Devilman, il figlio di Godzilla

Devilman, il figlio di Godzilla

Go Nagai e la passione per i kaiju eiga, i film di mostri, da Godzilla a Gamera, che dal Giappone hanno invaso l'immaginario mondiale. Davide Di Giorgio esplora i rapporti tra questi film e Devilman.

A Go Nagai piacciono i mostri.
Non è una novità, dopotutto siamo qui a celebrare Devilman, che di creature fuori dall’ordinario ne contiene parecchie: demoni antropomorfi, arpie, esseri bestiali… non è questo il punto. Come non lo è il possibile sistema dei riferimenti culturali e/o religiosi: sappiamo bene che Devilman pesca da mitologie cristiane (con angeli e demoni), così come in altri casi Nagai ha attinto da quelle orientali, pensiamo agli Oni del bellissimo Shutendoji.

No, quando scrivo “mostri”, intendo un’altra categoria: i kaiju. Ovvero quelli che fra gli anni Cinquanta e Duemila hanno invaso gli schermi cinematografici nipponici (e non solo), dando vita a storie con esseri primordiali che scatenavano la loro furia su scenari metropolitani, combattendosi tra raffinerie, palazzi e capitali mondiali, magari comandati da razze aliene che volevano conquistare il nostro mondo. Sono le storie dei kaiju eiga (film di mostri appunto), quelle dei vari Godzilla e Gamera, solo per citarne due. Go Nagai ne è un grande appassionato. D’altra parte, non trovate che la descrizione fornita poc’anzi si adatti benissimo anche ai mecha anime come Goldrake, Mazinga Z, Jeeg e tutti quei “robottoni” che hanno reso il buon Go così popolare dalle nostre parti? Vi dirò di più: la nostra cultura incarna un vero e proprio paradosso. Praticamente noi abbiamo fatto nostro un universo figurativo che crediamo originale (quello appunto dei mecha anime), ma che in realtà è pienamente derivato da quello Live Action dei mostri giapponesi.

Qui, però, abbiamo a che fare con Devilman: come si concilia questo universo con le gesta dell’Uomo Diavolo? Per trovare dei punti di contatto dobbiamo rifarci al prima e al dopo. Prima di Devilman c’è Mao Dante, opera che Nagai stesso definisce così:

“Mi ero sempre chiesto quale fosse la psicologia di quel Godzilla che tanto amavo guardare al cinema, e colsi allora l’occasione per inserire in Mao Dante un mostro gigante sconvolto da crisi di coscienza simili a quelle del dinosauro cinematografico. In altre parole, Dante voleva dare una visione del mondo visto con gli occhi dei demoni e di Godzilla…”1

Il che ha una doppia valenza: Devilman, in quanto successore di Mao Dante, è sia il figlio di Godzilla che la sua evoluzione, quella che prende le caratteristiche portanti dell’idea e le porta a un livello successivo, ottenendo un universo narrativo e tematico nuovo.

Dopo, invece, c’è la serie tv di Devilman. Quella che più del manga presenta punti di contatto con le saghe dei mecha anime, per la struttura episodica con il combattimento settimanale e lo scenario metropolitano dove si disputano le sfide tra esseri giganti: dove la qualità psicologica e le implicazioni sociali del personaggio si esprimono non attraverso le parole o le svolte narrative, ma con l’ausilio della gestualità rituale e delle mosse di lotta. Puro kaiju eiga appunto.

Per tutto questo, Devilman resta un’opera straordinariamente “porosa”, al centro di un fitto crocevia di stili, toni e situazioni che travalicano ben presto i fatti raccontati dalla trama per dare vita a un risultato sperimentale: al suo interno possiamo ritrovare quello che già amiamo e conosciamo, filtrato però da uno sguardo nuovo, curioso e aperto a soluzioni inedite.
Tutte quelle caratteristiche, insomma, che lo hanno reso un classico.


  1. Da Go Nagai: L’amico del Diavolo, prefazione all’edizione Dynamic Italia di Mao Dante, Bologna 1998. 

Clicca per commentare

Rispondi

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *