L’apocrifo Mazinga Z

L’apocrifo Mazinga Z

Mazinga Z, come altri cartoni animati del boom degli anni ’80, fu oggetto di una serie di trasposizioni a fumetti non autorizzate per mano di autori italiani. Antenati degli “spaghetti manga”, ancora oggi mantengono nella loro ingenuità un fascino tutto particolare. Inoltre: gli omaggi di Werther Dell'Edera e Giuseppe Ferrario.

Sono passati quarant’anni dalla nascita di Mazinga Z, quel robot prodigioso che ha rivoluzionato l’immaginario collettivo di più di una generazione di spettatori e lettori di fumetti, prima in Giappone poi nel resto del mondo.
Da noi arrivò nel 1980 nella sua versione animata, nel pieno dell’invasione giapponese avviata nel 1978 da Heidi e Goldrake e che, paradossalmente, aveva già portato sugli schermi delle tv italiane eroi ben più moderni ed evoluti di Mazinga Z.

Un arrivo che spiazzò non poco i piccoli telespettatori di allora. Chi era quel robottone che somigliava incredibilmente e portava lo stesso nome del già noto Grande Mazinga? E Ryo Kabuto non era terribilmente somigliante all’Alcor di Atlas Ufo Robot? Sarebbe passato qualche tempo prima che si riuscisse a rimettere tutti i tasselli nel posto giusto e riconoscere che Mazinga Z condivideva lo stesso universo narrativo dei suoi ”successorì Grande Mazinga e Goldrake, nonché Getter Robot, un universo messo in piedi dal genio di Go Nagai (e in effetti lo si era potuto vedere negli ultimi episodi del Grande Mazinga, in cui i due Mazinga combattono uno al fianco dell’altro).

Di quella serie la Rai trasmise soltanto poco più della metà dei 92 episodi di cui si componeva, sufficienti comunque a diffonderne il mito e a renderne popolarissimi i protagonisti. Una popolarità che da subito, come già accaduto per altri eroi del piccolo schermo, si estese alla carta stampata. Conseguentemente ai successi televisivi, le edicole si riempirono infatti di pubblicazioni che proponevano le trasposizioni a fumetti di quelle stesse serie.
Non si trattava ovviamente dei manga originali: improponibili per l’epoca l’importazione, la traduzione e l’adattamento delle opere giapponesi per l’ancora sostanzialmente artigianale mondo dell’editoria fumettistica italiana – anche se non mancarono le sporadiche eccezioni come Il Grande Mazinga di Gosaku Ota pubblicato in 25 albetti monografici da Fabbri Editori.
Erano invece fumetti per la maggior parte realizzati in Italia (o in altri paesi come Spagna, Francia e Germania) da studi grafici, giovani alle prime armi e professionisti navigati come Leone Cimpellin, Umberto Manfrin, Antonio Terenghi e altri.
Testate di grande successo come il monografico Atlas Ufo Robot Presenta Goldrake delle Edizioni Flash (che toccò le 120000 copie di tiratura settimanali) o le antologiche Tv Junior (Edizioni Eri-Rai), La Banda Tv Ragazzi (Edierre) e la sua evoluzione Cartoni in Tv (Edizioni Tv).

In questa valanga di iniziative editoriali, la cui parabola si risolse nel giro di pochissimi anni (tra il 1978 e il 1984) contemporaneamente all’ascesa e alla repentina (ma fortunatamente momentanea) scomparsa del grosso degli anime dagli schermi dei network nazionali, Mazinga Z è stato uno dei personaggi maggiormente presenti. Lo vediamo campeggiare sulla copertina del primo numero de La Banda Tv Ragazzi, datato marzo 1980, ma già da un paio di mesi appariva sulle pagine di Tv Junior, protagonista di avventure ispirate più o meno fedelmente al cartone animato.

Erano brevi episodi (mediamente di 6-8 pagine) in cui la trama era estremamente sintetizzata, si andava diretti al cuore dell’azione (che per le serie robotiche erano ovviamente i combattimenti) regalando ai piccoli lettori l’emozione di vedere replicate su carta le gesta degli eroi della tv.

Vincenzo Perrone, sceneggiatore molto attivo su quelle testate anche su storie di Mazinga Z, ci ha svelato alcuni particolari relativi alla realizzazione di quei fumetti:

Andrea Mantelli (fondatore dello Smack Studio) e signora andavano a Francoforte per visionare le serie e segnalare all’editore che cosa acquistare o provare ad acquistare, perché ad un certo punto i diritti sono lievitati, il filone tirava e la concorrenza si era fatta agguerrita […] ogni nuova serie acquistata aveva dei bellissimi e costosissimi depliant che ne decantavano le virtù. Servivano per la raccolta pubblicitaria, immagino […] Tornando allo Smack Studio, che serviva sia Eri-Rai che Edizioni Tv, ricordo che Mantelli aveva un mega videoregistratore costosissimo, perché doveva leggere il formato delle videocassette giapponesi, così potevamo vederci alcune serie in anteprima, per capirci qualcosa! Come sceneggiatore avevo i testi in inglese che sarebbero andati al doppiaggio, così su alcune serie siamo partiti in contemporanea alla televisione, o quasi. In altri casi invece l’indicazione che avevo era di partire con i primi episodi a fumetti seguendo l’andamento televisivo, per poi mantenere il canovaccio, gli snodi principali, ma andare del tutto liberi. In pratica erano come episodi tra gli episodi, liberi, anche se non completamente slegati. […] Il tutto, sia ben chiaro, lo potevamo fare perché ai tempi i cartoni giapponesi erano ancora considerati un sottoprodotto. Non c’era l’attenzione e la richiesta di purismo che c’è oggi. Per gli adulti erano tutti uguali e tutti disdicevoli, per i ragazzi ovviamente no, loro sapevano distinguere e soprattutto sapevano scegliere”.

