Walter Leoni: la satira, il gran guinigi e i playmobil

Walter Leoni: la satira, il gran guinigi e i playmobil

Con "SS Tata" Walter Leoni, autore satirico di 45, anni si è cimentato per la prima volta con una graphic novel ricca di spunti di riflessione e di una spietata critica alla società moderna.

parliamone

Walter Leoni, autore di SS Tata, edito da Edizioni BD, ha vinto il premio Gran Guinigi 2020 come migliore esordiente. Disegnatore satirico, a 45 anni si è cimentato per la prima volta con una graphic novel, riuscendo a creare un’opera divertente, ricca di spunti di riflessione e di una spietata critica alla società moderna.

Che cosa si prova a vincere a 45 anni il premio come esordiente?
Stupore, per lo più, tanto che all’inizio pensavo a uno scherzo crudele ai danni di un anziano. Ad averlo saputo avrei esordito prima! Non me l’aspettavo, anche perché il volume è uscito in piena pandemia e quindi non sapevo che riscontro avrebbe avuto. Essendo poi alla prima esperienza non avevo alcun termine di paragone.

Parli di prima esperienza, ma ti riferisci alla tua prima volta come autore di un libro, perché tu hai una lunga esperienza di collaborazioni con diverse riviste e anche col sito Fanpage.it.
Si, lavoro come vignettista e realizzo fumetti satirici per vari giornali e riviste. Ho lavorato tanto nel sottobosco dei disegnatori.

Cosa intendi per “Sottobosco dei disegnatori”?
Ho lavorato per aziende, ho realizzato storyboard, manuali, illustrazioni… Tutta una serie di lavori nei quali non hai visibilità come autore, che spesso nemmeno firmi e nei quali non disegni o racconti ciò che vuoi, ma ciò che ti chiedono.

In SS Tata è quindi anche un tuo “urlo” di libertà creativa?
Si, lo è stato. Volevo fare qualcosa che fosse finalmente mio, pubblicare una storia mia che raccontasse un po’ di me e di come vedo il mondo. Lo facevo già con la satira, ma sentivo l’esigenza di avere dei personaggi miei con i quali avrei passato il tempo più volentieri che non con qualche politico nostrano o internazionale.

calvin e hobbes5Il fumetto, come lettore, ti ha fatto compagnia nella tua crescita personale?
Sono cresciuto con le strisce umoristiche. Da Mafalda di Quino a Calvin & Hobbes di Watterson ho sempre invidiato quegli autori che hanno inventato dei loro personaggi. Ma le strisce sono un mercato difficilissimo in Italia. Io ho provato a farle con la satira, utilizzando le tecniche delle strip classiche però con argomenti e con personaggi politici. Mi sono divertito.

Anche leggendo SS Tata si ha la sensazione che tu, nel realizzarli, ti stia divertendo molto. E il lettore si diverte CON te.

Si, è così. Quando a 45 anni decidi di fare un fumetto troppi compromessi non vuoi più farli. Vuoi fare quello che ti piace, dire quello che ti pare. Per molto tempo non ho potuto farlo. Una graphic novel richiede un investimento di tempo e di fatica che prima non mi ero mai potuto permettere. Ci ho messo 15 anni per potermi ritagliare un margine economico e lavorativo che mi permettesse di dedicarmici. È una delle ragioni per cui i fumetti li fanno soprattutto i giovani: hanno più possibilità e voglia di fare un investimento sul futuro. E poi c’era una certa ansia da prestazione e di sindrome (spero) dell’impostore1.

SS TATA P 14Nonostante ciò, con questo volume ti sei preso i tuoi rischi.
Un giorno ti dici: chissenefrega, lo faccio. La satira mi ha insegnato che ogni volta che fai una vignetta ti esponi a dei rischi. Tanto di cappello all’editore, Marco Schiavone, e alla casa editrice, Edizioni BD, che mi hanno permesso di fare esattamente quello che volevo fare e dire quello che mi pareva, nel modo che volevo, scommettendo su un autore poco conosciuto al grande pubblico e pubblicando un volume che manca di tutta una serie di prudenze.

Come il simbolo delle SS in copertina!
È infarcito di svastiche, linguaggio esplicito e humor nero… poteva essere frainteso in mille modi.

Infatti anche nella recensione pubblicata sul nostro sito, è stato messo in evidenza che si tratta di un volume che richiede nella sua proposta un certo coraggio.
Gli anni trascorsi a fare satira sono stati istruttivi. Ogni vignetta è un atto di fiducia in chi ti legge, nella sua capacità di capire quello che vuoi dire. Poi ci sarà sempre chi ti fraintende, a volte intenzionalmente, a volte perché non in sintonia col tuo umorismo. Con la satira è così, ma se volevo piacere a tutti facevo i biscotti.

Quali sono oggi gli spazi editoriali e lo spazio sociale della satira?
Gli spazi sono pochi e a volte non adatti. La satira rischia di perdere di autonomia e di autorevolezza in base al contesto e al medium su cui la si fa. Troppo spesso viene utilizzata come ingrediente un po’ piccante per insaporire un brodino insapore. Il web può darti visibilità e autonomia, ma rischia di relegarti in una bolla fatta di persone che la pensano come te.

SS TATA COPERTINALa satira non ha ispirazione di piacere, ma di dare fastidio. Concordi?
Eppure molti pensano agli autori satirici come a dei killer da indirizzare contro i politici del partito avverso o le persone che non sopportano. La satira che piace a me non prende di mira le persone, ma i comportamenti, indipendentemente da chi li mette in pratica, e spesso si può ritorcere contro chi legge. Un autore di satira è qualcuno che, inevitabilmente, prima o poi ti tradirà. Puoi solo sperare di acquisire negli anni una autorevolezza tale presso chi ti segue perché ascoltino quello che hai da dire e rispettino anche le vignette sulle quali non concordano.

In SS Tata ci sono attacchi trasversali, che vanno tanto alla destra, quanto alla sinistra.

È sempre fastidioso quando un autore satirico dal suo pulpito si mette a giudicare e attribuire colpe o responsabilità. In SS Tata ho cercato di stigmatizzare i comportamenti che reputo pericolosi, scorretti, sciocchi o malvagi nella nostra società senza che nessuno potesse sentirsi “assolto”, me compreso. Populismo, razzismo, scorrettezza intellettuale, snobismo, cinismo, violenza… atteggiamenti che riconosciamo subito e condanniamo quando ad adottarli sono avversari politici, ma che spesso ci rifiutiamo di vedere o siamo pronti a utilizzare quando ci tornano utili per far trionfare le nostre ragioni.
Prendi il bullismo. Tutti siamo pronti a criticarlo, ma poi il desiderio di prevaricazione, l’aggressività repressa e la frustrazione che lo generano sono sentimenti che appartengono a tutti e godiamo più o meno esplicitamente dell’umiliazione fisica o intellettuale di un avversario; ci piace vederlo “asfaltato”.

Il fumetto è da sempre specchio della realtà e linguaggio in cui la realtà si specchia e che la riflette. In questo senso la tua opera è stato uno specchio incredibile della situazione attuale. Con i colori dell’ironia sei riuscito a dipingere anche quelle contraddizioni di coloro che si considerano “i buoni” della situazione.
Ci piace sentirci i “buoni” perché ci dà l’alibi spesso per comportarci in modo orribile. Prima di scagliarci contro la stronzaggine di qualcuno, dovremmo fare in modo di non comportarci noi come degli stronzi. Sennò lui passa, ma la percentuale di stronzaggine nel mondo resta la stessa.

calvin e hobbes1C’è un anche un taglio di analisi politica nell’opera, con l’individuazione di due grossi temi legati all’atteggiamento politico.  Per la destra il razzismo, per la sinistra l’immobilismo. Non è comune trovarlo in un’opera a fumetti, al giorno d’oggi.
Più che altro ho cercato di evidenziare il cinismo con il quale i partiti politici non si fanno scrupolo di titillare i bassi istinti della gente per il loro tornaconto, tramutandosi in contenitori vuoti da riempire con ciò che è meglio o più vantaggioso in quel momento dal punto di vista elettorale per quanto orribile o pericoloso possa essere.

