Make Mine Marvel! – Jack Kirby negli anni ’60
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Make Mine Marvel! – Jack Kirby negli anni ’60

I Layout di Jack Kirby (Fig. 1)

Spesso – anzi , sempre – quello che troviamo all’interno di un fumetto è frutto di un compromesso tra l’intento comunicativo dell’artista e i limiti che il mezzo stesso gli pone davanti. Abbiamo già visto come dei limiti intrinseci al linguaggio del fumetto (immagini statiche, mancanza del suono) abbiano costretto gli autori a inventare soluzioni che si sono trasformate in grammatica e lessico del medium stesso.
Ci sono poi artisti che si sono dovuti confrontare con degli ulteriori limiti più banalmente produttivi e cartotecnici. Nei primi anni ’60, Jack Kirby si trovò a dover realizzare per la Marvel una grossa mole di pagine a fumetti: le vite editoriali di Fantastici Quattro, Thor, Hulk, i Vendicatori e altri eroi dipendevano mensilmente dal suo lavoro. Di fronte a una sfida così impari è normale che un professionista cerchi di facilitarsi il lavoro in modo da poter portare a casa la pagnotta e per questo motivo il Re si affidava principalmente a una serie di griglie predefinite, che modificava all’occasione, in modo da avere rapidamente a disposizione delle soluzioni efficaci.

[Due note prima di continuare.
– Sebbene questi siano i layout di riferimento maggiormente usati da Kirby c’è sempre da tener presente che la sua vulcanica personalità e creatività lo portavano comunque a sperimentare costantemente nuove soluzioni alle sfide proposte dagli scarni soggetti di Stan Lee.
– Negli anni ‘60 il mondo dei fumetti statunitensi era significativamente impermeabile alle influenze straniere, per cui tutte le soluzioni che potevano essere mutuabili dal fumetto giapponese, europeo o sudamericano erano perlopiù ignote a Kirby.]

In questo periodo però Kirby era soggetto anche a vincoli di natura più squisitamente fisica, dettati dalla natura stessa del supporto sul quale le sue storie venivano pubblicate: lo standard di lunghezza di una storia era quello di un albo di 20 pagine e, in alcuni casi, queste dovevano essere divise in due racconti separati, entrambi autoconclusivi. Dovendo però lavorare su soggetti che prevedevano uno sviluppo significativamente complesso, e non a delle storie brevi, questo vincolo di lunghezza costrinse Kirby ad adottare maggiormente quei layout più densi di vignette presenti nell’ultima riga di Fig.1.
I primi numeri di Fantastic Four, Journey Into Mistery (che ospitava Thor) e soci erano quindi caratterizzati dalla presenza di fitti reticoli di vignette.

Reticoli che guadagnavano maggior respiro nelle composizioni a 6 vignette che Kirby impaginava di volta in volta in senso orizzontale o in senso verticale a seconda delle necessità narrative: utilizzare vignette disposte orizzontalmente gli permetteva di ottenere una certa fluidità nella narrazione mentre quelle verticali erano fondamentali laddove le figure all’interno delle vignette descrivevano un movimento orientato verso l’alto o il basso.

È in questo periodo che The King sviluppa e perfeziona quelle sequenze che sarebbero poi state rinominate Kirby Triple: una singola striscia di tre vignette che introduceva nel mondo del fumetto degli espedienti tipicamente cinematografici.
Come la rappresentazione della trasformazione di Bruce Banner in Hulk in Incredible Hulk #3 nel quale il corpo, dapprima rannicchiato, dello scienziato si estende e cresce rubando progressivamente spazio alle didascalie.

Incredible Hulk #3

L’uso dello Staccato come strumento per aumentare la drammaticità dell’azione rallentandola ed enfatizzandola come nell’arrivo del terribile Mongu su Incredible Hulk #4

Incredible Hulk #4

O, sempre dalla stessa pagina di Incredible Hulk #4, la progressione dell’atterraggio della nave di Mongu con l’inquadratura in semisoggettiva del carrello.

