Pierre Alary, inconfondibile matita di Belladonna, Sinbad (pubblicati in Italia da RW-Lineachiara), Moby Dick (uscito sotto il marchio Kleiner Flug) e Silas Corey, già collaboratore per Disney in Hercules, Tarzan, Le follie dell’imperatore ed Il libro della giungla 2, è uno dei più apprezzati autore del panorama francese.
Nel mese di Aprile a Jesi, grazie all’Accademia ACCA, per due giorni ha tenuto una serie di incontri e masterclass dedicati al fumetto. In questa occasione l’abbiamo intervistato.
Ti sei confrontato col mito di Moby Dick e di Melville. In molti sostengono che una volta letto il Moby Dick qualcosa nel lettore muti. Cosa succede invece quando lo si disegna?
Ha!Ha! Sì, allo stesso tempo, sospetto che molte persone (me compreso) non siano mai riuscite a terminare il romanzo Moby Dick. Bisogna ammettere che è molto lunga e molto noiosa come lettura. Quindi, Olivier Jouvray (che ha avuto il coraggio di leggere tutto)1 ha tagliato molte sequenze naturalistiche, per mantenere solo la parte avventurosa e introspettiva del personaggio di Achab. È stato così molto più piacevole da disegnare, ma ho dovuto fare molte ricerche sulle navi dell’epoca, trovare riferimenti per una baleniera in legno, che non esiste più.
L’ultimo post apparso sul tuo blog (pierrealary.blogspot.it) porta come data il 10 gennaio del 2015 ed ha per oggetto le strage che ha colpito la redazione di Charlie Hebdo avvenuta tre giorni prima. È cambiato qualcosa in te dopo quel giorno?
Da quel giorno terribile, sì, qualcosa è cambiato, come artista… In quei giorni, i disegnatori di “nasi a patata” (L’espressione “Nez en patate” indica in Francia il disegno umoristico ndr) sono stati sfortunatamente presi sul serio finalmente dalla maggior parte delle persone. Tutti hanno improvvisamente capito la forza di questi piccoli disegni… a spese dei loro sfortunati autori… tutti si sono resi conto che, nascoste dietro quei piccoli disegni, c’erano persone intelligenti, istruite e che avevano il talento, forse, di poter smuovere le cose. Per quanto riguarda il blog, è un caso. È solo che ho perso la mia password e dopo che blogspot.com ha cambiato la sua interfaccia, non riesco più a connettermi.
Il mondo dell’animazione, nel quale tu hai lavorato per anni e quello del fumetto sono lontani ma tangenti. Quali sono state le differenze tra questi due universi che maggiormente hai avvertito passando da una forma d’arte all’altra?
Ho sempre praticato questi due mestieri allo stesso tempo. Alla Disney avevamo le nostre pagine nei cassetti e le facevamo uscire non appena i nostri impegni lo consentivano. Abbiamo così approfittato della comodità che lo studio di animazione ci metteva a disposizione, vale a dire mostruosi tavoli da lavoro, attrezzature a volontà… confrontarci così, per passare da un personaggio all’altro ci ha insegnato indubbiamente una certa flessibilità, un modo di analizzare un disegno per renderlo il più possibile proprio.
Belladonna, una tua creatura grafica apparsa anche in Italia, è un personaggio estremamente affascinante. Essendo tu il suo papà grafico, quanto sei legato a lei? Non credi che avrebbe meritato maggiore fortuna e magari un secondo ciclo di storie?
Belladonna è stato pianificato sin dall’inizio in due cicli di tre volumi. Per motivi di tempo, non abbiamo mai trovato il tempo per ritornarci. Ma io e Ange (lo sceneggiatore) vogliamo portare a termine questa storia. Soprattutto perché abbiamo un sacco di grandi idee per il seguito.
Sinbad, contiene tantissimi citazione all’Aladin della Disney partendo dal genio. Se potessi raccontare una storia ambientata dopo quel “e vissero felice e contenti” quale personaggio sceglieresti?
Non sono molto appassionato di storie che finiscono bene. Peraltro, inizialmente Sinbad doveva essere molto più cupo. Sarei piuttosto tentato da storie alla Andersen, cose ciniche e dark… Sempre con quel pizzico di scherno dietro.
