Ci sono quelle domande che un lettore di fumetti di supereroi, prima o dopo, inizia a porsi.
Per esempio: come sarebbe vivere in una città in cui sei invaso un mese sì e uno no da alieni guerrafondai o da demoni infernali? E quando magari pensi di avercela fatta, di esserti salvato dall’ennesimo pazzo furioso che vuole distruggere il tuo quartiere, arrivi a fine anno e devi affrontare la fine (letterale) del mondo. Come succede in Secret Wars, in cui due mondi entrano in collisione tra loro e finiscono per distruggersi a vicenda.
Un grosso rischio del fumetto supereroistico, del passato come del presente, è quello di allontanarsi troppo dal mondo in cui i suoi lettori vivono.
C’è chi potrebbe controbattere a questa affermazione dicendo che la forza del genere risiede proprio nell’evasione dalla realtà, dall’allontanarsi dai problemi del nostro mondo e dai suoi problemi. Eppure è la storia del fumetto a contraddire questa tesi: sono stati i supereroi con superproblemi a creare nuovo interesse intorno a questo genere, portando all’interno delle storie problemi grossi e globali come la guerra fredda o intimi e quotidiani come la vita in un liceo statunitense.
Storie come Marvels o Astro City, che mostrano il mondo delle meraviglie attraverso gli occhi di persone normali, hanno incontrato il successo di pubblico e critica, restando scolpite nella mente mentre tante altre storie e crossover venivano dimenticati.
Negli ultimi anni, alcune delle storie più interessanti legate a crossover come Secret Invasion e Civil War sono state proprio quelle con protagoniste persone prive di superpoteri, ovvero Ben Urich e Sally Floyd della redazione di Frontline.
Tutte le storie fino ad ora citate coinvolgono però giornalisti, un gruppo di persone normali che ha sempre fatto parte delle storie dei supereroi e che non rappresenta un campione significativo di popolazione, poiché sempre coinvolto in maniera abbastanza attiva nelle vicende e speciali a modo loro.
Se si considera l’ultimo crossover di casa Marvel, Secret Wars, si può notare come non ci sia mai nessun riferimento alle persone normali, alle loro paure e alle loro sorti, visto che il fumetto si concentra non tanto sui supereroi, quanto su un gruppo di supereroi intellettuali che cerca di decidere le sorti del mondo in maniera autonoma e unilaterale. Una tale operazione, pur forte di una ambientazione affascinante e un’atmosfera epica, rischia di lasciare indifferenti molti lettori che cercano il cuore e l’anima di una storia, i sentimenti che ci rendono umani e ci fanno appassionare.
Per fortuna a colmare questo vuoto di emozioni normali ci pensano con semplicità, eleganza e tenerezza G. Willow Wilson e Adrian Alphone, raccontando la storia della più umana tra i supereroi del momento: Ms. Marvel.
United we stand
Arrivati al numero #16 della serie, troviamo una Kamala Khan in piena crisi adolescenziale: il ragazzo di cui si era invaghita si è rivelato uno scagnozzo del supercriminale Inumano e gli impegni come supereroina e studentessa si accavallano, allontanandola sempre di più da amici e familiari. Nel corso di una “seduta psicoanalitica” presso un chiosco di hot dog, la vita di Kamala e di tutto il New Jersey viene sconvolta dall’incursione della Terra Ultimate e dall’imminente fine del mondo.
Mentre la comunità viene gettata nel caos, Kamala deve cercare di salvare la situazione e rimettere ordine nella sua vita, prima che tutto cessi di esistere. Inizia così una avventura in quattro parti in cui G. Willow Wilson ci trasporta con naturalezza e ironia non solo nella vita privata di Ms. Marvel, ma anche nella comunità del New Jersey: una comunità multiculturale, formata da etnie, religioni e tradizioni diverse che si trova alle prese con il panico e la paura dell’ignoto contro il quale non può far niente.
Le scene di terrore nelle strade di Jersey City sono rese con realismo dalla coppia di autori: la Wilson mostra tutte le reazioni che ci si potrebbe aspettare durante un simile evento, dai saccheggi di cinici (o troppo spaventati) teppisti alla solidarietà e alla condivisione dei rifugiati in una scuola.
Grazie all’arte di Alphona, ogni personaggio, anche solo una comparsa, riesce ad emergere come unico e distinto nelle sue caratteristiche grazie a una espressione o a un gesto , un essere umano che si distingue in un tripudio di silhouette e colori diversi. L’artista è bravo a rappresentare le differenze etniche e culturali della comunità del New Jersey grazie a uno stile cartoonesco che pur nella sua lontananza dal realismo esalta i tratti somatici dei vari personaggi (in particolar modo i diversi membri della comunità musulmana), facendoli emergere dalla pagina e rendendoli tridimensionali, riconoscibili e mai stereotipati.
