innovativa; una storiella horror piena di rimandi e riferimenti, ma forse è anche questo uno degli aspetti del suo successo. Intendo, il lettore si ritrovava dei “punti di riferimento”, gli si aprono finestre nella memoria ecc., no? Oddio spero di non aver offeso nessuno.
ALFIO – Non lo so. A me non preme mai disegnare una cosa fatta a tavolino, o come dici tu “referenziale” ma di disegnare solo una cosa corretta sulla base di una idea del momento. Il mio parametro di giudizio per capire se va bene o no, è data da quanto si è chiari nell’esporlo, sulla base degli input dati da quello che vedo al cinema, e da quello che leggo nei fumetti e libri.
Consapevole anche di buttare a caso molte cose alle quali non so ancora rispondermi! Poi sta alla fiducia dell’editore all’inizio e al lettore poi, dare LORO altri valori e soprattutto a valutare se un lavoro è originale o meno.
Il resto sono seghe mentali.
ALEX – Accetto la “provocazione” e ti diro’: “100 anime” è davvero una storiella horror-splatter, che si inserisce in un sotto-genere e quindi è diretta a una nicchia di lettori. Secondo me questo tipo di prodotto funziona quando ti diverti a crearlo: se un lettore riesce a cogliere il divertimento dell’autore (sotto forma di citazioni, riferimenti, ecc.) allora l’hai conquistato.

Infatti era una provocazione.
MANU – La citazione non giustifica certo un’intera struttura narrativa. È solamente una piccola sfumatura che inserisci quando hai una base che funziona a sufficienza.
Per ogni vignetta colorata di 100 anime potrei mostrarti decine di immagini di film “referenziati”. Questo pero’ non significa che io non abbia usato le mie conoscenze teorico/fisiche del colore, per adattare i colori alle esigenze di una storia che sarebbe vissuta ugualmente anche senza inserire “Bloodbuster” come nome del negozio di videocassette.

Per quanto ne so avete raggiunto con Delcourt anche l’accordo per la pubblicazione del terzo e conclusivo volume. Avete quindi un anno di tempo per portare a termine il lavoro: 48 pagine in 12 mesi è un bel periodo per poter affinare al meglio delle vostre intenzioni in risultato finale, no?
ALEX – Certo. E considera che siamo già a buon punto del lavoro. Il 3 capitolo sarà col botto, ci stiamo lavorando veramente bene, forti dell’esperienza accumulata e dell’affiatamento acquisito negli anni. Come si dice: preparatevi al gran finale!
ALFIO – Preparatevi al delirio.
MANU -…cazzo!

Come “…cazzo”? Dove avete intenzione di portarci?
ALEX – ALL’INFERNO!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!
MANU – Il “cazzo” l’ho messo solo perché trovo ci stia bene vicino a 3 puntini, i quali ci stanno da Dio se riferiti alla frase: “preparatevi al delirio”. E per dimostrare che il nostro team funziona alla perfezione, Alex ha esclamato un bell’ “all’inferno!”.
Direi che da una squadra così rodata ci si può aspettare davvero di tutto!.
ALFIO – Li adoro questi due.

Riferimenti
Il sito di Buscaglia www.alfiobuscaglia.com
Il sito della Edizioni BD

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