Far from Home: Spider-Man lontano da casa, vicino al cuore

Far from Home: Spider-Man lontano da casa, vicino al cuore

Il personaggio fumettistico di Stan Lee e Steve Ditko torna nei cinema, con il secondo capitolo organico al Marvel Cinematic Universe. “Spider-Man: Far from Home”, divertente avventura assolo del nostro amichevole “Uomo Ragno di quartiere” nella vecchia Europa.

Il giovane Peter Parker va in gita scolastica in Europa e non ha occhi che per la sua compagna, Michelle Jones. Ha un piano per conquistarla: nella romantica cornice del Canal Grande di Venezia, o meglio ancora in cima alla Torre Eiffel, troverà il coraggio per dichiararle la sua passione. Ma se Peter ha le sue legittime aspirazioni da teenager, Spider-Man, da Avenger ormai veterano, ha altrettanti obblighi da assolvere nei confronti del mondo intero, come gli ricorda il colonnello Nick Fury.

Insomma, in Far from Home non siamo lontani dal primigenio concept fumettistico con cui Stan Lee e Steve Ditko ci hanno regalato a partire dagli anni Sessanta una delle più originali e felici interpretazioni dell’archetipo moderno del supereroe:

“Da grandi poteri derivano grandi responsabilità”.

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Il regista Jon Watts e la squadra di sceneggiatori sono abili nel revisionare, con leggerezza e ironia, la fabula originaria, secondo i dettami ormai consolidati del Marvel Cinematic Universe. Anche nella nuova pellicola si prosegue nel “ringiovanimento” della mitografia ragnesca iniziato con la fugace, quanto folgorante apparizione di Spidey in Captain America: Civil War, e proseguito con successo in Spider-Man: Homecoming. Più che di “Spider-Man” dovremmo parlare di…

Spider-Boy

L’accentuata caratterizzazione “teen” del personaggio, incarnata dall’accattivante sorriso di Tom Holland, risponde alla logica del Marvel Cinematic Universe: attribuire a ogni personaggio/franchise fumettistico un’identità filmica coerente e complementare con quella degli altri supereroi.

Il nuovo, giovane, Spider-Man ci viene raccontato, per differenza dagli (adulti) Avengers, non come un eroe “fatto e finito”, ma come un ragazzo con super-problemi ancora in cerca di un suo posto nel mondo. In questo senso, è interessante notare come la parola Home torni in entrambi i titoli delle pellicole: la “casa” ovvero il luogo intimo, familiare, da cui tutti partiamo, da ragazzi, per poi – una volta cresciuti – cercare altrove la nostra collocazione/identità.

Far fro

In Homecoming, Peter smania di lasciare il tetto di casa e l’adorata Zia May, per realizzarsi come supereroe. In Far from Home assistiamo al movimento narrativo e psicologico opposto. Peter Parker è in parte maturato, vivendo nei panni di Spider-Man le avventure mirabolanti, a lungo sognate, ma il prezzo – raccontato sia nel film precedente sia in quelli degli Avengers – è stato davvero alto.

Così, nelle prime scene del nuovo film Peter ci appare tormentato e inquieto: non può nascondere sotto la maschera da supereroe gli scompensi ormonali ed emotivi che lo turbano. Anzi, “lontano da casa”, in viaggio con gli amici e l’amata MJ, ecco che quel super costume che Nick Fury lo invita responsabilmente a indossare per salvare il mondo, gli appare una “divisa” soffocante, un peso insostenibile per un ragazzo che aspira al primo bacio, al cazzeggio con i compagni di scuola, alla normalità da teenager.

Spider-Mask

Che Thanos schiocchi mortalmente le dita se vogliamo spoilerare alcunché ai lettori, ma pensiamo si possa notare con interesse che, nel corso di Far from Home, Peter Parker viva un rapporto perennemente conflittuale con il classico costume. Nelle varie fasi dell’avventura è costretto nell’ordine: entrare in azione senza indossarlo, adottarne uno alternativo, infine procurarsene un altro completamente nuovo. Di base, regista e sceneggiatori hanno costruito su questa attività “simil Fregoli” di Spider-Man (spogliarelli compresi) una delle tante gag riuscite della storia. E non c’è dubbio che il variegato guardaroba eroico sfoggiato da Spidey nel film sarà una manna per il licensing di giocattoli e affini. Ma, in termini narrativi, la gag a nostro avviso rappresenta anche una cartina tornasole di quanto il Marvel Cinematic Universe abbia ormai raggiunto una totale autonomia espressiva ed estetica, rispetto all’immaginario dei fumetti.

