Hickman, X-Men Inferno: il collasso di una visione

Hickman, X-Men Inferno: il collasso di una visione

Conclusione della gestione Hickman, Inferno inizia richiamando HoxPox, ma si trasforma in ordinario passaggio di testimone agli autori che verranno.

Vemödelen: the fear that originality is no longer possible.
(John Koenig, The Dictionary of Obscure Sorrows, Simon & Schuster, 2022)

X-men Inferno è l’arco narrativo che chiude la gestione Hickman degli X-Men, iniziata con la doppia miniserie House of X/Power of X, pubblicata nel 2019. Le aspettative suscitate da quell’apertura furono altissime: in dodici albi, l’autore creò uno scenario che valorizzava e miscelava suggestioni tipiche della fantascienza classica (uno sguardo che abbracciava l’universo intero attraverso i millenni) e intrecci alla gestione e all’interazione fra poteri.

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Jerome Opeña, Frank Martin, Inferno 1, cover, Marvel (2021).

HoxPox rappresenta una vera e propria sintesi delle tematiche ricorrenti nella produzione hickmaniana, valorizzate da una narrazione che esalta il senso del meraviglioso, facendo leva sull’idea di loop, per cui la linea dell’universo si riavvolge in corrispondenza della morte di Moira McTaggart, la cui esistenza è strettamente legata al destino del rapporto fra Homo Sapiens e Superior. Uno scenario di ampissimo respiro e un progetto animato da grandi ambizioni, il cui impatto era amplificato dall’esperienza di anni punteggiati da delusioni (la gestione Bendis) o storie molto focalizzate. Insomma, da tempo le vicende degli X-Men suscitavano la sensazione di non riuscire più ad ampliare lo sguardo oltre il territorio determinato dalla gestione Morrison.

Andando al nocciolo, la domanda attraverso la quale leggiamo Inferno è: risolve tutte le suggestioni e aspettative generate in HoxPox? La risposta breve è “No”, quella lunga ha una struttura ben più articolata, che proponiamo di seguito. Rimando alle recensioni di David Padovani per un’analisi degli elementi narrativi (intreccio, personaggi, approccio visuale) dei quattro albi; un’interessante panoramica della realizzazione della miniserie è inoltre offerta dall’intervista a Valerio Schiti realizzata da Giorgio Ceragioli e Filippo Torta per la puntata #50 del podcast Fumettocrazia.

L’opera

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Inferno è una miniserie pubblicata in quattro albi di foliazione doppia rispetto a quella standard – Jonathan Hickman è qui affiancato da Stefano Caselli e Valerio Schiti (disegni), David Curiel (colori), Joe Sabino (lettering) e Tom Muller (design) – e racconta l’impatto sulla comunità mutante della scoperta che Moira McTaggart collabora attivamente ma in segreto con Xavier e Magneto alla gestione di Krakoa. La rivelazione manda in pezzi i sottili equilibri all’interno del Concilio krakoano e scatena l’ostilità verso Moira da parte di Mistica e Destiny, che Moira impose di eliminare dalla comunità mutante per via del suo potere di preveggenza. Le due mutanti iniziano una vera e propria caccia con l’obiettivo di eliminarla, che termina con la fuga di Moira, salvata in extremis da Cipher, inatteso elemento cardine degli equilibri della comunità. In parallelo, vediamo l’intervento delle forze umane, guidate dalla Omega Sentinel e l’entrata in gioco delle Macchine come attore autonomo di questo scontro.

Il racconto di Inferno, quindi riprende le varie trame e, soprattutto, la visione dispiegata in HoxPox: la centralità di Moira riporta l’intreccio a prendere senso sullo sfondo delle immense profondità del tempo e delle linee di universo, per affrontare il destino dell’umanità, delle sue modalità di esistenza e del suo mondo. Tuttavia, alla fine, dopo tavole suggestive, rivelazioni e scontri, quella a cui ci ritroviamo di fronte non è una chiusura dello scenario, ma un passaggio di testimone: i fili ripresi sono lasciati pendenti, e quelli nuovi (l’autodeterminazione delle macchine e il ruolo di Cipher, innanzitutto) sono portati in scena, sfruttati per realizzare alcuni snodi dell’intreccio e infine lasciati a disposizione dei prossimi gestori e scrittori del mondo mutante.
Non per niente, una lista di questi agganci la troviamo in Immortal X-Men #1, che dedica una pagina ad elencare una serie di fatti, classificandoli in base alla diffusione della loro conoscenza nella comunità mutante; ebbene questi sono i principali fili narrativi lasciati pendenti dalla gestione Hickman, a disposizione degli epigoni.

