Black Panther: una perla nera

Black Panther: una perla nera

Il nuovo film Marvel Studios, diretto da Ryan Coogler, grazie alle sue qualità riesce nell'impresa di differenziarsi dal resto della produzione degli Studios, pur incastrandosi perfettamente all'interno del Marvel Cinematic Universe

Black Panther è il diciottesimo film dei Marvel Studios e si colloca nel mezzo della fase tre, appena a ridosso di Infinity War, terzo capitolo della saga Avengers. Oltre all’ovvia funzione di raccontare le origini del personaggio, il film recupera e sviluppa molti elementi narrativi di Captain America: Civil War. È in quella pellicola infatti che T’Chaka, padre di T’Challa e re del Wakanda, rimane ucciso durante l’attentato alle Nazioni Unite, determinando così per successione il passaggio della corona e dei sovrumani poteri derivanti dall’erba a forma di cuore, che trasformano il sovrano del Wakanda in Black Panther.

C’è spazio per tutti

Il dosaggio dello spazio riservato ai diversi attori e la bontà della loro scrittura dei ruoli sono due elementi centrali per la riuscita complessiva della pellicola. A ciascuno viene concesso il giusto spazio affinché possa avere la sua valenza narrativa. Se si esclude una certa leggerezza nella gestione del rapporto tra il capo delle forze speciali Okoye (Danai Gurira) e il suo amante nonché migliore amico di T’Challa, W’Kabi (Daniel Kaluuya), il percorso dei personaggi lungo il film risulta coerente e caratterizzato da una crescita credibile. Il contributo degli attori è fondamentale in questo senso: Chadwick Boseman (T’Challa) e Danai Gurira si calano bene nella parte, soprattutto la seconda, che interpreta un personaggio tutto d’un pezzo, non mancando però di lasciar trasparire efficacemente i momenti di tormento e indecisione. Andy Serkis veste nuovamente i panni del contrabbandiere Ulysses Klaue, fornendo una prova molto convincente, grazie alla sua capacità di trasmettere la follia che anima il suo personaggio. Michael B. Jordan è il villain  Erik Killmonger, e appare anche lui in parte nel suo personaggio sopra le righe, spinto da una inesauribile voglia di riscatto. Si tratta di un personaggio fortemente carismatico e determinato, caratteristiche restituite alla perfezione da Jordan, che si candida ad essere uno degli antagonisti meglio scritti e interpretati dell’Universo Marvel. Le star Forest Whitaker (Zuri) e Martin Freeman (Everett Ross) si limitano all’ordinaria amministrazione.

Wakanda, Silicon Valley… o New Orleans

Il vibranio, elemento che permea tutta l’avanzatissima tecnologia del Wakanda, è rappresentato in maniera tale da restituire visivamente l’origine aliena del metallo, e nel contempo si rivela elemento narrativo importante, perché Shuri, la sorella di T’Challa, è la studiosa più eminente degli utilizzi del vibranio e le sue trovate ingegneristiche sono decisive nel corso del film, ricordando in certi frangenti il personaggio di Q della saga di 007.
Nota di merito anche alla colonna sonora, che riceve una bella spinta dalle influenze tribali africane e si affranca così dall’essere il solito insieme di temi musicali del tutto dimenticabili. I pezzi che compongono la soundtrack, curata da un grande nome come Kendrick Lamar, che firma anche alcuni brani, sono molto azzeccati e non è difficile prevedere che riscuoterà un grande successo.

