Lo spirito dei 15 anni: intervista a Sergio Algozzino

Lo spirito dei 15 anni: intervista a Sergio Algozzino

Sergio Algozzino è un autore giovane ma già con una lunga carriera, che lo ha portato a lavorare in Francia e USA e a occuparsi di didattica con Kinart. Attraverso i suoi ultimi lavori ha parlato di sé e del fare fumetti, con un occhio ironico, disincantato e nostalgico a...

In Comix Show descrivi con stile tra l’umoristico e l’autobiografico le tante difficoltà del lavoro del fumettista. A differenza di Pioggia d’estate, qui hai scelto di non essere direttamente il protagonista della storia, ma di far impersonare il tuo ruolo ad Andrea. Per quale motivo questa scelta?
Volevo un punto di vista vicino al mio, ma esterno. Sarebbe stato limitante raccontare delle mie sole disavventure da fumettista, in questo modo ho potuto raccogliere alcune esperienze comuni a chi fa questo lavoro, aggiungendo particolari e situazioni che a volte avevo solo sentito. Andrea è un po’ me, ma anche molti miei amici, e molto probabilmente è anche altri fumettisti che magari non conosco personalmente. Inoltre, volevo inserirlo in un contesto specifico, renderlo solitario, quando in realtà io non lo sono così tanto… almeno non quanto lui! Ma è un’estremizzazione che mi serviva per descrivere il senso di oppressione che a volte proviamo noi che facciamo questo mestiere, legati a doppio nodo con un lavoro estremamente precario, completamente in balia delle correnti atmosferiche. Basta una piccola folata di vento per far crollare le sicurezze di una vita.

Nei tuoi due libri usciti per 001 hai intrapreso il cammino dell’autobiografia e del metafumetto: hai analizzato i tuoi esordi come fumettista, il tuo percorso e in Comix Show ti sei divertito a ironizzare sul mestiere di fumettista. La domanda che mi viene da porti è un po’ provocatoria: non credi di essere troppo giovane per parlare già di te al passato?
Assolutamente sì. È questo il motivo che mi ha spinto in Pioggia d’estate a parlare di argomenti perlopiù futili, di interesse sociale minimo, ma comuni a tutti, dai cartoni animati ai giocattoli, dal liceo ai piccioni trovati in fin di vita o al Commodore 64. Io non riesco a considerare Pioggia d’estate un’autobiografia, mentre invece lo vedo più come una raccolta di foto, di sensazioni, dove io sono la semplice scusa per potere parlare di emozioni comuni, sempre esulando dalle classiche storie autobiografiche tipo primo bacio. Comix show, per assurdo, è più autobiografico di Pioggia, nonostante non sia io il protagonista, ma dato che parla della mia passione principale e di quel che faccio tutti i giorni lo vedo come più vicino a me.

Lo stile di disegno che adoperi è quello delle tue storie più, diciamo, personali. È un segno molto diverso da quello che usavi nei tuoi fumetti più vecchi, sia per quanto riguarda il disegno in sé che per ciò che concerne l’inchiostrazione. Come sei approdato a questo stile?
Avevo voglia di ritrovare quello che chiamo lo spirito dei 15 anni, quando producevo un casino senza pensieri. Prima di Pioggia d’estate ho quasi solo lavorato su commissione, innalzando certamente il livello tecnico che potevo avere a 15 anni, ma tralasciando la mia voglia di raccontare. Ho iniziato così a pensare a questo progetto per fini puramente personali, poi, paradossalmente, gli Humanoidi (Les Humanoïdes Associés – ndr) trovarono qualche disegno del genere in fondo a un book che mi portavo in giro e vollero sapere cosa volevo farne. Gli piacque, e iniziai a disegnarlo per la pubblicazione, ma non cambiò nulla nel mio approccio. È stato molto terapeutico.

Oltre che per 001 Edizioni hai lavorato per Becco Giallo, Panini Comics, Red Whale e per le francesi Les Humanoides Associés e Soleil Edition. Come ti trovi o ti sei trovato con i vari editor? Soprattutto, che differenze hai notato tra gli editor francesi e quelli italiani?
Nonostante tutto, è innegabile che ci sia una certa differenza fra il mercato francese e quello italiano, specie riguardo la considerazione culturale del fumetto. Di conseguenza, c’è un livello di attenzione maggiore, sia nei progetti proposti che in quelli dove si lavora come semplici manovali, e un tantinello di rispetto in più, che non guasta mai. Di conseguenza, il mio approccio al fumetto è cambiato anche con chi lavoro in Italia, o almeno ci provo. Fermo restando che sono una prostituta dei bassi borghi e che lavorerei per qualsiasi cosa passasse sotto i miei occhi.