Sotto il profilo dei grandi autori italiani, ce ne è qualcuno a cui sei particolarmente legato? Soprattutto nell’ambito della scuola Disneyana.
Ho alcuni amici della “nuova” generazione, gente come Alessandro Barbucci, Barbara Canepa, Giovanni Rigano, Federico Bertolucci, Enrico Marini (per metà italiano, questo conta)… d’altra parte, non ho mai avuto la possibilità di incontrare alcuni dei miei idoli come Cavazzano, Corrado Mastantuono, Massimo Carnevale che considero dei veri geni!
Silas Corey è un personaggio complesso. In una intervista hai dichiarato che ha volte ti fa pensare a Wolverine, il mutante della Marvel, personaggio estremamente tormentato. Perchè?
Non ricordo di averlo detto… forse per il suo carattere completamente indipendente. È solo e vuole restarlo. Questo è quello che mi piace di Wolverine, in questo mondo molto consensuale di “gruppi” di supereroi in cui tutti devono essere amici: arriva e non gli importa. Il che non toglie nulla al suo coraggio e al fatto che non abbandonerà nessuno. Ma poi prende il suo sigaro e se ne va. Ricorda un certo cavaliere solitario di un film italiano, no?…
Quando vedremo Silas Corey in Italia
Molto presto da quello che ho saputo di recente. Dovrebbe accadere quest’anno, forse anche prima dell’estate, per la Magic Press.
Attualmente, a quali progetti stai lavorando?
Sì, sto lavorando all’adattamento di un altro romanzo di Sorj Chalandon, che è un po’ il seguito di Mon traitre. Questa volta cerchiamo di capire come viviamo nei panni di un traditore.
Sei un appassionato di western e storie di pirati: ci citi il tuo film e il tuo fumetto preferito in ognuno di questi due generi?
Ce ne sono molti… Sono ovviamente un grande fan dei film di John Ford, Anthony Mann. Adoro l’ondata di western italiani degli anni 60/70, Corbucci, Sollima ecc., con Giuliano Gemma, Thomas Milian …grandioso!!! Alcuni western moderni come Terra di confine – Open Range o più recentemente Brimstone (che è molto più tetro e violento della media)… anche la serie Godless, che ho molto amato e che mi sembra essere una delle migliori cose apparse nel western dopo Deadwood.
Il mercato francese negli ultimi è cambiato moltissimo. Il venduto è in parte diminuito e c’è stata una grande apertura verso le produzione dall’estero. Tutto ciò ha influenzato l’arte sequenziale francese? E se si, come?
È abbastanza paradossale, perché le vendite non sono davvero diminuite, il fumetto rimane il leader sul mercato del libro nel suo complesso, ma ci sono sempre più fumetti… quasi 5000 all’anno… e qui, c’è un problema. Di questi 5000, molti resteranno ignorati, perché la stampa non ne parla, non c’è pubblicità, non c’è posto sui scaffali dei librai… il problema non è economico, è per noi, gli autori di fumetti. La nostra valorizzazione e i nostri diritti che non cambiano o si evolvono mentre facciamo funzionare il mondo dei libri… ci sono in effetti, e questo è positivo, molti autori italiani o spagnoli che pubblicano i loro libri in Francia , ma è anche perché il mercato dei fumetti e molto “attivo” in Francia rispetto a questi paesi e i volumi che escono in Francia sono comunque valorizzati, nonostante tutto…
Il fumetto è ormai consacrato nell’immaginario collettivo da tempo, da qualche anno a questa parte sta entrando nella cultura di tutto il mondo. Ciò porta moltissimi giovani ad appassionarsi a quest’arte, così come a quella dell’animazione. Come vedi questa nuova ondata di aspiranti artisti?
È molto buono, ma arrivano in un mercato sovraccarico, quelli bravissimi troveranno il loro posto, per alcuni sarà molto più difficile… ma è bello vedere che tutti questi giovani hanno della passione, che ha ancora un senso, perché sanno molto bene che non è per il comfort finanziario né per aver le ferie pagate o la tredicesima che si fa questo lavoro.
Intervista realizzata via mail ad aprile 2018.
Si ringrazia per l’intermediazione e la traduzione Marta Volterra (Ufficio Stampa HF4).
Olivier Jouvray è lo sceneggiatore della versione a fumetti Mody Dick disegnata da Alary ndr. ↩