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Ogni mercoledì in USA esce quasi un centinaio di albi a fumetti, molti dei quali sono numeri di esordio di serie e miniserie, i first issue.
First Issue è la rubrica de Lo Spazio Bianco dedicata ai nuovi numeri uno in uscita negli States! In questa puntata riflettori puntati sulle novità uscite mercoledì 3 e 10 ottobre.
Marvel Comics
Tra le nuove uscite della Casa delle Idee, il nostro Emilio Cirri si è concentrato su Infinity Wars Sleepwlaker #1, legato alla saga cosmica Marvel in corso di pubblicazione, e sul primo numero della miniserie dedicata al mutante Shatterstar.
La Marvel sembra non volersi lasciare gli anni ’90 alla spalle. Abbiamo visto molte serie ispirarsi a quel periodo, da X-Men 92 a Ben Reilly, per non parlare della Clone Conspiracy vista in Amazing Spider-Man e le storie di X-Men Gold.
In questo senso, il peculiare evento Infinity Wars (peculiare per la piega che ha preso dal numero tre in poi, con l’introduzione degli Infinity Warps) ha dato via libera a un’altra operazione nostalgia. Dopo il tie-in di Infinity Countdown dedicato a Darkhawk, gli specialisti Chris Sims e Chad Bowers (già autori di X-Men 92 e il secondo del revival di Youngblood) decidono di recuperare un altro bizzarro supereroi nato nel 1991: Sleepwalker, il membro dell’omonima razza di protettori del Mindscape, il reame del sogno qui messo a repentaglio dagli avvenimenti della saga cosmica.
Come già avvenuto per Darkhawk, i due autori rinfrescano la memoria del lettore con gli elementi fondamentali del personaggio (in particolare la sua simbiosi con l’umano Rick Sheridan) ma al tempo stesso ne espandono la mitologia, introducendo nuovi membri della razza del protagonista e nuove ambientazioni.
Nonostante questa prospettiva interessante, la buona caratterizzazione del personaggio, nonché alcune divertenti trovate narrative, questo primo numero risulta abbastanza fiacco nel ritmo e insipido nella sua costruzione, rassicurante per il lettore nostalgico ma non abbastanza movimento o intrigante da spingere a leggere un secondo numero.
A contribuire all’atmosfera priva di guizzi ci sono i disegni di Todd Nauck, un professionista del fumetto mainstream statunitense, dal tratto pulito e dinamico, totalmente in linea con i dettami della tradizione supereroistica classica e per questo sostanzialmente in linea con la sceneggiatura.
Un numero uno “innocuo” e senza pretese, che non riesce a creare aspettative per il prosieguo degli eventi, nonostante sia inserito in un evento importante come Infinity Wars.
Ma l’ondata anni ’90 non si ferma qui, per via della pubblicazione del primo numero di Shatterstar. Dopo alcuni anni passati in sordina, il gladiatore mutante creato dal sadico schiavista e produttore televisivo interdimensionale Mojo torna con una miniserie tutta sua. Lo troviamo cambiato, non più combattente ma gestore di un condominio per esuli di altre dimensioni, e per di più con una relazione sentimentale (quella con l’ex mutante Rictor) in frantumi. Ma il rapimento dei suoi inquilini lo spinge a riprendere in mano le sue spade per affrontare un passato che non riesce a lasciarsi alle spalle.
Le intenzioni di Tim Seeley nel voler scavare a fondo nel personaggio sono evidenti sin dalle prime pagine e promettono sviluppi potenzialmente interessanti per i prossimi numeri, soprattutto sul profilo delle caratterizzazioni e dell’evoluzione dei personaggi. Purtroppo un canovaccio già visto e rivisto e l’infelice scelta di narrare gran parte degli avvenimenti in terza persona attraverso didascalie sovrabbondanti rallentano eccessivamente il ritmo della storia, rendendo questo primo numero troppo macchinoso e a tratti noioso.