Ms. Marvel ha come grande merito quello di mettere il lettore di fronte a un piccolo nucleo di personaggi familiari, che di fatto rappresenta la parte nascosta e migliore della società statunitense (ma anche Europea), quella fondata sul dialogo tra persone totalmente diverse, sulla curiosità per il prossimo e sulla solidarietà, sull’empatia e il coraggio di ascoltare o di chiedere scusa, quella capace di superare i momenti più difficili, quelli in cui l’istinto egoista vorrebbe prevalere sulla razionalità. Lo scioglimento del conflitto tra Kamala e Zoe (la popolarissima ragazza bianca di buona famiglia), la collaborazione tra il “guido”1 Bruno e il “jock”2 di turno, il ballo liberatorio finale di una intera comunità che combatte unita lo spauracchio della fine: queste scene concise ma ben narrate, ricche di dialoghi naturali, toccanti e divertenti al tempo stesso, permettono ai due autori di raggiungere un grande obiettivo, ovvero veicolare un messaggio civico (e politico, perché no) fondamentale, un messaggio di gioiosa speranza.
Ho un mondo dentro al cuore
Se il tema sociale e politico rappresenta una parte essenziale della serie, ovviamente il titolo Ms. Marvel mette subito in chiaro che la protagonista è sempre e comunque Kamala Khan, che come detto poco sopra è in piena crisi adolescenziale.
G. Willow Wilson non è solo in grado di caratterizzare al meglio la protagonista con una narrazione credibile e appassionante delle sue emozioni, ma riesce a mantenere costantemente l’equilibrio tra più tematiche, cogliendo la complessità, e l’immensa potenzialità che l’adolescenza porta con sé. Kamala ha il cuore spezzato ed è piena di dubbi, ma è anche piena di energia e dotata di gran cuore: una ragazza che inizia il suo percorso verso l’età adulta passando attraverso tutti quei problemi che ognuno di noi ha affrontato, credendoli in un primo momento insormontabili.
Il cast e le situazioni create dalla scrittrice attorno alla protagonista formano la struttura di un romanzo formativo sui generis, fatto di stazioni essenziali per la crescita del personaggio, come eroe ma soprattutto come persona.
Nell’episodio #17 Ms. Marvel incontra quella Carol Danvers a cui ha preso il nome, e, pur cercando di mantenere il controllo di una situazione che non può ben capire, reagisce come una ragazza ordinaria di fronte al proprio idolo, andando in brodo di giuggiole.
Capitan Marvel, nella sua risolutezza stemperata da una comprensione quasi materna, ricopre il ruolo di guida ed esempio che conferisce forza e sicurezza alla ragazza, appoggiandola senza nasconderle le difficoltà dell’essere un supereroe, dell’essere colui che vuol fare la scelta giusta. Proprio questa sicurezza permette a Ms. Marvel di salvare il proprio fratello dalle mani dell’ex-ragazzo malvagio e di superare così il trauma della prima delusione d’amore con una nuova consapevolezza.
Aamir , il fratello di Kamala, è un’altra figura cardine della vicenda: pur essendo completamente diverso dalla sorella, studioso e religioso fino all’eccesso, nel momento del bisogno rivela i suoi veri sentimenti e la sua forza, dimostrandosi ben più aperto e comprensivo di quanto Kamala si aspettasse.
L’apertura dei propri orizzonti come processo di crescita raggiunge l’apice nel confronto tra Kamala e la madre, che dimostra non solo un amore sconfinato ma anche la capacità di accettare e supportare le scelte difficili ma giuste della figlia, che si sente finalmente libera e accettata dai propri cari per quello che è.
Tutti questi elementi preparano la ragazza ad affrontare l’ultima stazione dell’eroe, quella più difficile, ovvero il sacrificio. Il numero #19 si chiude con il tenero confronto con Bruno, che si dichiara finalmente a Kamala, la quale, pur non essendo indifferente al ragazzo, rinuncia all’amore per la sua missione, per fare quello in cui crede con tutta se stessa.
Ognuna delle stazioni dell’eroe è rappresentata al meglio da Adrian Alphona, capace di esaltare dialoghi e sceneggiatura grazie alla grande cura con cui rappresenta le espressioni facciali e il linguaggio del corpo, in particolare quelli di Kamala Kahn, rappresentata nella sua goffaggine e nel suo senso di inadeguatezza, ma anche nella sua purezza e forza d’animo.
La mimica dei corpi diventa così un elemento fondamentale per la narrazione, sia a livello tecnico che contenutistico, riuscendo a trasmettere emozioni quali amicizia, affetto, divertimento, tristezza e paura, conforto e comprensione, ma soprattutto coraggio e speranza per un futuro migliore.
Quella speranza di cui tutti, in fondo in fondo, abbiamo bisogno.
Abbiamo parlato di:
The Last Days of Ms. Marvel (Pubblicato su “Incredibili Avengers presenta: House of M #1-4”)
G. Willow Wilson, Adrian Alphona
Traduzione di Fabio Gamberini
Panini Comics – marzo/maggio 2016
72 pagine, spillato, a colori – 3.50 € cad.
Per “Guido” si intendono, in maniera spesso dispregiativa, gli italoamericani che vivono a New York e nel New Jersey. Termine sdoganato dal reality show di MTV “Jersey Shore”. Vedi en.wikipedia.org/wiki/Guido_%28slang%29 ↩
Per “Jock” si intendono i tipici atleti di college americano, un termine offensivo per indicare maschi bianchi dalla grande prestanza fisica e limitata capacità intellettiva. Vedi anche: en.wikipedia.org/wiki/Jock_%28stereotype%29 ↩