Cosa non va

Gli elementi negativi del film sono circoscritti perlopiù a questioni tecniche. Il primo appunto può muoversi alla realizzazione delle scene di azione, che rendono giustizia alle capacità di Black Panther solo in parte. L’esordio in notturna del supereroe non convince per lo stile di ripresa troppo movimentato, mentre lo scontro finale appare un po’ fiacco nel suo svolgimento, nonostante le riprese stavolta permettano di poter apprezzare appieno lo svolgersi delle coreografie di combattimento. Nel mezzo, invece, si assiste a combattimenti più curati sotto tutti i punti di vista, con menzione particolare alla sessione di inseguimento in Corea, ben costruita e soprattutto ben girata. Lungo tutta la pellicola, però, si storce il naso per alcune imperfezioni di montaggio, con stacchi troppo bruschi soprattutto in occasione dei cambi di scena. Il difetto peggiore è però nel doppiaggio. È risaputo che i doppiaggi italiani tendono a privilegiare le voci, che spesso sovrastano i rumori ambientali. In questo caso, però, nelle scene d’azione il volume delle voci dei personaggi era addirittura più alto dei rumori delle esplosioni, tanto da far pensare a un problema tecnico dell’impianto audio della sala. Neanche Black Panther è poi esente dalla tendenza degli Studios a inserire nella sceneggiatura delle battute umoristiche, che forse nelle intenzioni vorrebbero stemperare la tensione, ma che si rivelano del tutto fuori luogo.

Al centro del Marvel Cinematic Universe

Circoscrivendo il giudizio nell’ambito dei film di supereroi, e non in termini assoluti, Black Panther è come una gemma incastonata nel Marvel Cinematic Universe. Per la sua unicità, prima di tutto: è un film maturo e consapevole del messaggio che veicola, che riflette in maniera intelligente sul significato delle radici, sul valore del riscatto, che mostra un eroe capace di mettere continuamente in discussione le sue convinzioni, che manifesta la necessità di misurare continuamente il suo rapporto con il proprio passato, ma anche la corona e le pesanti responsabilità che da essa derivano.

Da questo punto di vista, la mitologia di Black Panther è per Coogler il corollario ideale del suo precedente lavoro: gli stessi temi del riscatto e del confronto con le eredità gravose del passato sono infatti gli elementi centrali di Creed – Nato per combattere, che qui si sublimano.
Di più: ci sono riflessioni sulle questioni razziali, sull’abbandono, sulla voglia di rivalsa, c’è una spiccata e decisiva presenza femminile, tutte componenti che rendono il nuovo titolo Marvel un film politico, che prende delle posizioni e affronta temi preclusi a molti titoli di genere. Se è vero che le caratteristiche peculiari del personaggio permettono facilmente di sviluppare riflessioni del genere, è vero anche che gli esiti sono tutt’altro che banali.

Un altro aspetto interessante di Black Panther risiede nel fatto che, nonostante la pellicola si elevi sulle altre del MCU sotto diversi punti di vista, riesce comunque a inserirsi nell’universo cinematico in maniera del tutto coerente, impreziosendolo. La chiave narrativa è certamente la presenza del vibranio nel territorio del Wakanda: attorno al prezioso metallo ruotano molte delle vicende già narrate nei film precedenti, che qui trovano compiutezza, chiudendo alcune linee narrative rimaste in sospeso e sviluppandone altre al contempo.

Tirando le somme, Black Panther si colloca tra gli episodi meglio riusciti di tutti i film Marvel. Ryan Coogler lo gira con intelligenza, confermandosi regista di grande talento dopo l’ottimo Creed. Diverse sono le sequenze ispirate, come il combattimento di T’Challa per confermarsi sovrano, o il già citato inseguimento in Corea del Sud. Trainato da una storia ben scritta (dallo stesso Coogler con Joe Robert Cole) è una pellicola che si pone domande importanti e le mette in scena con coraggio, che unisce l’introspezione alla spettacolarità, come ogni film tratto dai fumetti dovrebbe fare.

Abbiamo parlato di:
Black Panther
Sceneggiatura di Ryan Coogler e Joe Robert Cole
Regia di Ryan Coogler
Interpreti: Chadwick Boseman, Michael B. Jordan, Lupita Nyong’o, Martin Freeman, Andy Serkis, Danai Gurira, Forest Whitaker
Marvel Studios, febbraio 2018
Durata: 134 minuti

1 Commento

1 Commento

  1. Serena

    15 Febbraio 2018 a 13:12

    Black Panther è bellissimo. Secondo me è il migliore film Marvel.

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