Su X-Campus della Marvel collabori in qualità di colorista: come ti approcci al lavoro di altri disegnatori?
Principalmente, come per il disegno, attendo che il disegno mi dica come vorrebbe essere colorato, cercando di non riproporre uno stile unico, ma adattandomi alle situazioni. In X-Campus ci chiesero nello specifico di seguire una certa direzione, quindi ovviamente ho lavorato su quelle direttive, cercando però di filtrare il tutto con la mia, chiamiamola, sensibilità. Mi piace molto tutto quello che ruota intorno alla colorazione digitale moderna, la scelta delle atmosfere, photoshop in generale…

La tua attività di fumettista spazia anche nel campo della didattica. Mi riferisco soprattutto al tuo lavoro su Kinart, un progetto molto interessante che con gli anni è cresciuto e si è ampliato. Dalla sua nascita ad oggi che bilancio puoi trarre?
Kinart a volte mi salva la giornata. Magari ho tante cose da fare, e c’è un sacco di gente che mi aiuta nel progetto, ma rendermi conto grazie a una mail o a un messaggio nel forum che siamo stati di aiuto a qualcuno mi fa felice. Nasco da autodidatta, e morirò come tale, così so bene le intemperie che si devono attraversare, e da piccolo sarei impazzito di gioia all’idea di sapere che poteva esserci un sito del genere.

Oltre che di fumetti sei un grande appassionato di videogiochi, o meglio, direi di retrogaming. Come vedi l’evoluzione di questo medium? Cosa ne pensi delle sue frequenti contaminazioni con altri linguaggi come cinema, musica e, ovviamente, fumetti?
Non riesco più ad aggiornarmi, quindi sono diventato un vecchio solo per colpa del tempo, o magari di altre passioni, come la musica, che di tempo me ne rubano tanto. Ho addirittura la PS2 a casa, quindi fino a un po’ di anni fa ci tenevo a seguire l’evoluzione di questo mondo, ma poi ho perso decisamente terreno. Nonostante tutto, continuo a pensare che i giochi delle prime postazioni casalinghe stile Commodore 64 fossero molto più difficili di adesso (a parte quelli impossibili, è chiaro…) e continuo a emozionarmi quando ne riapro uno (sì, a questi gioco più spesso…). Videogiochi a parte, seguo invece con interesse l’evoluzione tecnologica che ne consegue. Il computer è ormai un’estensione del mio corpo da molto tempo e non mi piace rimanere ancorato ai vecchi sistemi, però non mi sorprendo più come un tempo, ormai possiamo aspettarci di tutto. La prima volta che ho visto Super Mario World ho pensato che era la grafica più allucinante del mondo, e neanche quando ho visto Resident Evil ho provato la stessa sorpresa.

Come la maggior parte dei fumettisti curi un blog. In che modo convivi con il web e i social network? Ne subisci discretamente il fascino o la tua è una morbosa attrazione?
Conservo ancora i vecchi diari, scritti fittamente fino al 2001. Poi ho avuto un buco temporale in cui non avevo il tempo per sedermi la sera e fare un resoconto della giornata, mentre un po’ di anni fa, alla nascita massiccia dei primi blog, volli provare a vedere se riuscivo a reggere una certa periodicità. Poco tempo dopo c’è stato il boom, e tutti i miei amici ne avevano uno. Adesso l’interesse si è spostato verso altri social network, magari le visite sono calate, molti hanno abbandonato la loro paginetta, ma a me sta bene, sento diavere un po’ più rilassatezza al proposito.

Della tua sconsiderata passione per Moebius hai già parlato su Pioggia d’Estate, ma quali altri sono i tuoi autori di riferimento? Soprattutto, quali sono quelli che studi con più attenzione?
Andrea Pazienza è una sorta di nume tutelare, ma ho tanti riferimenti diversi fra loro, come Sal Buscema. Adesso come adesso non credo di seguire stilisticamente un autore ben preciso, mi lascio influenzare da qualsiasi cosa noto che mi piaccia, cercando di incanalarla. Ad esempio, amo il fumetto di supereroi, ma non riuscirei mai a fare roba di quel tipo, con quell’impostazione dinamica soprattutto.

Le ultime due domande sono di rito: a cosa stai lavorando attualmente? Quali progetti stai per tirar fuori dal cassetto?
E la risposta è altrettanto di rito: ho dei progetti in ballo, parecchi a dir la verità, nessuno in vera lavorazione però. Questo perchè ho concluso da poco la colorazione di Young Strange, che mi ha impegnato tantissimo, e ho lavorato al volume di Epictete uscito per Soleil. Adesso vorrei prendermi la classica pausa sabbatica per provare a lavorare su qualcosa, e sperare che piaccia a qualche editore.

Per concludere, nei lavori sopra citati hai sconsigliato vivamente gli aspiranti fumettisti dall’intraprendere questa carriera: per coloro che non avessero l’intenzione di darti retta, quali  consigli hai da dare?
Disegnare tavole, e non illustrazioni. E farne tante, tante, tante,tante, tante, tante…

Riferimenti:

Il blog di Sergio Algozzino: foolys.deviantart.com
Kinart: www.kinart.it
001 edizioni: www.001edizioni.com

 

 

Clicca per commentare

Rispondi

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *