Quando il Ragno vestiva di nero

Quando il Ragno vestiva di nero

Tutti ricordano Spider-Man con il celebre costume rosso e blu indossato fin dagli esordi, anche se negli ultimi anni l’Uomo Ragno ha variato più volte il suo look. Il più celebre restyling resta quello in “nero” degli anni Ottanta, destinato a fare epoca da molti punti di vista, espressivi e...

Faceva una certa impressione vederlo così: una silhouette scura su sfondo colorato, quasi un buco nero scoppiato sulla quadricromia della stampa. Per chi, per venti anni, l’aveva visto volteggiare tra le vignette dei comic book e tra i grattacieli di New York, in rosso e blu, la prima copertina con Spider-Man in calzamaglia nera fu un vero shock visivo. Era l’effetto che gli autori della Marvel Comics volevano ottenere con quella trovata: stupire, incuriosire, rendere davvero memorabile la maxi-saga delle Guerre Segrete (1984), in cui per la prima volta l’eroe abbandonava il costume tradizionale.

Nel corso di una guerra sul pianeta alieno, scenario della vicenda, l’Uomo Ragno si ritrova infatti con la classica calzamaglia ridotta a brandelli e ricorre alla misteriosa tecnologia locale, ricavandone un’inedita tuta, nera e bianca. Il nuovo costume aderisce alla mente oltre che al corpo di Peter, consentendogli un controllo telepatico dei dispositivi. Ma, storia dopo storia, la nuova “pelle” si rivela qualcosa di più di un manufatto tecnologico. Si tratta di un organismo vivente, un simbiota (parassita) il cui scopo ultimo consiste nell’impadronirsi del corpo ospite. Solo al termine di una durissima lotta Spider-Man riuscirà a liberarsi dell’alieno. Ma l’extraterrestre, tutt’altro che domo, prenderà possesso del corpo del giornalista Eddie Brock, dando vita a un nuovo spietato nemico dell’Uomo Ragno: Venom.

Se la trama vi sembra strampalata, vuol dire che non frequentate spesso casa Parker – e i comic book di supereroi in generale – , perché in effetti rispetto a tante storie successive, la prima saga del costume nero  vanta una sua compiutezza. Comunque qui, più che la qualità estetica del plot, interessa la qualità espressiva dell’operazione. Jim Shooter e gli altri scrittori coinvolti nel progetto hanno di fatto segnato con questa saga una svolta fondante nella serialità del personaggio e, forse andando oltre le stesse intenzioni autoriali, marcato una significativa evoluzione del genere.

Vale la pena, in questo senso, ragionare su cosa rappresenti il costume nella mitologia del supereroe. Basta tornare agli esordi di Spider-Man per rendersene conto. Quella calzamaglia rossa e blu Peter Parker se l’era cucita in casa nella sua prima apparizione fumettistica su “Amazing comics n°15” nel 1962. Accade a pagina 6: Peter reduce dalla sua prima esibizione come fenomeno da baraccone, decide di fabbricarsi una veste sensazionale, proclamando: “…I have the powers of a Spider, I’ll design myself a Spider costume!”

La calzamaglia, insomma, aderisce come una “seconda pelle” narrativa alla serie. Un momento topico del racconto che la ridondanza visiva della tuta contribuisce a ribadire poi, in termini seriali, in ogni avventura del personaggio. In primo luogo, il costume offre un’immediata identificazione plastica all’eroe. Se ciò accade in qualsiasi fumetto – i personaggi di carta tendono sempre a vestire una divisa seriale d’ordinanza – nel comic book di supereroi, genere dove tutto è votato alla spettacolarità della rappresentazione, il colore abituale di una certa forma aiuta l’occhio a districarsi tra il dinamismo estremo di corpi e linee. Anche in una caotica sequenza di lotta, dentro una tavola frenetica, la silhouette rossa e blu di Spider-Man possiede un’istantanea visibilità.

Oltre al colore, un altro aspetto importante dell’indumento è la foggia figurativa. Ivan Baio ci ricorda, ad esempio, nel suo sorprendente studio della simbologia superomistica (Supereroi™), di come la presenza dell’emblema sul costume funzioni da insegna permanente delle qualità sovrumane del supereroe. La Palisse regna sovrano, tanto nel caso di Spider-Man, con l’aracnide pettorale su una tuta decorata di ragnatele, quanto in quello di Superman con la leggendaria “esse” sul petto. Da questo punto di vista, il cambio di calzamaglia del 1984 segna un altro scarto visivo, oltre a quello cromatico. Il segno del ragno non resta più confinato sul petto ma deborda sull’intera figura, domina il corpo dell’eroe e, dunque, l’intero racconto.

Volendo stabilire un parallelo, non tanto peregrino, tra mito antico e mito superomistico moderno, il costume costituisce l’equivalente grafico delle formule esornative dell’Epica, quando il nome dell’eroe era sempre accompagnato nella scena da un aggettivo che ne designava le qualità: “Achille pié veloce, Ulisse l’astuto, etc.”. Così come il mito aveva la necessità di rendere facilmente identificabile il personaggio in poche battute, per tramandarne le gesta a livello orale, così, nel comic book, la ridondanza grafica del costume permette di ribadire, in modo sintetico ed efficace, le caratteristiche salienti del personaggio di episodio in episodio.