Io eraTu pubblichi sulla tua pagina Facebook diverse vignette dedicata alla tua esperienza di papà. Il protagonista di SS Tata vive con sorpresa quotidiana le incombenze che derivano dal doversi prendere cura di un bebè. Quanto del tuo percorso personale c’è in questa parte della storia?

Scrivi un fumetto che parla di un vecchio scienziato nazista che vuol clonare Hitler eppure quando ti chiedono quanto c’è di autobiografico, è un po’ inquietante ammetterlo, ma ti trovi costretto a rispondere: tantissimo.   
Mi hanno sempre dato sui nervi quei cantanti che, appena gli nasce un figlio, gli dedicano una canzone grata e stucchevole come se la paternità avesse loro donato una nuova e illuminata consapevolezza delle cose. Questo fino a quattro anni fa, quando mi sono rincoglionito completamente. Mi rendo conto, costernato, che tutte le cose che ho scritto o disegnato negli ultimi quattro anni parlano, in un modo o in un altro, di mio figlio; e a ben guardare anche di mio padre e del figlio che ero io. Perché dopo la nascita di mio figlio, è cambiato il mio approccio alla realtà, il mio modo di vedere le cose e il modo di comportarmi. Da cose più superficiali come non dire le parolacce, non essere troppo cinico e non adottare comportamenti che un bimbo possa fraintendere, fino al completo rovesciamento delle mie priorità e della mia visione del mondo. Rido con Peppa Pig, piango con i cartoni animati della Pixar… una vergogna. Finito il libro mi ha stupito constatare quanto in quella storia grottesca e in quei personaggi ridicoli e stereotipati ci fosse di mio, della mia quotidianità e del rapporto che ho con mio figlio. C’è nel libro in fondo la consapevolezza che la cura di un bimbo ti costringe a fare i conti con cose che prima non sempre avevi preso nella giusta considerazione: il futuro più a lungo termine, il mondo com’è, come lo vorresti e come contribuisci a migliorarlo o a peggiorarlo. Fai i conti con te stesso e con quello che sei stato. SS Tata è un libro che parla di come si cambia. Diamine, io sono cresciuto negli anni ’70, che per gli standard attuali sembra il medioevo. Noi da bambini ridevamo con Jerry Calà!

In SS Tata l’arrivo della piccola B.Yonzé è l’elemento scatenante della conversione di Klaus Von Truppen. C’è possibilità per tutti di redimersi?

Redenzione non so, però posso dire che a me piacciono le “conversioni”. Mi è di conforto l’idea che una persona possa mettersi in discussione a tal punto da ribaltare completamente la propria visione del mondo. Non è tanto una questione religiosa, mi piace pensare che le persone possano cambiare, anzi, che cambino in continuazione. E bisogna sforzarsi di cambiare in meglio anche se spesso succede il contrario. Sarebbe orribile rimanere tutta la vita inchiodati alle proprie convinzioni. Io il culto della coerenza non l’ho mai avuto. Mi piacciono di più le persone spaesate; le capisco di più. Chi è un po’ disorientato, chi si contraddice, lo sento umanamente più vicino. La coerenza spesso si accompagna al fanatismo e alla pretesa di giudicare gli altri partendo dal presupposto di essere dalla parte della ragione. L’idea che le mie e le altrui convinzioni possano ribaltarsi, mi tranquillizza e mi aiuta ad affrontare la vita con più ironia e comprensione.

C’è un meccanismo narrativo di particolare rilevanza nell’opera che è quello che sfrutta l’uso del colore, presente in alcune tavole, ma non in tutte, e in alcune sequenze solo poche vignette sono colorate. Ciò ha permesso di focalizzare la narrazione su alcuni elementi.

Non sono un colorista e inizialmente non ritenevo che il colore fosse particolarmente importante nel mio fumetto. Andando avanti col lavoro mi sono invece reso conto che la colorazione ne era un elemento fondamentale e ha finito col diventare una delle caratteristiche che più balzano all’occhio e che aiutano a comprendere meglio il significato del libro.

