Prima di tutto ciao ad entrambi. Credo che con voi posso permettermi di evitare le presentazioni: il pubblico italiano dovrebbe aver imparato a conoscervi. Siete Pippo e Pluto, giusto?
ALB – Ma sei scemo?
ALE – Io mi faccio molte Pippe, e tu Pluto?
A parte gli scherzi la carriera di Alberto parla da sé ed Alex è, ormai, uno sceneggiatore molto richiesto oltralpe. Ma mi sbaglio o è la prima volta che lavorate insieme? Com’é stato? Avanti facciamo un po’ di analisi di coppia.
ALB – Ho conosciuto Alex a una festa di spogliarelliste, lui stava lavorando come buttafuori. impressionato dalla sua mole, e distratto dalle tipe che si dimenavano dietro di lui, per entrare gratis ho accettato la sua proposta di un one shot di 120 pagine. Arrivato a casa ho realizzato che non mi aveva proposto Cindy e Johanna, ma un fottuto lavoro infinito.
ALE – Sì, era l’unico modo per farlo lavorare con me: prenderlo per il sesso. No, scherzo! Appena parli ad Alberto di pugni e calci (o lo prendi a pugni e calci) accetta di fare di tutto.
Passiamo al fumetto. Se non ricordo male l’idea di una storia one shot è stata una richiesta dell’editore. Come vi ci siete trovati, con una tale mole di lavoro? (Tra l’altro da un po’ di tempo in Francia si tende a pubblicare storie autoconclusive o, comunque, a brevi cicli.)
ALB – A parte i tempi di produzione inutilmente stretti (abbiamo finito il lavoro a fine maggio e ancora non è uscito) mi sono trovato bene. Mi piace il formato stile libro, ti permette di sviluppare una storia completa nella la massima libertà e poi il volume fa figo con le tipe. Credo che, per quanto mi riguarda, questa sarà la strada che vorro’ seguire in futuro, Vertigo a parte.
ALE – Sì, anche per me è la stessa cosa. Avere davanti una valanga di tavole da scrivere non mi spaventa, anzi, mi da un senso di totale e spensierata libertà espressiva. E poi di solito le critiche francesi ai miei volumi sono tutte tipo “carino, ma vediamo come finisce nel tomo 2” oppure “aspettiamo di leggere il volume finale prima di dare un giudizio definitivo” ecc… invece così o lo odi o lo ami.
Che ne dite di raccontarci qualcosa di questo “Come Un Cane”. Il primo nome scelto era Il Monco, cosa si cela dietro la scelta di un protagonista la cui caratteristica prima è la diversità, tanto da essere il titolo originario del volume?
ALB – Personalmente i diversi mi hanno sempre affascinato. gli eroi duri e cazzoni con frasi da telefilm li trovo insopportabili. C’era l’occasione di parlare di un ragazzo che cerca di uscire dal ghetto che lo sta distruggendo, cosi abbiamo provato a raccontare la sua storia. Ancora adesso preferisco il nome Monco, ma non è piaciuto ad alcun editore, eppure il succo della storia è proprio lì, nella definizione di una persona menomata che vive una realtà menomata.
ALE – Adoro i “diversi” perché non hanno mezze misure: la vita è stata stronza con loro, così o soccombono o combattono. La diversità fisica poi, a differenza di quella psicologica, non ha bisogno di spiegazioni: la vedi, c’é, non puoi ignorarla o far finta che non esista. Il diverso ci deve fare i conti sempre e “costringe” anche gli altri a farci i conti sempre. Così anche gli “altri” o ti rispettano per quello che sei o ti sputano in faccia per quello che sei. Soccombere o combattere, insomma.
separatorearticoloL’ambientazione nel mondo del free-fight, in un paese come il Brasile, fa pensare ad una voglia di riscatto, rivincita, personale e sociale. Una scelta ben precisa.