I disegni realistici, plastici e puliti di Carlos Villa, ravvivati dalle tonalità accese di Carlos Lopez, riescono a sottolineare i momenti più divertenti e più drammatici della vicenda, pur senza mai avventurarsi oltre soluzioni compositive già ampiamente sperimentate e risultando in alcuni casi in po’ affrettati e poco dettagliati.
In definitiva, una falsa partenza per un personaggio molto amato e per Seeley, che ha dimostrato ben altro talento, soprattutto su Nightwing.
Di seguito, le copertine delle altre novità Marvel.
DC Comics
In casa DC Comics arriva il crossover tra Wonder Woman e Justice League Dark, The Witching Hour, di cui ci parla Marco Marotta.
Con questo albo oversize, James Tynion IV presenta ai lettori la prima parte del crossover The Witching Hour, che terrà banco per tutto il mese di ottobre e che coinvolgerà le testate Wonder Woman e Justice League Dark, quest’ultima scritta dallo stesso Tynion. E infatti l’autore vi si ricollega direttamente e porta avanti la vicenda esattamente da dove si era interrotta al termine del primo arco narrativo della testata “magica” della Lega. Troviamo quindi Diana e la sua nuova squadra alla disperata ricerca di un modo per fermare l’Otherkind, gruppo di esseri interdimensionali intenzionati a distruggere la magia e tutta la realtà con essa, il tutto tentando al contempo di venire a capo del mistero legato all’immenso potere magico che l’Amazzone ha da poco iniziato a manifestare.
La trama viene dipanata con sapienza, la sceneggiatura risulta intrigante ed è scandita da un buon ritmo. A parte i protagonisti, nel corso delle quarantotto pagine fanno la loro comparsa moltissimi altri personaggi appartenenti alla sfera soprannaturale dell’universo DC. Una tale mole di character può invero risultare un po’ spaesante per chi non abbia una conoscenza almeno sommaria delle personalità che popolano questo sottobosco mistico, ma d’altra parte riesce a garantire un’apprezzabile varietà di situazioni e punti di vista all’interno del fumetto. Inoltre i personaggi maggiormente coinvolti nella narrazione risultano per lo più ben delineati a livello di caratterizzazione.
Una piccola criticità dell’albo la si può riscontrare nella tendenza dell’autore a riempire le pagine con una sovrabbondanza di testi che qui, unitamente alla foliazione superiore al normale, porta a un paio di occasioni tirate un po’ troppo per le lunghe o in cui si percepisce una certa ridondanza.
Decisamente solida la parte grafica, grazie alla maniacale attenzione per i dettagli che Jesus Merino riversa nei suoi disegni. Caratteristica questa esaltata dalle svariate splash page, nelle quali l’occhio del lettore può perdersi ad ammirare ogni rifinitura. Non è da meno la colorazione di Romulo Fajardo Jr., sgargiante e per nulla piatta.
Di seguito, le copertine delle altre novità DC Comics.
Image Comics
Tra le novità Image Comics, Federico Beghin ci parla di Blackbird #1.
Pensate al Sandman Universe di recente creazione e aggiungetegli la filosofia dei supereroi con superproblemi tanto cara a Stan Lee; fondete il tratto esibito da Sana Takeda in Monstress con l’estetica adottata da Jamie McKelvie per visualizzare The wicked + the divine di Kieron Gillen. Le premesse sono interessanti e curiose, ma come sarebbe il primo capitolo di un fumetto di questo genere?
Accattivante, rispondono lo sceneggiatore Sam Humphries e la disegnatrice Jen Bartel su Blackbird #1, nel quale facciamo la conoscenza di Nina, una ventitreenne già stanca della vita, dopo aver trascorso gli ultimi dieci anni desiderando di entrare in contatto con la magia. Grazie a un flashback, a un sogno e a una visione scopriamo che alcuni fatti hanno stravolto l’esistenza della ragazza, convinta che dietro alla realtà che tutti vedono se ne celi un’altra.
