Hulk mette in ordine! – Al Ewing e la struttura
Quand’è che una storia ci piace? Quando, al di là di tutte le analisi che si possono fare a posteriori, sentiamo, al primo impatto, che quello che abbiamo letto corrisponde ai nostri desideri? Cos’è che ci soddisfa a un livello intimo sin dalla prima lettura, anche quando questa è distratta e superficiale?
Per rispondere in maniera sintetica possiamo dire che una storia ci soddisfa quando percepiamo che tutto è andato come doveva andare, che il susseguirsi degli avvenimenti si è svolto in maniera congrua alla sua conclusione e che il tutto si è svolto in maniera “giusta”.
Ovviamente, in seconda battuta, siamo qui a chiederci il significato di questo concetto: cosa si intende per “giusto”?
Gotta give the people what they want!
Alla rincorsa della soddisfazione delle esigenze del lettore spesso e volentieri gli scrittori si affannano a dare al pubblico quello che vuole cercando di intercettare le tendenze del momento, le necessità magari e analizzando i feedback che l’attuale società social offre loro. La logica conseguenza di questo atteggiamento è, però, quello annullare il significato stesso della parola autore.
autóre s. m. (f. -trice) [dal lat. auctor -oris, der. di augere «accrescere»; propr. «chi fa crescere»]. – 1. Chi è causa o origine di una cosa, artefice, promotore
(Treccani)
Così facendo passa dall’essere “promotore, artefice” all’essere “seguace”, non crea più nulla e ottiene il risultato opposto a quello cercato: il già visto non intrattiene – ergo non soddisfa – e se la storia proposta dà al fruitore “esattamente quello che si aspetta” risulta noiosa.
L’autore si trova così costretto tra i due fuochi della soddisfazione del pubblico e della necessità autoriale, una morsa dalla quale si può uscire solo in un modo: convincendo il lettore che la storia che sta leggendo è “giusta” pur percorrendo strade che il lettore non aveva previsto o richiesto.
L’autore deve pertanto rispondere a un’esigenza ontologica dell’essere umano: la necessità di sapere che tutto ha un significato, che tutto sottostà a un ordine superiore delle cose.
Una questione di struttura
La narrazione, per soddisfare il lettore, necessita di coerenza, compattezza: tutto quello che viene narrato deve essere in qualche modo significativo ai fini del racconto. Tutto deve essere connesso e organizzato all’interno di una struttura ordinata. Così facendo la narrazione ci permette di sperimentare quell’ordine significativo che cerchiamo costantemente nella nostra vita quotidiana.
È una questione quasi religiosa: si può pensare alla narratologia come specchio fedele della realtà, come chiave di lettura della stessa, se ad esempio si crede a un ordine superiore, un dio che sottende a tutti gli avvenimenti che ci accadono e che diversamente apparirebbero totalmente casuali. Se invece la nostra convinzione è che sia il caos a dominare le nostre esistenze, la narrativa rappresenta il tentativo (super)umano di imporre un ordine alla propria esistenza.
Da qualunque parte la si voglia vedere dunque è indubbio che una narrazione “ordinata”, in cui ogni elemento entri perfettamente nella sua casella dello schema generale, è percepita come “giusta” all’occhio del lettore [tutte le discussioni – per la maggior parte pretestuose – sui fantomatici buchi di sceneggiatura nascono da questa esigenza].
È importante quindi, per un autore che voglia convincere il proprio pubblico, che il racconto espliciti, e in qualche modo tradisca, la propria struttura mostrandola in modo più o meno evidente [dalle parti di Northampton a qualcuno fischiano le orecchie]
***DA QUI IN POI L’ARTICOLO CONTIENE SPOILER SU IMMORTAL HULK #27***
Gabbie e connessioni
Nel Fumetto il primo livello di struttura, quello più evidente, è senza dubbio quello del layout, la gabbia che mostra ed esplicita immediatamente quest’ordine e che talvolta entra a far parte del racconto stesso (come visto QUI). In Immortal Hulk #27 Al Ewing e Joe Bennett decidono di evidenziare la struttura del racconto suddividendolo in tre trame parallele che scorrono su tre binari paralleli nelle tre strisce della pagina.