ALB – Oltre al fatto che il Vale Tudo è, per definizione, una disciplina che proviene dal Brasile, mescolare la vita delle favelas e quella del ring è stata un’idea di Alex, la trovo interessante perché la strada è sempre più feroce di qualsiasi ring, in quanto le regole sono più spietate e non ci sono arbitri che possono fermarti quando getti la spugna.
ALE – cacchio Alberto…hai detto tutto. Non ho parole.
Quindi per il protagonista diventa una doppia rivalsa: verso una società che emargina i menomati e per la voglia di scappare dalle favelas?
ALE – Il mix di miseria e diversità è esplosivo per il nostro Paulinho (il monco, appunto). Vuole fuggire da entrambe, ma non può fuggire da se stesso: misero e diverso lo sarà sempre, può solo accettarsi, ma non senza combattere, questo è il punto.
ALB – Direi di sì, scappare in generale da un mondo che ti sta uccidendo.
Da chi è nata l’idea di un simile soggetto?
ALB – Da un negroni di troppo? Boh, sinceramente non ricordo, credo che Alex mi abbia solleticato con l’idea di qualcosa sulla boxe, oltre alla proposta di Cindy e Johanna, ma non giurerei su quest’ultima.
ALE – Alberto, la risposta esatta non doveva essere “da un negrone di troppo?” Comunque sì, è andata più o meno così: da un anno corteggiavo il Ponticelli con storie a dire il vero poco esaltanti, finché un giorno andai a casa sua e notai che era discretamente tappezzata di poster di Bruce Lee e DVD di pugili di tutti i tempi. Sapevo della sua passione per gli sport da combattimento e i negroni, ma non pensavo fosse un problema serio … così gli ho detto, al volo: ma perché non facciamo una storia di lotta? Giuro: mi si è sciolto seduta stante.
L’esperienza di Alberto nelle arti marziali in che modo ha influito o è stata messa a frutto in quest’opera?
ALB – Solo nell’avere una maggior familiarità con le scene d’azione e nel cercare di evitare i luoghi comuni tipici di chi affronta storie aventi per tema le arti marziali. Mi piacerebbe sviluppare ancora il lato umano di chi frequenta le palestre dove si combatte. Dove mi alleno ci sono personaggi con storie pazzesche alle spalle che varrebbe la pena raccontare.
ALE – E io saro’ lì per sceneggiartele tutte! Uahahahaha!
Insieme a Cindy e Johanna, ovviamente.
Per quanto riguarda la parte grafica so che in Francia la pubblicazione è a colori, mentre in Italia avete optato per il B/N. Come mai una simile scelta?
ALB – I tuoi agenti ti hanno informato male. esce a colori pure in italie.
ALE – Sic.
Il fatto che in Italia uscisse in B/N mi arriva da una mail di Alex (Crippa ndr).
ALE – Mi sono sbagliato io, sorry a tutti.
ALB – Si,é vero, infatti la risposta era ironica perché non potevi sapere. quella del colore è una novità dell’ultima ora.
Alberto ha dovuto ritoccare la tavole per la diversa pubblicazione?
ALB – Solo un paio di vignette, ma non per il passaggio da colore a bianco nero, quanto per rendere più coerente una scena che gli editor della premiata ditta BD non ritenevano convincente. Credo che alla fine sia stata la scelta giusta.
ALE – Sic.
Conosco Alberto da un po’ e so quanto ci tiene al modo in cui il suo lavoro viene colorato, come siete arrivati ad Oscar Celestini?
ALB – è bravo, e non se la tira (merce rara tra i coloristi della nouvelle vague) e poi è pazzo: ha colorato 120 pagine in, credo, due o tre mesi al massimo. A lui dobbiamo tantissimo, perché ha permesso di mantenere i ritmi assurdi imposti dai francesi senza mai lamentarsi e in più ha tenuto una qualità alta e costante. è un figo, se fossi donna me lo farei.
ALE – Bravo, pratico, bello e veloce. è… Oscarrrrr!!!!!
Riferimenti
Il blog di Alberto Ponticelli www.albertoponticelli.com
Edizioni BD: www.edizionibd.it