Far from Home 8

Nei comic book sarebbe quasi “impensabile” scorporare il supereroe dalla sua divisa, tanto per ragioni narrative, quanto grafiche. I costumi variopinti sono da sempre un dispositivo di immediata visibilità e riconoscibilità dei supereroi sulla pagina disegnata (sul tema, cfr. sempre su “Lo Spazio Bianco”: “Quando il Ragno vestiva di nero“) .

Nel cinema questa esigenza appare meno cogente o comunque mitigata da altre funzionalità. Nel caso di Far from Home, il costume va e viene esattamente come il cô puramente superomistico che è una delle dimensioni del film, ma non l’unica e nemmeno la più importante.

Spider-Movie

Il nuovo film di Spider-Man è soprattutto una riuscita teencomedy, dal taglio romantico. Perfino la tendenza al “battutismo”, marchio stilistico del Marvel Cinematic Universe talvolta stucchevole in altri film, qui trova una sua compiuta dimensione nell’ironia e (auto)ironia di eroi e comprimari. Tutti sono impegnati in gag che ricordano i classici e demenziali trip movie alla Chevy Chase e (nella caratterizzazione dei compagni di scuola) commedie anni Ottanta come Goonies e Stand by Me.

La commistione e gli ammiccamenti di Far from Home ai diversi filoni e generi cinematografici non è una novità in ambito Marvel. Per esempio, Captain America – Il primo Vendicatore era inequivocabilmente un war movie mentre Captain America: The Winter Soldier rimandava alle spy stories degli anni Settanta. I film dedicati a Thor hanno oscillato tra fantasy (Dark World) e fantascienza (Ragnarok). E che cos’è il celebrato Black Panther se non una efficace variante di Bond Film “in salsa Blaxploitation”?

Se eccettuiamo il filone puramente superomistico portato avanti con gli Avengers, la scelta di mixare la componente supereroica dei comics con la tradizione dei generi filmici segnala la piena maturazione della Marvel come studio cinematografico,  ormai portatore ad Hollywood di una sua autonoma poetica mainstream.

Spider-Evolution

In questa prospettiva, si comprende anche il superamento dell’annosa questione della fedeltà/infedeltà delle vicende sul grande schermo rispetto a quelle fumettistiche. Jon Watts & Co possono permettersi di “togliere” trent’anni anni alla zia May, trasformandola dall’ossuta vecchina disegnata da Ditko e Romita nella procace cinquantenne interpretata da Marisa Tomei, perché l’universo cinematografico di Spider-Man vive di vita propria e non di riflesso alle vignette. Così è anche e soprattutto per Michelle Jones – interpretata da una ispirata Zendaya –, la ragazza per cui Peter stravede, che in comune con la Mary Jane Watson dei fumetti ha solo le iniziali.

Michelle è il personaggio che incarna meglio “lo spirito del tempo” con il suo carattere caustico ma anche con le sue fragilità. Una Lisa Simpson in carne e ossa, che, tra una diretta Instagram e un selfie, condivide con Peter oltre al viaggio fisico quello tra nuove e sconosciute emozioni.

Con Far from Home gli Studios e gli autori della “Casa delle Idee” – al di là delle personali valutazioni che possiamo dare del film – dimostrano ancora una volta una piena consapevolezza delle enormi potenzialità del cinema Marvel. Lo testimonia (metaforicamente) anche la scelta di recuperare un personaggio quale Quentin/Beck/ Mysterio, dandogli un vissuto e uno spessore diverso rispetto alla figurina minore di molte storie a fumetti. Merito dell’interpretazione appassionata di Jake Gyllenhaal e di una trama che ci fa riflettere sul senso dell’eroismo nel mondo contemporaneo e su quanto la tecnologia abbia cambiato la nostra percezione della realtà. Si parla di informazione, ma si parla, in maniera implicita, anche del cinema digitale. Quel cinema digitale di cui il Marvel Cinematic Universe e questo nuovo Spider-Man si confermano una delle estensioni pop più produttive e divertenti.

 

1 Commento

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  1. Anders Ge

    17 Luglio 2019 a 22:38

    Ok, tenetevi questa “una delle estensioni pop più produttive e divertent”, io ne faccio volentieri a meno di queste derive sempre più rivolte al basso (non solo di target ma anche e soprattutto di contenuti che non siano solo qualche effetto speciale, seppure indiscutibilmente bello). Per quanto mi riguarda, io di Iron-Spider non ne sento proprio il bisogno. Parere personale, sia chiaro.

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