L’albo si apre quindi con tre Estabilishing Shots che aprono le relative trame.
La distinzione e definizione delle tre ambientazioni viene sottolineata e circostanziata dalle tre didascalie che indicano luogo e ora.
Il fatto che i tre avvenimenti siano collegati tra di loro viene ribadito da due elementi: quello più lapalissiano dell’essere tutti compresenti nella stessa tavola, nello stesso albo e nella stessa storia che stiamo leggendo, e quello più subliminale indotto dall’uso di alcune parole chiave che l’autore inserisce nei balloon.
“Pronti”?
In questa sequenza iniziale, che occupa metà dell’albo in questione, Al Ewing tesse una vera e propria trama fatta di connessioni più o meno esplicite suggerendo a più livelli un macro-discorso, un ordine appunto, che sottende agli eventi narrati.
La seconda tavola, che continua a utilizzare una griglia ordinatissima per rimarcare la presenza di una struttura, continua il lavoro di tessitura visto nella prima ma variando lo schema delle parole chiave: stavolta sono due, “incertezza”, che collega la prima striscia con la seconda e “controllare” che collega la seconda con la terza.
Nella terza tavola lo scrittore comincia a connettere i vari personaggi evidenziando le differenti reazioni degli stessi una volta posti di fronte a situazioni omologhe: nella prima striscia Dario Agger, il minotauro presidente senza scrupoli della megacorporazione Roxxon, si disinteressa degli eventuali rischi della propria operazione mentre Bruce Banner – meglio noto come l’Incredibile Hulk – chiede esplicitamente quale sia il “peggior possibile risultato”: il primo non vuole sapere mentre il secondo lo richiede esplicitamente. Qui la connessione avviene quindi per contrasto ed è strumentale al duplice scopo di legare le due trame e di caratterizzare i personaggi.
La terza striscia viene invece connessa col meccanismo della parola chiave già visto nelle prime due.
La quarta tavola prosegue sulla falsariga della seconda – quella delle due parole chiave – riprendendo il “ready” della prima creando così un’ulteriore connessione, una sorta di circolo, che rimanda a uno schema ancora più ampio rispetto a quello della singola unità della tavola.
Notiamo anche come la pagina si apra con un riferimento alla lotta (“scegliere le proprie battaglie”) che si ricollega all’azione mostrata nell’ultima vignetta della tavola precedente in cui i due dipendenti della Roxxon cominciano, appunto, a lottare tra loro.
Se torniamo indietro e rileggiamo le prime tre tavole possiamo notare come l’ultima vignetta di ogni tavola sia collegata con la prima della successiva: “nothing” e “business”.
Lo schema va avanti così per altre tre pagine con varianti interessanti di quanto esposto finora [per ragioni di opportunità e lunghezza eviterò di annoiarvi con tutti i dettagli] fino ad arrivare a un punto di rottura.
Un nuovo ordine
L’ordine, e la conseguente relativa calma, viene stravolto dall’arrivo del nostro protagonista che irrompe sulle scene come solo Hulk può fare.
Anche l’imperturbabilità ostentata di Dario Agger sembra risentire dell’arrivo del Golia di Giada nella tavola: quest’ultimo non solo esce dalla sua striscia di competenza ma precipita nella striscia sottostante distruggendo lo status quo interno ed esterno al racconto.
Da questo punto in poi il racconto procede su due binari: in cinque spread page Ewing e Bennett mostrano lo smantellamento di un sistema, quello della megacorporazione di cui sopra, sia narrativamente (ovvero ci mostrano come Hulk distrugga il loro complesso) che graficamente, tramite la scomposizione dell’ordine grafico stabilito nelle prime sette pagine.
All’ortogonalità della striscia superiore, ambientata negli uffici della Roxxon, si contrappone l’assoluta scompostezza della parte inferiore della pagina: quello che succede all’interno delle vignette si ripercuote sulla composizione stessa, sulla struttura della gabbia.
Uno smantellamento che procede per quasi metà albo e si conclude nell’ultima pagina, con l’avvio di un nuovo ordine e una parola chiave che si ricollega per significato a quella della prima pagina.
Pronti? Via!