Giancarlo Soldi possiede una delle più grandi collezioni italiane di fumetti. Si specializza in comunicazione visiva per grandi aziende, occupandosi di corporate video e restyling. Con Tiziano Sclavi scrive la sceneggiatura di NERO e lo dirige. Il film viene presentato alla Mostra Internazionale del Cinema di Venezia nel 1992. Numerosi i premi vinti, tra i quali si segnalano l’Industrial Film Award di New York e il Creative Film Award di Chicago. Del 2012 il documentario Come Tex nessuno mai.
(Fonte Cinemaitaliano.info)
In un intervento al 32° TFF racconti di aver impiegato 15 anni prima di essere riuscito a trovare la chiave di volta per finire il tuo film. Lo Sclavi che hai conosciuto allora è lo stesso di oggi? Che cosa è cambiato e che cosa è rimasto uguale da quando hai girato la prima parte?
La prima parte l’ho girata quindici anni fa. Tiziano si stava allontanando dalla scrittura e sentivo il bisogno di fermare quell’attimo, perché capivo che stava esaurendosi un periodo importante per il mondo del fumetto e, per fortuna, lui si è prestato a rispondermi. Ma nell’estate 2014 l’ho richiamato per girare ancora, in un modo completamente diverso. Sostanzialmente il suo atteggiamento era simile, ma volevo che il modo di filmarlo fosse profondamente diverso, soprattutto nella forma, per questo ho chiesto a Luca Bigazzi, il direttore alla fotografia de La grande bellezza, di accompagnarmi e di girare.
Nel montaggio finale del film hai dovuto scegliere quali parti dell’intervista a Tiziano Sclavi includere e quali eliminare. Oggi, a distanza di mesi, c’è una qualche scena/parte che ti sei pentito di aver tagliato?
No non mi sono pentito di aver tralasciato parti dell’intervista. Mi sono concentrato sul Tiziano scrittore, volevo che si capisse più a fondo la sua capacità di scrivere sia sui fumetti sia nei libri. Nella nuova intervista non si è mai parlato di fumetti.
Il documentario nasce chiaramente da una passione verso l’autore e le sue opere. Che equilibrio hai cercato tra il fan e il documentarista?
Tutto nasce dal sentimento che come lettore sentivo: io soffrivo di non poter leggere le storie di Tiziano. Mi mancavano le sue sceneggiature, il suo modo di guardare il mondo. Amo il fumetto seriale e lui ne rappresentava la punta di diamante. Come dice Michele Masiero – ” Sclavi ha portato l’estetica del fumetto popolare bonelliano alla sua ennesima potenza” .
E io come lettore mi sentivo orfano.
Tiziano Sclavi aveva e ha la fama di persona molto schiva. Come lo hai convinto a farsi intervistare e quanto è stato difficile farlo “sciogliere” davanti alla telecamera? Chi è secondo te Tiziano Sclavi oggi?
Ci conosciamo da molti anni, Tiziano conosce bene il mio lavoro. Gli ho sempre mostrato in anteprima molte cose. All’inizio mi ha chiesto di lavorare sulla precedente intervista che secondo lui conteneva già tutto ( e aveva ragione), ma io ho insistito per girarne ancora un pezzo in un altro modo, perché non solo le parole, ma anche le immagini ci parlassero di lui ( e credo di aver avuto ragione).
Tieni a sottolineare che questo è un documentario su Sclavi e non su Dylan Dog. Ma credi che “l’indagatore dell’incubo” abbia in un certo senso fagocitato il suo autore, rendendolo schiavo del suo personaggio più famoso (un po’ come Sherlock Holmes per Conan Doyle)? Oppure DyD è stato per Sclavi un alter-ego, attraverso cui vivere una vita d’avventura e mistero a lui estranei?
Tiziano Sclavi è stato (parlo al passato solo perché non scrive più) uno dei più intelligenti e visionari creativi del secolo scorso. Uno dei pochi che ha saputo intercettare lo spirito dei nuovi tempi pur restando in un ambito da molti considerato leggero. Ma è difficile per un autore sincero gestire il successo, l’enorme successo. Sentiva una grande responsabilità nei confronti dei suoi lettori. Per 20 anni ci ha donato centinaia di pagine piene storie, di dolore e di amore.