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Jonathan Hickman, R. B. Silva, Stefano Caselli, Valerio Schiti, David Curiel, Joe Sabino, Inferno #3, p.5 Marvel (2021).

Inferno si offre insomma come una sintesi della gestione Hickman: inizia offrendo un tema, che viene poi abbandonato. Già un mero conteggio delle tavole mostra efficacemente che i fuochi narrativi di Inferno sono il presente di Krakoa e le relazioni di potere all’interno del Concilio e questo riflette quella che è la proporzione di fatto ad esse dedicate nel corso di tre anni di storie. Se infatti consideriamo le varie testate che hanno raccontato questa sorta di Hicks-verse (X-Men, X-Force, X-Corp, innanzitutto, ma anche Hellions, Way of X, eccetera) vediamo che quella proiezione su panorami infiniti che aveva caratterizzato HoxPox, resta ai margini, non approfondita.

Anche lasciando da parte tutto lo sviluppo in chiave fantastica – culminato nel crossover X of Swordsla visione di molteplici linee di universo è stata sostituita da subito con quello della gestione del potere all’interno di Krakoa e delle relazioni politico economiche fra Krakoa e il resto del mondo. La forza di impatto di HoxPox ha creato una distorsione prospettica nella percezione: ha cioè generato aspettative su aspetti e tematiche che da subito sono state messe ai margini della narrazione. L’inizio di Inferno ripropone questa distorsione e quello con cui poi ci ritroviamo è un modello in piccolo dell’approccio seguito: grandi premesse, nessuna chiusura e un ordinario passaggio di testimone, che viene infatti ripreso subito dalla miniserie X-Deaths of Wolverine di Benjamin Percy e Federico Vicentini. X-Deaths racconta le vicende di Moira da subito dopo la fuga da Mistica (Inferno #4) e mostra le conseguenze nel lontano futuro della sua espulsione dalla comunità mutante.

La spettacolarità di Inferno sta tutta nel ritmo e nella resa visiva. Il ritmo emerge dal movimento della narrazione fra due piani (Krakoa e l’incursione), spostandosi dall’uno all’altro in un susseguirsi di colpi di scena e momenti di grande intensità emotiva – fra i quali merita segnalare la resurrezione di Destiny in Inferno #2. Visivamente, il racconto non soffre della pluralità di artisti al lavoro: l’interpretazione dei personaggi è sviluppata ben entro un naturalismo che esalta l’espressività dei volti: come casi che patiscono il passaggio di mano possiamo portare Emma Frost e Moira, ma con la considerazione che l’effetto delle differenze di rappresentazione è amplificato dal fatto che ciascuna interpretazione ha una breve durata, per cui il cambiamento finisce per avere un peso relativo maggiore rispetto al solito, come se in un film vedessimo un personaggio cambiare interprete nell’arco di poche scene (mentre la similitudine per il caso tipico sarebbe quella del cambio di interprete fra stagioni diverse di una serie). Costante è la resa della plasticità dei corpi, che trasmettono sensazione di forza e sensualità, e gli ambienti – si veda la Krakoa che fa da sfondo ai dialoghi di Cipher con Warlock in Inferno #3. La costruzione delle tavole, poi, valorizza le atmosfere specifiche delle scene – come si può apprezzare nelle scene di combattimento nell’Orchis Node (vedasi Inferno #4)

Assenza di identità

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Moira Mc Taggart nell’interpretazione di Valerio Schiti e Stefano Caselli. Marvel (2021).

Considerandone la struttura, la caratteristica principale di Inferno è la compressione. I nuovi elementi sono proposti come colpi di scena, ma non sempre in modo felice: la rivelazione sul ruolo delle macchine getta una luce sugli eventi delle linee temporali che abbiamo visto nel passato, mentre quella sul ruolo di Cipher, la sua dichiarazione sull’etica mutante in particolare, serve (in questo racconto) giusto a risolvere uno specifico nodo: la fuga di Moira.

D’altra parte, la gestione di Moira risulta strumentale al suo accantonamento; poiché HoxPox ci aveva portato un universo fondato sul potere di Moira, la sua rimozione sancisce (o meglio, suona come la sanzione de) l’abbandono di quel progetto, in funzione di una normalizzazione narrativa. In cambio di un breve spiraglio, abbiamo qualcosa di interlocutorio – oltre che estemporaneo e spettacolare -, con un finale che rimette in moto una vicenda decentrata rispetto alle premesse originarie. Le potenzialità di HoxPox sono accantonate tramite due delle più tradizionali trappole meccaniche del seriale, la reiterazione e la diversione: si offrono ulteriori spunti e si sposta il focus della vicenda con l’ennesimo “to be continued”.

