Piccola storia sulla ricerca della felicità interrotta per cause di forza maggiore è il sottotitolo di Motherflower, stranissimo volume pubblicato dalla Pavesio Editore e frutto di quel mix di genio e follia che è Massimiliano Frezzato. Non si tratta di un’opera facile da recensire in quanto densa di sottotesti e forte di una predominante componente metanarrativa, cioè una narrazione che parla della narrazione, o che tende a riflettere su di essa.
Il volume ha tutte le potenzialità (che tali resteranno) per essere solo il primo di una lunga serie: c’è un cattivo, c’è un buono, molte belle ragazze in abiti succinti, un bel plot, bei disegni. La trama è complessa e ruota intorno al fottino, una particella unica capace di realizzare i desideri di coloro che ci entrano in contatto, senza controindicazioni per le donne ma con pesanti perdite corporali per gli uomini.
Un mistero che lasciamo scoprire al lettore è come sulla trama principale Frezzato riesca a inserire, in modo assolutamente coerente, un panda pilota, una navicella stellare a forma di bebè (con la splendida battuta “L’arrivo di un bebè porta sempre scompiglio”), navi mosse dal Desiderio o dal Rosicamento (espresso graficamente da astronavi dai denti aguzzi che superano un pianeta tutto “rosicato” a forma di torsolo di mela), una citazione della città di Cosenza, la canzone Moon River, una capitale su cui piove da cinquant’anni e la versione robotica-santona di Fabio Ruotolo, autore che ha completato la saga dei Custodi del Maser, portata avanti per anni dall’autore torinese.
Gli elementi metanarrativi sono presenti fin dalla prima pagina, in cui la salamandra Frida, voce narrante della storia, siede sui bozzetti e sulle tavole originali del volume, immersa nello sconforto. Si capisce che ci stiamo approcciando a qualcosa che trascende il semplice racconto di fantascienza e che si distanza molto dalla produzione passata di Frezzato, per esempio dai Custodi del Maser.
Altro elemento metanarrativo lo troviamo nelle pagine 20/21, che misteriosamente passano dal colore al bianco e nero. Effetto collaterale del fottino, ci comunicano i personaggi, o forse, ci piace immaginare, espediente narrativo scelto per sopperire a una scarsa volontà di colorarle.
L’impennata metanarrativa, nonché apice della stranezza, giunge a pagina 30, dove, nuovamente in bianco e nero, Frezzato cambia totalmente stile, passando da uno pittorico a uno caricaturale-umoristico, denso di tratteggi. L’artificio trovato per spiegare questa scelta è la convinzione da parte della salamandra Frida di essere un personaggio dei fumetti, che consumando la sua riserva personale di fottino riesce a viaggiare tra gli universi narrativi alla ricerca del Creatore, che altro non è se non Frezzato stesso (come nello stile di Grant Morrison, che in Animal man ha regalato al fumetto il massimo esempio di interazione tra un autore e le sue creature).
Da pagina 33 tutto inizia a essere un po’ confuso e il volume perde la sua freschezza narrativa, portando la salamandra Frida a viaggiare nello spazio e nel tempo pur di salvare l’androide da corteggiamento Rocco, per approdare infine nel mondo reale al cospetto del suo creatore.
Cosa è successo? Scopriamo che la prima pagina del volume – la salamandra seduta sui disegni originali della storia – era in realtà la premessa a un lungo flashback narrativo.
Attraverso una sequenza di tavole, in parte composte da fotografie, ci viene mostrato un incidente motociclistico in cui l’autore (il Frezzato del volume), andato in paese a fotocopiare le tavole, è finito fuori strada ed è probabilmente morto, conficcatosi per metà all’interno di un albero, rendendo perciò impossibile lo sviluppo e la conclusione della storia raccontata finora!
Due frasi dette dalla versionefumettistica di Frezzato e dalla salamandra riassumono bene il volume:
Avevamo un sacco di idee, anche se ’sto libro puzzò di sfiga fin da subito.
e
chissà se ’sto libro non abbia un successo tale che mi resuscitano il creatore.
Cosa resta alla fine della lettura?
Un senso di smarrimento. La sensazione è che questo libro sarebbe potuto diventare una bella saga, ma che varie ragioni, che probabilmente resteranno ignote, durante la gestazione abbia affrontato diversi problemi, che ne hanno impedito la nascita per come doveva, trasformandola in un esperimento metanarrativo, assolutamente riuscito.
I disegni di Frezzato presentano una qualità discontinua, ma, anche nei punti più bassi, ammaliano per la plasticità del segno e per la piacevolezza della composizione della tavola. Certo, alcune tavole colpiscono molto più di altre, come per esempio la doppia splash page che introduce al gioco del Frog Pond, ma per un’opera in cui appare chiaro che solo a tratti l’autore ha dato il 100% la media qualitativa è abbastanza buona.
Ottima la cura cartotecnica del volume con una carta patinata che esalta il segno dell’autore e dei risguardi con i disegni dei bozzetti dei personaggi del volume che starebbe bene in un qualsiasi art book.
In sostanza, un libro che potrebbe star bene in ogni collezione, ma che non è destinato ai lettori privi di autoironia e che non sappiano ridere di una piccola e bonaria presa in giro quale il volume è.
Abbiamo parlato di:
Motherflower
Massimiliano Frezzato
Pavesio Editore, giugno 2012
48 pagine, cartonato, bianco e nero e colori – 16,99 €
ISBN: 9788862330442