Con poche pagine l’autore riesce a caratterizzare efficacemente il personaggio principale, senza limitarsi a tratteggiare l’ennesima giovane adulta incapace di valorizzare la propria quotidianità, ma introducendo uno smarrimento causato da un’aspettativa legittima e purtroppo mai soddisfatta. Questo fatto porta il lettore a schierarsi dalla parte di Nina e a rivendicare per lei un posto in un universo che sembra, anche in virtù del colpo di scena finale, illuderla per poi scaricarla. A questa continua delusione, la protagonista reagisce parlando molto, in una continua successione di didascalie riservate ai pensieri e di frasi pronunciate ad alta voce che arrivano ad accavallarsi nelle pagine conclusive.
Se nei testi non ve n’è traccia, si può parlare di minimalismo per i pochi luoghi appartenenti al mondo magico mostrati da Jen Bartel con segno rotondo e pulito, partendo dai layout di Paul Reinwand. L’ambientazione esotica e la simbologia incuriosiscono e affascinano, impreziosite dalla colorazione di Nayoung Wilson, tenue nel flashback, più carica nel dare vita alle vignette dedicate al presente narrativo.
Di seguito, le copertine delle altre novità Image Comics.
Editori indie
Simone Rastelli ci parla di una delle nuove serie Aftershock Comics, The Last Space Race e di una novità di BOOM! Studios, Sparrowhawk.
Il primo numero di The Last Space Race – serie creata da Peter Calloway (testi) e Alex Shibao (disegni) e colorata da Natalia Marques – propone una vera e propria scheggia di fantascienza Golden Age. Di quell’epoca risaltano il ruolo dell’individuo e dell’impresa privata, l’entusiasmo fanciullesco del protagonista – modellato, anche fisiognomicamente, su Richard Branson, il visionario fondatore della Virgin e da tempo investitore in imprese aereospaziali – e la semplicità con il quale viene proposto il caso: un First Contact – anch’esso tema fra i più cari alla fantascienza dei decenni ‘30-’40 del secolo scorso. All’atmosfera scanzonata del racconto – pur raccontato in flashback dal protagonista alla deriva nello spazio – fa riscontro una messa in scena lineare, nella quale tutti gli elementi dell’intreccio appaiono in primo piano, e uno stile visuale, se non schematico, certo sobrio e lontano da particolari ricerche di effetto. Efficace in alcune immagini panoramiche, e nella sequenza iniziale, Shibao non valorizza la recitazione dei personaggi, la cui scarsa espressività lascia le emozioni della vicenda a livello superficiale, che restano legate unicamente alla successione dei colpi di scena.
Da questo primo numero, The Last Space Race appare quindi un’opera leggera, di alta leggibilità, probabilmente piacevole per i fan di genere, ma priva di particolari spunti.
Sparrowhawk è una miniserie in cinque numeri creata e scritta da Delilah S. Dawson, per i disegni di Matias Basla che racconta il viaggio della protagonista Artemisia attraverso una dimensione fantastica, nella quale è stata catapultata da uno dei suoi abitanti più malvagi, la Unseelie Queen. La Regina si è sostituita ad Artemisia nell’Inghilterra del XIX secolo e la ragazza umana deve sopravvivere in un mondo nel quale l’unico modo per acquisire abbastanza energia per tornare al proprio è uccidere. Guida di Artemisia è Poppet, una piccola creatura che in cambio di ogni aiuto le chiede un ricordo.
Segnato da un inizio denso di dialoghi che introducono scenari e personaggi, Sparrowhawk si presenta come un fantasy dai temi e luoghi classici, ma amalgamati e messi in scena con grande vividezza. Il design di Basla valorizza sia l’alterità della dimensione fantastica, con le sue creature multiformi, nelle quali rintracciamo facilmente derivazioni molteplici dai manga ai videogiochi passando per la bédé, sia le espressioni dei personaggi. Il suo tratto nitido separa nettamente ogni elemento delle immagini e dona concretezza e vita alle scene pur sfruttando una bassa definizione dei dettagli.