Marco Arnaudo (Il fumetto supereroico) ha sottolineato in questo senso anche le valenze sciamaniche della maschera supereroica: metafora visiva delle facoltà ultraterrene che il superuomo “stregone” manifesta. Questa connotazione ritorna, ad esempio, anche in un recente ciclo delle storie di Spider-Man. In cui lo scrittore J. Michael Straczynski ha riscritto le origini del potere di Peter Parker in rapporto all’intercessione del Dio africano Anansi. Se teniamo, poi, presente che la calzamaglia racchiude una serie di dispositivi essenziali al potere di Spider-Man, i celebri “spara ragnatele”, ci rendiamo conto che il costume assolve la funzione che nelle fiabe hanno gli oggetti magici, veri e propri aiutanti dell’eroe. Nella saga del costume alieno, anche questa valenza viene stravolta: l’indumento si trasforma da aiutante ad antagonista, prima interno e poi esterno, nella forma di Venom.

Più di tutto, comunque, rimanendo alla dimensione seriale, il costume vanta un ruolo centrale nella mitologia di Spider-Man perché è il dispositivo figurativo attraverso cui il comic book marca il passaggio visivo nella scena tra l’esistenza di Peter e l’entrata in azione dell’Uomo Ragno. I supereroi ereditano, infatti, calzamaglia e volto nascosto dai paladini mascherati della letteratura d’appendice (la Primula rossa, Zorro, the Shadow, etc.), protagonisti dall’identità sdoppiata, divisi tra vissuto privato e mission pubblica. Nel comic book, questo sdoppiamento diventa conflitto drammaturgico, che si manifesta nelle vignette quando l’eroe è obbligato a spogliarsi dell’ordinario per entrare nello stra-ordinario dell’azione. Tant’è che Peter Parker & company finiscono per indossare il costume sotto i vestiti di tutti i giorni. Il superpotere è una “pelle segreta per rivelarsi al mondo”, come l’ha definita con un acuto paradosso lo scrittore Michael Chabon.

L’intuizione (felice dal punto di vista editoriale) di Stan Lee e Steve Ditko, nel creare Spider-Man, sta nel far slittare questo conflitto narrativo tra privato/pubblico, da un livello adulto ad una dimensione adolescenziale ancora più appassionante per un pubblico giovanile. Per Peter Parker, il costume costituisce l’ultimo, e intimo, confine tra la normalità di teenager ed il peso etico, maturo, di quei “grandi poteri” da cui non possono che derivare, kennedianamente, “grandi responsabilità”. Le storie più riuscite del personaggio oscillano sempre tra le due dimensioni. Pensiamo, ad esempio, al ciclo drammatico della morte di Gwen Stacy per mano del primo Goblin. E’ Spider-Man in costume a lottare con l’arcinemico sul ponte di Brooklin, ma alla fine è un Peter senza maschera, con il volto stravolto dal dolore, a piangere la perdita del suo grande amore.

La saga del costume nero incide su questo piano di scrittura “personale” dell’eroe: quando la mente di Peter inizia ad essere corrotta dal parassita alieno, il protagonista finisce per perdere il controllo del costume e con esso della sua stessa vita privata. Non che non ci fossero state in precedenza svolte drammatiche nella serie, già da tempo orfana dei tratti scanzonati delle origini. Ma, alla fine, il costume rosso e blu era sempre lì a confermare plasticamente l’esistenza di un nucleo identico della serie. Il cambio “in nero” modifica il patto di fiducia tra serie e pubblico: pur di sorprendere il lettore, si è pronti a trasformare il personaggio. In seguito, il nostro affezionato Uomo Ragno di quartiere ha ritrovato il guardaroba tradizionale, tuttavia il suo DNA seriale ha ormai assunto nei propri cromosomi narrativi una impostazione diversa rispetto al passato. Il cambiamento figurativo, da eccezione aperiodica, si è fatto regola ciclica, con una tendenza peraltro comune a tutto il genere. Peter Parker si è sposato, quindi ha scoperto che i genitori non erano morti come si era sempre pensato… Lui stesso non era il Peter Parker originale ma un suo clone… Venom ha originato Carnage …E un eroe che non aveva mai cambiato costume in vent’anni, da allora ne ha cambiati tanti. Troppi? Difficile dirlo. Oggi non c’è nemmeno più Peter Parker dietro la maschera. Ma questa, come dicono i narratori di mestiere, è un’altra storia.

 

Bibliografia di riferimento

Arnaudo Marco, Il fumetto supereroico – Mito, etica e strategie narrative, Tunué, 2010
Baio Ivan, Supereroi™ – araldica e simbologia mitica dell’eroismo, Tunué, 2006
Barbieri Daniele, “Supereroi & Sons”, in Star Magazine, 23, 1992 (Edizioni Star Comics)
Chabon Michael, “Secret skin. An essay in unitard theory” in New Yorker, 10 Marzo 2008
Coogan Peter, Superhero: The Secret Origin of a Genre, MonkeyBrain Books 2006
D’Angelo, Marco, “Citizen Spirit: oltre la maschera.” (https://www.lospaziobianco.it/18633-Citizen-Spirit-maschera)
Lupoi Marco Marcello, “Le strategie del ragno” in I mille volti del supereroe, Daniele Brolli (a cura di), Star Comics, 1991
Mattozzi Alvise, “L’inversione dei supercorpi. Il corpo del supereroe tra azione e passione” in Daniele Barbieri (a cura di), La linea inquieta. Meltemi. 2005.
Mattozzi Alvise, “Innovating Superheroes” in Reconstruction, 2 (http://reconstruction.eserver.org/032/mottazzi.htm)
Richard Reynolds, Super Heroes: A Modern Mythology, University Press of Mississippi1994.
Semprini Valentina, Bam!Sock! Lo scontro a fumetti, Dramma e spettacolo del conflitto nei comics d’avventura, Tunué, 2006

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