“Sono arrivato a scrivere quindici storie contemporaneamente, non potevo più andare avanti così”. Tiziano ha sempre raccontato con sincerità di sè, in un modo così spudorato, fino a farsi male. La sincerità, il talento, la creatività e la libertà gli hanno permesso di raccontare storie, per noi lettori, indimenticabili… Le sue pagine scritte ci avvolgevano completamente e le sue parole ci rimanevano addosso. Scriveva per amore dello scrivere e, in amore, gli scritti volano, le parole restano. Le storie non le scriveva “a tavolino”, ma al tavolino a cui a un certo punto ha capito di essere incatenato.
Tiziano Sclavi in Dylan Dog ha narrato incubi vividi e profondi, indagando a fondo nelle angosce dell’uomo contemporaneo. In che misura credi che questo sia legato con il vissuto dell’autore?
Nel film c’è un intero capitolo in cui ci spiega le connessioni personali che confluiscono, in maniera totale, nella sua scrittura. E lo fa in modo sincero, diretto.
Alla luce del percorso e del racconto biografico su Sclavi presente in Nessuno siamo perfetti, ritieni che rileggere alcuni alibi di Dylan Dog possa rivelare nuove chiavi di lettura e nuovi spunti di riflessione?
Mentre cercavo il filo rosso per il montaggio, mi sono riletto le sue storie, tutte, sperando di trovare le risposte, il modo giusto per montare le sequenze; ma è stato solo dopo una telefonata a riprese concluse che ho trovato la soluzione, lui quello che doveva fare l’ha fatto, ora basta, voleva dimenticare ed essere lasciato tranquillo. A qualsiasi costo.
Nella pellicola ci sono tanti ospiti e c’è una forte e importante presenza femminile, da Bianca Pitzorno a tua moglie Stefania Casini (protagonista di Suspiria n.d.r.). Quanto è stato importante il che ruolo ha giocato, a tuo avviso, l’universo femminile nella poetica sclaviana?
Dylan Dog ha sdoganato il pubblico femminile e per sottolinearlo donne di varie età lo testimoniano. Suspiria è uno dei film preferiti da Tiziano e non potevo esimermi dal chiedere un contributo a Stefania (che oltre a “Suspiria” ha interpretato tra l’altro “Andy Warhol’s Bad” molto amato anch’esso da Tiz).
Un’altra dei personaggi del film è senza dubbio Milano: che cosa doveva rappresentare in questo tuo lavoro la città meneghina?
Tiziano immaginava Londra ma scriveva a Milano ed è quella Milano che lo guardava scrivere che io ho trasfigurato.
Hai detto di aver lavorato con Luca Bigazzi alla fotografia, il quale a sua volta ha partecipato alla produzione di parecchi film di registi anche molto diversi tra loro. Che soluzioni avete scelto per il documentario? Che ruolo ha avuto l’esperienza di Bigazzi sulla “forma” finale?
Chi vede il film percepisce subito il malessere e la malinconia che pervadono le inquadrature della città e di Tiziano stesso. Per girare a Milano abbiamo aspettato la pioggia in modo che il cielo fosse bianco, bianco come un foglio di carta su cui ridisegnare.
Da fan di Sclavi, c’è una sceneggiatura alla quali senti di essere particolarmente legato o che ricordi con nostalgia, non necessariamente una di Dylan Dog?
Per Dylan “Memorie dall’invisibile” e “La casa degli uomini perduti” sono tra le mie preferite e ” Ombre rosse” con Mister No.
Dopo Sergio Bonelli e Tiziano Sclavi, realizzerai un nuovo documentario su un autore bonelliano?
Realizzare questo progetto mi ha molto coinvolto, è stata una vera full immersion, ora devo far passare un po’ di tempo, ma spero presto di partire per un’altra Avventura.