Incredible Hulk #4

E, per finire, l’efficace quanto drammatica zoomata alla Kirby.

Chiunque abbia un minimo di familiarità con il lavoro di Jack Kirby però sa benissimo che la sua cifra stilistica era quella della magniloquenza, quella stessa cifra che lo avrebbe in futuro portato ad architettare delle tavole grandiose composte da una singola ed enorme vignetta “spalmata” su due pagine (a questo proposito è interessante andare a guardare anche il lavoro di Jim Steranko e dei suoi epigoni) che già aveva sperimentato durante la sua collaborazione con Joe Simon su Captain America.

Approfittando così dagli ampi spazi concessi dal Marvel Style (metodo creativo che vedeva Stan Lee scrivere un soggetto di un paio di pagine che successivamente Kirby avrebbe sceneggiato e disegnato per poi passare il tutto allo scrittore per l’aggiunta dei dialoghi)  l’autore cominciò pian piano a prendersi lo spazio che desiderava inserendo vignette progressivamente più grandi all’interno di layout sempre meno densi. Sempre più frequentemente venivano inserite delle vignette widescreen all’interno della griglia classica aumentandone così il respiro e la cinematograficità.

Fantastic Four #39

Nel 1965 il graduale passaggio a una visione più “kirbiana” del fumetto Made in Marvel si evidenzia soprattutto sulla testata dei Fantastici Quattro: dal numero #39 al #43 le storie cominciano ad assumere un respiro più ampio, a concatenarsi tra loro, e prendono maggiormente la forma del fumetto seriale così come lo conosciamo. Il maggior spazio concesso da archi narrativi più lunghi – i numeri dal #41 al #43 vedono i nostri eroi combattere i Terribili Quattro in una trilogia di storie – permette a Kirby di dare finalmente sfogo alle sue costruzioni più ardite e dinamiche. Lo scontro tra La Cosa e il Dottor Destino al Baxter Building in FF #40 è sicuramente un esempio di quanto il disegnatore fosse in grado di imprimere il suo passo al racconto.

Qui sopra vediamo due variazioni della stessa impostazione della tavola.
Nella prima, la striscia in basso è occupata per intero dal ritorno di Ben Grimm alle sue fattezze mostruose e più prettamente supereroiche. Il momento è tanto drammatico quanto atteso e viene sottolineato dalla lenta progressione dell’azione all’interno della tavola che per molti versi è simile al Kirby Triple visto sopra in cui l’accento viene posto sull’ultima, determinante, fase della trasformazione: la grandezza della vignetta e le linee cinetiche esprimono l’importanza del momento.
Nella seconda tavola vediamo quella che è probabilmente la composizione più rappresentativa dell’arte di Jack Kirby: la griglia a quattro vignette. In linea teorica una griglia così composta, quattro vignette di dimensioni identiche tra di loro disposte simmetricamente sulla tavola, è quanto di più avverso si possa pensare ai fini di una scena d’azione.

Le tavole così uniformemente distribuite vengono infatti usate normalmente per raccontare situazioni più riflessive o descrittive, la lettura scorre in maniera uniforme e lo spazio concesso dalle vignette più ampio permette l’inserimento di didascalie e balloon più carichi di testo. Non a caso Kirby utilizza questo layout nelle Tales from Asgard in appendice a Journey Into Mistery: storie brevi che raccontano in maniera più didascalica il passato del regno di Thor e Odino.