Il meccanismo del potenziamento dei personaggi (energia per uccisioni) è superficialmente videoludico ma dal punto di vista narrativo contribuisce a suscitare un’atmosfera di ambiguità morale, resa ancora più inquietante dalla possibilità di barattare consigli di sopravvivenza per ricordi. Al centro della vicenda è quindi il senso di identità, che già nelle prime tavole emerge in forza del non conformismo della protagonista e che l’avventura nel mondo fantastico mette in scena come lotta per la sopravvivenza in un mondo tutto da capire.
Di seguito, le copertine delle altre novità degli editori indipendenti.
Esclusive Comixology
Siamo arrivati al consueto appuntamento con Simone Rastelli e le esclusive Comixology.
Il primo numero di Warpaint – serie firmata da Kev Sherry (testi) e Katia Vecchio (disegni) – è un lungo flashback sugli anni di scuola di Selene McCool, ragazzina dalla forte personalità, capace di aggregare e insofferente alla prepotenze. È lei che impariamo a conoscere, con le sue passioni, il suo carattere estroverso e deciso e le sue lotte quotidiane; gli altri personaggi restano sullo sfondo, gregari o oppositori ma sempre definiti in maniera netta tramite il rapporto con lei.
Ricco di dialoghi, il racconto procede in maniera lineare, approfondendo la personalità di Selene attraverso le sue azioni: dalla sua contrapposizione ai bulli della classe alla serata di consesso delle streghe, organizzata con altre due amiche nel comune giorno di mestruo. Visivamente, Warpaint sfrutta una vera e propria linea chiara, con tratto sottile a definire ogni elemento, bassa definizione dei dettagli e dominanti cromatiche a trasmettere l’atmosfera delle varie scene.
Il lungo flashback è innescato da una lettera che un’amica di Selene ha scritto a Sophie Ember, una delle due amiche del cuore della ragazza, che insieme a lei componevano il trio di “streghe”.
Vista la chiusura di questo primo numero, è difficile dire come continuerà la serie, ma la leggerezza e fluidità dello stile della narrazione, la semplicità con la quale evoca la luce stessa dell’adolescenza, le sue passioni e le sue difficoltà lascia comunque alte aspettative.
Il programma di Panacean, serie creata e scritta da Justin Richards e Tom Charles Bair III, qui supportati da Leeaan Hamilton (disegni) e Jesse Samper (colori) – è raccontare la vita nella città ipertecnologica di Panacean attraverso una serie di storie individuali. Questo primo albo segue le vicende di Alis, bambina dodicenne che i genitori affidano per una settimana a una zia, per partecipare a una sorta di ritiro spirituale in vista di una decisione. Poiché Alis si convince che i genitori vogliano abbandonarla, fugge dalla casa della zia insieme a Bunny, l’androide che la sorveglia. Insieme ad Alis e Bunny viaggiamo attraverso i quartieri di Panacean, per poi uscire dai suoi confini ed entrare nei sobborghi, dove vive un’umanità varia e disperata, in un contesto di anarchia e violenza.
Il racconto è dall’inizio alla fine avvolto in una luce fredda e cupa, che rende l’atmosfera via via più pesante; Richards e Bair raccontano con distacco e le emozioni sono interamente affidate alla recitazione di Alis e alla sua interazione con Bunny: sorpresa e senso di scoperta costituiscono il filo rosso della storia e, seppure gli elementi della vicenda sono sicuramente familiari agli appassionati di genere, il trattamento dei due personaggi guida sviluppa rapidamente una forte empatia con il lettore.
Visivamente, oltre che dalla caratterizzazione cromatica, l’efficacia del racconto si basa sui grandi occhi di Alis e la resa degli esterni della città e della periferia. La sensazione dominante, nonostante la presenza di edifici e persone, è quella di un vuoto, che da impressione spaziale diventa rapidamente sintomo dell’assenza di calore umano.
In conclusione, Panacean appare un progetto decisamente molto interessante, da seguire nella sua evoluzione.
Siamo giunti alla conclusione della puntata. L’appuntamento è tra due settimane, mercoledì 31 ottobre con First Issue #34.
Stay tuned!
[Un ringraziamento al nostro Paolo Garrone, che cura la gallery delle cover su Facebook per ogni puntata di First Issue.]