Flashpoint
La notizia, nei giorni scorsi, di negoziazioni tra la Warner Bros. e gli sceneggiatori di Spider-Man: Homecoming per la regia di Flashpoint, l’adattamento cinematografico standalone sul velocista scarlatto interpretato da Ezra Miller, ha messo finalmente un po’ di chiarezza sul progetto dopo i numerosi abbandoni inerenti proprio la regia della pellicola. Ma non solo.
La scelta di John Francis Daley e Jonathan Goldstein, coppia che ha riscosso molto successo proprio con lo script realizzato per il reboot cinematografico dell’arrampicamuri, mette in luce come la Warner stia prendendo una determinata direzione per quanto concerne la narrazione e le atmosfere che ruoteranno attorno all’eroe di Central City impersonato da Miller.
La caratterizzazione del personaggio in Justice League, che ne ha sottolineato la verve leggera e comica, potrebbe infatti essere il fattore principale dietro le trattative con Daley e Goldstein, che nel loro curriculum hanno la regia di pellicole quali Come ti rovino la vacanza (un sequel/reboot dei film National Lampoons con Chevy Chase degli anni ’80) e Game Night, una commedia nera con Rachel McAdams di prossima uscita.
Da questo punto di vista, è legittimo quindi domandarsi se Flashpoint manterrà al suo interno quello che il nome stesso promette, ovvero la trasposizione cinematografica di una famosa saga che ha ridisegnato la vita del velocista scarlatto e di parte dell’Universo DC Comics, o se invece l’impronta dei due sceneggiatori e registi cambierà di fatto questa impostazione totalmente o solo in parte.
È altrettanto naturale chiedersi il perché la Warner abbia voluto scegliere un titolo così impegnativo per la pellicola sul velocista, che presume aspettative enormi da parte del pubblico le quali potrebbero venire facilmente deluse. In molti potrebbero sostenere che anche la Marvel ha portato avanti una strategia simile con Captain America: Civil War, un film che racchiude al suo interno l’adattamento di una famosa saga della Casa delle Idee. Ma in quel frangente, si trattava di tematiche affrontate in un secondo capitolo di un franchise che vedeva al suo interno un personaggio (Capitan America) la cui storia era stata ampiamente raccontata non solo nel primo film, ma anche in quelli sugli Avengers. La guerra civile dei supereroi era quindi la naturale evoluzione di una storia facente parte di un quadro generale ben più ampio, il cui schema difficilmente potrebbe ripetersi con un eroe quale Flash, il cui background è stato presentato solamente attraverso un incontro con il padre incarcerato in Justice League. Affrontare le tematiche di Flashpoint (l’assassinio della madre di Barry, il ruolo dell’Anti-Flash, la variazione della linea temporale) immediatamente nel primo film standalone, potrebbe rivelarsi abbastanza rischioso e vedere bruciate molte sottotrame che potrebbero benissimo essere dipanate e risolte nei capitoli successivi.
Una questione non tanto campata in aria se si guarda a come la stessa saga è stata presentata in ambito televisivo, generando molta confusione all’interno dello show con protagonista Grant Gustin, fornendo delle soluzioni troppo sbrigative che hanno di certo lasciato l’amaro in bocca tra il pubblico di appassionati.
Al di là di tutto, il film su Flash resta comunque una grande incognita produttiva, riflesso delle difficoltà e dei cambiamenti che la Warner sta affrontando al suo interno in queste ultime settimane.
Black Panther
A ormai un mese dall’uscita nelle sale di Black Panther continua la campagna promozionale e la diffusione del merchandise legato alla pellicola diretta da Ryan Coogler, che segna uno spartiacque verso il pubblico a cui questa si rivolge rispetto al passato.
A dimostrarlo sono una serie di spot su alcuni prodotti, in prevalenza giocattoli, diffusi nelle ultime settimane e realizzati dalla Hasbro, che mostrano alcuni ragazzini indossare maschera e artigli dell’eroe Marvel e venire catapultati loro stessi nel regno del Wakanda.
Come ha recentemente sottolineato anche un articolo pubblicato dal sito i09, a colpire è stato il target a cui lo spot è indirizzato, che vede due bambini su tre nel filmato essere di colore, cosa questa che si fa fortemente apprezzare perché mette per la prima volta al centro non solo questa fascia, ma anche perché dimostra come il film sull’alter ego di T’Challa interpretato da Chadwick Boseman abbia di fatto cancellato la marginalizzazione dei personaggi di colore anche nel genere dei film tratti dai fumetti in maniera ben più ampia forse rispetto ad altri esempi del passato, come il Blade di Wesley Snipes, il quale comunque non ha mai avuto dietro di se la potenza del licensing targato Marvel Studios.
Il merchandise continua anche con interessanti iniziative, come quella che vede al centro l’artista di gioielli Douriean, che ha realizzato una apposita linea basata sul film in uscita a febbraio, i cui prodotti sono già visibili sul sito ufficiale della designer.
Cosmos-Maya e l’animazione indiana
Nei giorni scorsi la principale società di animazione indiana Cosmos-Maya è stata acquisita da Emerald Media, una mossa che ha lo scopo di accelerare la crescita di Cosmos-Maya in India e all’estero.
Emerald, a sua volta sostenuta dalla società di investimento globale KKR, ha dichiarato di aver raggiunto una quota di controllo acquisendo nuove azioni oltre a quelle già esistenti. I termini e il valore della transazione e le dimensioni della nuova iniezione di capitale non sono stati rivelati.
Cosmos-Maya è stata fondata dai cineasti indiani Ketan Mehta e Deepa Sahi venti anni fa. Con sede a Mumbai, attualmente conta circa 750 dipendenti, ed è impegnata nella produzione di circa 600 minuti di contenuti animati ogni mese. Il suo show più conosciuto è la serie per bambini “Motu Patlu”, molto popolare in India.
Attraverso l’infusione di nuovo capitale, la società intende sviluppare progetti internazionali sfruttando le relazioni con i media di Emerald per espandere la propria impronta globale – ha affermato Mehta di Cosmos Maya.
Con Cosmos-Maya ora focalizzato sullo sviluppo di contenuti che oltrepassano le geografie, siamo pronti per la crescita su un palcoscenico globale, per non parlare dell’ulteriore opportunità di espansione del brand e merchandising per le sue proprietà – ha invece dichiarato Rajesh Kamat di Emerald.
Frank Darabont contro AMC
A distanza di quattro anni dall’inizio della causa legale da parte del regista e sceneggiatore Frank Darabont e dell’agenzia CAA contro il network AMC per i mancati profitti derivanti dalla serie The Walking Dead, un nuovo capitolo si aggiunge alla lunga e complicata querelle giudiziaria. Oltre infatti alla richiesta di 280 milioni di dollari, Darabont e l’agenzia di management hanno intentato una nuova denuncia per la cifra di 10 milioni di dollari.
Avendo recentemente completato la revisione dei documenti contabili di AMC, i due querelanti sostengono che sia ormai chiara una condotta illecita del network, che oltre a trattenere centinaia di milioni di dollari, avrebbe usato una varietà di pratiche contabili discutibili per trattenere decine di milioni in più. Gli stessi querelanti sostengono di avere appreso che AMC ha tentato di nascondere le prove relative durante l’attuale contenzioso in atto.
La nuova causa sarebbe nata dopo che Darabont avrebbe saputo che Robert Kirkman, creatore del fumetto su cui è basata la serie televisiva, avrebbe ricevuto un accordo più generoso basato sulla reale commissione della distribuzione dello show da parte di AMC. Il regista e sceneggiatore afferma che il suo contratto ha diritto allo stesso trattamento.