In questa abbondanza di spunti e nuovi ingredienti, quello che manca a Inferno è un’identità: nelle sue oltre cento tavole accadono molte cose ma, dal punto di vista dell’impianto generale, non si racconta niente, perché nessuno di quegli elementi diventa punto focale di una prospettiva di lettura. Se quella di HoxPox è smarrita, abbiamo almeno due evidenti candidati sostituti che non riescono a prenderne il posto: il ruolo di Cipher e il rapporto Mistica/Destiny. Il primo soffre innanzitutto l’estemporaneità della sua introduzione attraverso un flashback (Inferno #3), ma il vero punto debole di entrambi è che non aprono nuovi scenari. Entrambi, infatti, si limitano ad agire nell’ambito della lotta di potere di Krakoa: Cipher e la sua etica sembrano una versione rivista dei tentativi di Nightcrawler di fondarne una basata su una religione mutante; l’amore fra Mistica e Destiny si esaurisce nella vendetta contro Moira.

Esperienza di lettura

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Jonathan Hickman, Inferno #1, p. 1, Marvel (2021).

La copertina di Inferno #1 mostra Moira in piedi, circondata dai corpi (senza vita, incoscienti?) di vari mutanti. Si apre l’albo e l’epigrafe “Someone remembers. It’s why they keep coming” cortocircuita la conclusione di HoxPox, annullando anni di divagazioni (X-Men, X of Swords) e giri a vuoto (Way of X, The Trial of Magneto). Copertina ed epigrafe formano un “come dicevamo”, che suggerisce la ripresa, lo sviluppo e la soddisfazione delle aspettative sollevate con la doppia miniserie che disegnò il nuovo mondo mutante. Moira, motore narrativo di questa versione dell’universo X, torna al centro dopo anni di esistenza nascosta e il primo pensiero è che quella che ci apprestiamo a leggere sia la famigerata serie dedicata a Moira-X, annunciata fin dal 2019, che si vociferava sarebbe stata affidata ad Al Ewing.

Forse, venuti meno i candidati, Hickman ha deciso di assumersi la responsabilità di dare forma alle suggestioni e potenzialità di HoxPox, che fanno leva sul personaggio. Questa impressione alza ulteriormente le aspettative, perché sembra indicare che Hickman sia in controllo totale del progetto. Quello che poi seguiamo sulla scena, tavola dopo tavola è invece l’abbandono di quel progetto, della visione che aveva informato quel lontano e fiammeggiante debutto. La doppia splash page di Power of X #2 resta ancora senza una degna conclusione. Il colpo di scena sul ruolo delle macchine resta memento di quella visione, ma Inferno si focalizza in realtà sulla crisi interna al Consiglio di Krakoa. HoxPox ci aveva promesso l’universo senza limiti di spazio e di tempo, Inferno ci consegna una lite di Consiglio di Amministrazione, le cui dinamiche appaiono peraltro stereotipate.

Conclusioni?

Inferno appare come un condensato di idee e racconti non sviluppati: è forte la sensazione che in questa miniserie siano stati liofilizzati gli elementi di una vera chiusura, abortita per qualche ragione. Da qui, nasce la suggestione che la run di Hickman fosse nata come adattamento di un progetto di narrativa fantascientifica all’universo degli X-Men, adattamento che ha poi sofferto la trasformazione in un programma che coinvolgeva numerose testate, con perdita di focus – in questo, il precedente che viene immancabilmente alla memoria è la gestione di Secret Wars. Tuttavia, in assenza di documentazione in merito, questa resta una percezione. Il punto è che alla fine di un progetto ipertrofico ci ritroviamo con qualcosa che non ha un’identità, se non quella dell’occasione perduta. Da caso di gestione autoriale, il progetto X-Men è diventato caso di conferma del luogo comune sulla narrazione seriale supereroica infinita, secondo il quale i personaggi e gli universi narrativi non sono realmente a disposizione degli autori.

Abbiamo parlato di:
Inferno
Jonathan Hickman, R. B. Silva, Stefano Caselli, Valerio Schiti, David Curiel, Joe Sabino, Tom Muller
Marvel Enterprise, 2022
192 pagine, cartonato, colori – 41,71€
ISBN: 9781302932817

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