Meu amigo Charlie Brown

È un meccanismo narrativo sfruttato molto bene.
Volevo sottolineare con il colore il cambiamento nella vita del protagonista, che si manifesta anche come uno shock cromatico. Quando hai un bimbo per casa il tuo mondo di colori tenui e tinte pastello sapientemente accostate si trasforma in un’orgia violenta di colore fluorescente, arancione plastica, giallo lego e verde Playmobil. E tanti saluti ai tuoi colori autunnali, al grigio discreto e al nero che sfina. Però non te ne frega più niente e godi nell’immergerti in quegli efferati arcobaleni a cui ti ha costretto la paternità.

Hai realizzato degli originali o hai disegnato tutto in digitale?
Ho realizzato tutto in digitale. Anche perché ripenso tutto spesso. Alcune cose le ho ridisegnate poco prima di andare in stampa, figurati!

oneIn SS Tata hai dovuto rivoluzionare il tuo stile narrativo, passando dai meccanismi narrativi delle strip allo story telling di un graphic novel. Sei stato così bravo a farlo da vincere il Gran Guinigi come migliore rivelazione, alla tua prima esperienza. Qual è il tuo segreto?
Non lo so. È stata una sorpresa anche per me. Non sapevo come me la sarei cavata con una storia lunga. Complicare l’arco narrativo con flashback, colpi di scena, richiami… erano tutte cose che non avevo minimamente intenzione di fare all’inizio. Quando parlai con Stefano Bonfanti di DentiBlu, che seguiva il progetto, avevo solo un paio di tavole che si limitavano a questa gag: un criminale nazista cerca di clonare Hitler, suonano alla porta, scopre che gli hanno lasciato la nipotina nera. E poi la scritta “Segui le avventure di SS Tata”. Stop. Stefano mi disse “Ma questa è una storia! Ampliala”. Risposi che non avevo la più pallida idea di come proseguire. Poi invece è venuto tutto da sé in modo semplicissimo.
Ho scritto la storia e tutto ciò che avrei dovuto disegnare nei minimi dettagli per averlo ben chiaro. Ero terrorizzato. Era la prima volta che mi cimentavo con un fumetto lungo e temevo di non saperlo gestire. Invece… con mia enorme sorpresa, è andato tutto liscio come l’olio. Mi sono reso conto che parecchi meccanismi narrativi li avevo introiettati per la grande quantità di fumetti che ho letto e perché in fin dei conti, fumetti ne ho sempre fatti, anche se meno articolati di questo. Disegnando, leggendo e ragionando sui fumetti per un bel po’ di anni, senza accorgermene, di competenze ne avevo acquisite.

Non è una regola assoluta.
Sicuramente, ma nel mio caso è successo. È andata bene, ma ho ancora il dubbio se saprei rifarlo di nuovo.

E su questa dichiarazione scatta d’obbligo la domanda: adesso a cosa sta lavorando? SS Tata avrà un seguito?
La mia cifra è la satira. Mi guardo attorno e accumulo materiale giorno dopo giorno, poi provo a raccontare la realtà a fumetti. In questo momento è difficile, anche darti una risposta. È veramente un problema. Per la prima volta nella mia carriera di autore satirico non so prevedere quello che succederà da qui a qualche mese. Perché il carattere degli italiani è ciò su cui lavoro di solito, ne analizzo e ne descrivo i difetti e i comportamenti. Però adesso siamo tutti di fronte a una situazione completamente nuova, a un mondo che forse è cambiato e in un modo o nell’altro ci ha cambiato. Per il momento riesco a raccontare solo il disorientamento e l’incapacità di aver punti fermi, la paura che fa navigare a vista e l’attesa di un qualche cosa che non sai cosa sarà. Raccontare la pandemia, più di quanto già non faccia con le mie vignette, non so se vorrò farlo. Mi spiego: io ho fatto il servizio militare e se c’è una cosa che mi ha insegnato è che quando lo hai finito dei tuoi aneddoti del militare non frega niente a nessuno. Se ne parli con chi quell’esperienza non l’ha fatta, se ne frega e a ragione, perché quegli episodi sono stati importanti e significativi solo per te. Se poi ne parli con chi invece il militare lo ha fatto, fingono di ascoltarti solo perché non vedono l’ora che tocchi a loro raccontare la propria di esperienza.
La pandemia, per definizione, è successa a tutti. E ognuno di noi avrà la propria personale storia pandemica da raccontare, però quasi nessuna sarà davvero unica e significativa. Verrà fuori probabilmente qualche artista geniale capace di rappresentare con la sua storia gli umori di tutti, rappresentare lo spirito di questi tempi, ma non credo che sarò io. Per il momento la mia pandemia non ha niente di speciale. Finora è stata per lo più un continuo e sfibrante non capirci un cacchio.