Tales From Asgard

Salta subito all’occhio quindi che l’uniformità della tavola non permette a una vignetta di dominare sulle altre e non si crea quindi quello sbilanciamento grafico che rende l’andamento della lettura più discontinuo e quindi “non-tranquillo”: in poche parole mancano i sussulti che sono caratteristici di una qualsiasi scena d’azione. Altro punto critico, in questo caso di entrambe le tavole, è la mancanza di una vignetta centrale, quella che coglie il primo sguardo del lettore e che detta il tema della tavola: girando le pagine del fumetto l’occhio cade  quindi nello spazio bianco, nel crocevia delle vignette, lasciando lo sguardo del lettore in balia delle immagini circostanti.
Ovviamente queste regole varrebbero se non stessimo parlando di quello che è definito, non a caso, il Re dei Comics. Jack Kirby sovverte la staticità della griglia a quattro vignette grazie alla pura forza dei suoi disegni fino a trasformare i punti deboli sopra elencati in caratteristiche peculiari della sua narrazione. Il disegnatore crea così un flusso continuo di azione, approfittando appunto della fluidità e dell’uniformità dell’impostazione grafica, che non concede pause, e la mancanza di un punto centrale sul quale si possa focalizzare il primo sguardo diventa un punto di forza in quanto il lettore viene a trovarsi, quasi in prima persona, al centro stesso dell’azione, con i suoi occhi circondati da esplosioni, linee cinetiche e inquadrature ardite.

Col passare del tempo Kirby padroneggia sempre di più questa particolare gabbia e già a pochi numeri di distanza (Fantastic Four #61) possiamo ammirare delle soluzioni incredibilmente efficaci e geniali.

In quattro differenti vignette The King è in grado di creare il sussulto di cui sopra a dispetto della omogeneità del layout:

Vign. 1 –  Inclinando l’inquadratura di apertura creando un senso di squilibrio al suo interno.
Vign. 2 – Giocando con la prospettiva, le masse e la profondità di campo dando vita, all’interno di una singola immagine, a una sorta di zoom in profondità che rende efficacemente il movimento e il senso di urgenza della scena.
Vign. 3 – Inserendo un elemento vistoso, circondato da linee cinetiche ed energia crepitante, spostato rispetto al centro della vignetta, di nuovo sbilanciando lo sguardo di chi legge e mantenendo il senso di squilibrio introdotto in Vign. 1.
Vign. 4 – Sfondando la quarta parete con un’inquadratura “alla Hitchcock” nella quale Johnny e Sue guardano in camera generando un senso di tensione e di attesa drammatica che costringe chi legge a girare pagina per dar seguito a quegli sguardi.

La genialità di queste e altre soluzioni possono aiutarci a intuire quanto Jack Kirby fosse, ed è tutt’ora, un artista unico nel suo genere e dell’influenza che il suo lavoro ha avuto sul medium fumetto. Ma ci fa anche riflettere sul fatto che certe soluzioni sono strettamente vincolate all’estro di Kirby stesso e sono difficilmente riproducibili da altri artisti.
Un po’ come Smoke on The Water: che se non sei i Deep Purple hai ottime probabilità di fare la figura dello sfigato suonandola.

6 thoughts on “Make Mine Marvel! – Jack Kirby negli anni ’60

  1. Lectio magistrale kirby lo conosci bene. Grande profondita’ di analisi. Da ragazzino copiavo i disegni del Maestro. Ma non avevo ancora capito che e’ l’unita’ grafica della pagina che conta. Lo hai reso bene e quanti altri sono nati da li’?

    1. Grazie mille Rocco 🙂
      Sì, è arrivato anche l’altro messaggio ma i commenti sono sempre sottoposti a moderazione perché non si sa mai cosa possono scrivere le persone.

  2. Sul sito Fumettologica ci sono una quindicina di tavole inedite dell’adattamento di kirby dellla serie tv “il prigioniero”. Il miglior telefilm della storia a mio avviso. Che ne pensi di quei disegni? E come mai rimasero inedite? Rocco

    1. Si, le avevo viste. Sinceramente so dirti poco sulle motivazioni che portarono la Marvel a cancellare il progetto proprio mentre il primo numero era in corso d’opera. Probabilmente dipende da meri fattori economici. Le tavole di per sé sono quelle del Kirby più maturo e potente, al livello de “in the days of the mob”.

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