Poter visionare gli episodi prima o contemporaneamente alla loro messa in onda ufficiale era un’opportunità straordinaria per gli autori, che potevano così realizzare fumetti sempre “attuali”.
Questa pratica spiega anche la somiglianza prossima al ricalco che si riscontra tra alcune vignette e i fotogrammi originali delle serie animate, o la riproposizione di alcune immagini tipiche (dalle pose dei robot ai primi piani dei protagonisti), così come accadeva con le scene ricorrenti presenti negli episodi televisivi (le trasformazioni, l’entrata in scena dei robot ecc…).
Sono elementi che si ritrovano anche nelle pubblicazioni monografiche di Mazinga Z che l’Editrice Edierre lanciò massicciamente nel corso del 1980, saturando l’offerta e decretandone la fine nel giro di pochissimi mesi.

Il settimanale Mazinga Z (che riportava in copertina la pomposa dicitura “Il superfumetto della Rai Tv”) era uno spillatino tuttofumetto di appena 16 pagine a colori, contenente storie più lunghe rispetto alle riviste antologiche sopra citate, con trame appena più articolate, dialoghi ridotti all’osso e tanta azione. La parte grafica era piuttosto discutibile, sfondi appena abbozzati, anatomie e proporzioni approssimative, ma il pubblico infantile cui erano destinati questi fumetti faceva evidentemente più caso alle emozioni suscitate da quelle pagine, che prolungavano il piacere della visione anche quando la tv era spenta, che ai dettagli qualitativi.
Una curiosa discrepanza con la versione italiana della serie animata riguarda il nome del protagonista che, se in tv era ribattezzato Ryo Kabuto, nei fumetti dell’Editrice Edierre era (quasi) correttamente Kogi Kabuto (in luogo di Koji)!
Invece l’Hover Pilder (ovvero il mezzo volante attraverso il quale Koji pilota Mazinga Z) che nel cartone era tradotto come aliante slittante (sic!), nel fumetto diventava misteriosamente la navicella Polter 1°.

Contemporaneamente (siamo nel gennaio del 1980) arrivò nelle edicole il più corposo quindicinale Mazinga Z Rai Tv, con una storia in bianco e nero di 32 pagine e indimenticabile “copertina tutta di adesivi”!
Il fumetto era lievemente più complesso e lo stesso si dica per dialoghi, mentre il disegno si manteneva sugli stessi livelli di sostanziale mediocrità, con cadute evidenti come la ripetizione di vignette identiche nella stessa storia.
Il Mazinga Z Mensile, che uscì per appena 4 numeri tra il febbraio e il maggio del solito anno di grazia 1980, era invece la più ambiziosa delle produzioni Edierre: 64 pagine a colori con un lungo fumetto dai toni più adulti e maggiormente fedele all’anime originale. La caratterizzazione dei personaggi era sostanzialmente rispettata, non mancavano i momenti di pathos e tensione, mentre per quanto concerne il disegno non ci si discostava dalle altre pubblicazioni.

Nello stesso periodo, con Mazinga Z all’apice della popolarità, il primo robot di Go Nagai fu al centro di molte altre iniziative editoriali, dagli album di figurine ai diari scolastici, fino ad alcuni volumi cartonati editi da Salani contenenti una versione spagnola a fumetti.

Ok, l’apocrifo Mazinga Z tricolore non passerà alla storia del fumetto, eppure a risfogliare oggi quegli albi, in tutta la loro ingenuità, non possono che ridestare emozioni nella generazione dei trenta-quarantenni, tenerezza per l’estremo candore di quei prodotti senza pretese, senza sottotesti, che nascevano con finalità che non andavano oltre l’intrattenimento.
Uno sguardo nostalgico forse incomprensibile per chi non ha vissuto quegli anni, o per chi se li è lasciati alle spalle perdendo però per strada la voglia di lasciarsi emozionare con semplicità, ma se un fumettino di poche pagine, con tutti i suoi limiti, sa risvegliare ricordi e sensazioni autentiche, questo significa che lo spirito di quegli eroi è rimasto in noi anche a distanza di tanto tempo.

Un legame indissolubile di cui torneremo a parlare, tra altri quarant’anni.

 

OMAGGI

ferrario_mazinga
Giuseppe Ferrario: Tempo di nuovi eroi… (clicca per ingrandire)
Werther-DellEderaMazinger-Z
Werther Dell’Edera (col. Arianna Florean): Mazinger Z (clicca per ingrandire)

 

Con questo articolo si chiude il nostro speciale dedicato a Mazinga Z. Vi diamo appuntamento tra un mesetto circa con un altro amatissimo personaggio di Go Nagai: DEVILMAN!

1 Commento

1 Commento

  1. mel

    29 Marzo 2013 a 15:00

    ah, che nostalgia!

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