comodamente da casa1

All’interno di SS Tata ci sono centinaia di citazioni, molte proprie della cultura pop. È nascosto qualche inside joke?
Tante citazioni che fanno parte del mio mondo, dei miei interessi, della mia generazione e delle mie passioni. Non sempre facilissime da cogliere. Per esempio ci ho infilato lo chef Massimo Bottura (trovatelo!) e un personaggio ha le fattezze di un mio amico, che metto in tutti i miei fumetti, perché secondo me ha le phisique du role!  Oppure la battuta “Mi avevi già convito al “guten morgen”…

…è una battuta da Jerry McGuire!

Esatto! Ma ti assicuro che non l’ha colta quasi nessuno! Mi rendo conto di aver fatto un fumetto un po’ per “coetanei”… per non dire “anziani”! Del resto il mio immaginario è quello. In due mesi di lockdown a stretto contatto con mio figlio, ho rischiato di trasformarlo in un bimbo degli anni ’80, indottrinandolo su Indiana Jones, Guerre stellari e Playmobil!

I Playmobil sono spesso al centro delle tue strisce “familiari”. Io sono più per i Lego, ma si legge in quello che scrivi una grande passione per questi giocattoli!
Gli si vuole più bene proprio perché sono meno “cool”. E poi sono più grandi, più gestibili e meno impegnativi. Mia madre ha regalato una trebbiatrice dei Lego a mio figlio e non ti dico quanto mi ci è voluto per montarla! Un’ora lì con le istruzioni e con il terrore di smarrire un mattoncino. L’ha distrutta in 12 secondi e ha ingoiato un fanalino posteriore.   

NDR: pochi giorni dopo l’intervista Walter Leoni ha pubblicato questa strip, ispirata dalla chiacchierata, che condividiamo con voi.

123588861_1259455894411368_7366634052521303403_n

Walter Leoni

Classe 1975. Vive e lavora a Orvieto. Fumettista, illustratore, vignettista umoristico e satirico. Ha pubblicato vignette e strisce satiriche su numerosi quotidiani e settimanali, tra i quali Par Condicio, Smemoranda, Veleno settimanale, Il Misfatto, Il Ruvido, Libero Veleno, Alias Comics e per il quotidiano on line Fanpage. È stato direttore artistico del corso Comics Junior della Scuola Romana dei Fumetti. Ha illustrato il libro di Maurizio Milani Fidanzarsi non conviene, il libro ARTErnativa ed è coautore della biografia satirica Bischerock’n’roll – Matteo Renzi: una vita a cento all’ora. Collabora con il mensile Il Nuovo Candido, il mensile Prisma e con il semestrale Comics&Science. Nel 2020 è uscita per Dentibù/EdizioniBD la sua prima graphic novel dal titolo SS Tata per la quale ha vinto il premio Gran Guinigi come Miglior Esordiente al Lucca Changes. Ha una pagina Facebook che si chiama TotallyUnnecessaryComics.

“SS Tata” di Walter Leoni: ridere del nazismo

 

 

 


  1. NDR: Sindrome dell’impostore è un termine coniato nel 1978 dalle psicologhe Pauline Clance e Suzanne Imes per descrivere una condizione psicologica particolarmente diffusa fra le persone di successo, caratterizzata dall’incapacità di interiorizzare i propri successi e dal terrore persistente di essere esposti in quanto “impostori”. A dispetto delle dimostrazioni esteriori delle proprie competenze, le persone affette da tale sindrome rimangono convinte di non meritare il successo ottenuto 

Clicca per commentare

Rispondi

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *