Nella vita, alle volte, per ritrovarsi, bisogna perdersi. Dimenticare, accantonare senza capire fino in fondo. O capendo solo quel che serve.
È quello che Modì – soprannome di Guglielmo -, protagonista de “Il settimo splendore”, è chiamato a fare: un viaggio a Parigi per ripercorrere le memorie della madre suicida e un passato oscuro, nascosto.
Il settimo splendore è un fumetto delicato. A voltre struggente. Cala il lettore nella storia frammentata di Modì e lo rende partecipe, creando un rapporto quasi empatico.
Leonardo Favia, editor di BAO Publishing, compone una sceneggiatura nella quale a dialoghi realistici e scorrevoli, abbina una prova solida evitando spiegoni inutili e richiedendo al lettore uno sforzo per cogliere tutti i piccoli dettagli disseminati nella storia; chiede di proseguire nella lettura, che a volte risulta volutamente confusa e frammentata, così come appare agli occhi dello stesso Modì. Il lettore non è tenuto a sapere nulla prima di questi: una sorta di profondo rispetto per il protagonista.
Un fumetto complesso
Il settimo splendore è anche un fumetto complesso. La trama, avvincente e ben architettata non risponde a tutti i quesiti che suscita e potrebbe portare il lettore a soffermarsi solo sullo svolgimento e scioglimento della vicenda, tralasciando tutti gli altri elementi che rendono questa una storia di formazione – e rimanere pertanto in qualche modo deluso. Non è, infatti, nell’apprendere la verità oscura che la madre celava che Modì riprende coscienza di se stesso.
Quella è solamente l’ultima esperienza, probabilmente rivelatrice, di un continuo contatto con il mondo esterno che comincia con il suo arrivo a Parigi, città dell’arte per antonomasia. Qui entra in contatto fugace con così tante vite diverse, sconosciute, che amplificano il sentimento di non appartenenza ad alcun luogo.
In un momento storico nel quale si è cittadini del mondo – o (per negazione) non si appartiene ad alcun luogo, sono le radici l’unica forma di legame che ne afferma l’appartenenza. L’averle a lungo negate rappresenta per Modì l’elemento di distacco dal mondo e da se stesso, dal quale egli cerca di riprendersi.
E’ nel raccontare questi sentimenti che il fumetto assolve perfettamente al ruolo prefissato, con una poetica del quotidiano resa molto bene – Modì non si comporta in maniera innaturale: si lascia suggestionare e trascinare da Parigi e dagli amici che lì incontra, dalle ragazze, nonostante il vuoto, sempre percepibile, che si porta dentro.
Ne risulta una caratterizzazione ben definita, viva e mai macchiettistica. Così come ben riusciti sono tutti i coprotagonisti della storia, che a vario titolo contribuiranno a delinare e a far scoprire i tratti di una personalità complessa e sfaccettata come quella di Guglielmo.
Predestinazione e arte
Interessante è il discorso della predestinazione. Il “settimo splendore” – espressione presa in prestito dal canto XXI del paradiso – è l’ultimo dei cieli planetari nel quale Dante e Beatrice incontrano Pier Damiani. E’ un canto nel quale uno dei temi toccati è proprio quello della predestinazione. Viene spiegato che Dante stesso è arrivato sin lì, perché è Dio che gli ha affidato il compito di raccontare al volgo ciò che lui ha veduto. Compito a cui egli non può sottrarsi.
E’ quanto pensa Modì di sé stesso. E’ lì per ricostruire le tracce della vita della madre inghiottita dalle ombre, ma, proprio come gli umani nel succitato canto dantesco, anche Modì non è e non sarà in grado di cogliere le motivazioni di tal gesto e di altri avvenimenti legati alla madre. Egli riuscirà però, a differenza di quest’ultima, a scacciare via questo sentimento autodistruttivo di predestinazione che sembra perseguitarlo.
“Non esiste alcun destino, fino a quando non ci arrendiamo” sosterrà all’inizio – per poi ritornarci su alla fine, in una sorta di composizione circolare.
Anche l’arte, presente anche nel nomignolo del personaggio, è presenza fissa all’interno del fumetto. Sopratutto per quanto riguarda il passato. Modì ne è testimone: di quella “decaduta” della madre, di Christe, collega d’accademia di quest’ultima, e suo marito, i versi di Dante. E’ un’arte distruttiva; chiunque l’abbia toccata, creata, vissuta, ne è risultato profondamente cambiato, addirittura rovinato per sempre. L’arte diventa l’esempio perfetto del genio, dell’applicazione, della cristallizzazione del tempo. Della bellezza, della tragedia. Quasi una parafrasi del leopardiano “conoscere è soffire”.
I disegni
Il lavoro di Ennio Bufi è all’altezza della scrittura. Pur mantenendo una omogeneità di tratto per tutto il fumetto, lo adatta in base alle situazioni, rendondolo più o meno dettagliato. Sono inoltre particolarmente riuscite alcune soluzioni di layout ingegnose, pur risultando funzionali alla lettura e non dei semplici manierismi. Peccato che a volte sembri incostante nella rappresentazione dei volti: in alcuni passaggi sembrano quasi “schiacciati” mentre altre volte paiono molto scavati.
Bella e funzionale anche la colorazione che permette di caratterizzare i momenti temporali della narrazione, riuscendo a snellire ulteriormente la lettura e, pur senza risultare troppo invadente, rende le tavole più suggestive.
Il settimo splendore risulta un fumetto intimo, a volte un po’ ostico, ma certamente maturo e appassionante. E’ coinvolgente assistere alla crescita di Modì, apprendere come lui riesca ad andare incontro, almeno per questa volta, alla vita, lasciando andar via le paure e volare lontano.
Abbiamo parlato di:
Il settimo splendore
Leonardo Favia, Ennio Bufi
Bao publishing – Novembre 2014
124 pagine, brossurato con alette, colore – 15,00 €
ISBN: 9788865432136