Sergio Rossi è una vecchia conoscenza del mondo del fumetto italiano. Direttore di Fumo di China, ha scritto su fumetto diversi saggi: Stelle a strisce. Gli Stati Uniti nelle strisce a fumetti, da Yellow Kid al New Yorker (2016), L’immaginazione e il potere. Gli anni settanta tra fumetto, satira e politica(2009), Maledette vi amerò. Le grandi eroine del fumetto erotico italiano (2007). Con Nikola Tesla (Edizioni Beccogiallo) approda alla sceneggiatura con una graphic originale e raffinata, illustrata dal giovane Giovanni Scarduelli. Di recente la graphic ha ricevuto un premio per il libro di divulgazione, unico fumetto in gara in mezzo a molti saggi. Ci è sembrata l’occasione giusta per intervistare Sergio.
Innanzi tutto, perché Tesla? Non nel senso che non abbia senso parlare di lui, ma cosa di lui ti ha attratto al punto di volerlo raccontare?
Tesla nasce da una richiesta di Davide Calì (Book on a Tree) per Becco Giallo. Ho accettato subito perché Tesla è uno dei (tanti) scienziati che hanno la vita come un romanzo: infatti è anche il protagonista di Lampi, un bellissimo romanzo del francese Jean Echenoz edito da Adelphi. Inoltre gli sono legato perché è uno dei protagonisti de La diabolica invenzione, una bella storia di “Martin Mystere” scritta da Alfredo Castelli e disegnata da Giampiero Casertano.
C’è qualcosa che avresti voluto raccontare di lui, ma hai omesso, per qualche ragione che magari hai voglia di raccontarci?
Ho omesso di inventare dettagli sulla sua vita privata, di cui conosciamo ben poco e perché forse c’è poco da conoscere… Forse avrei potuto entrare più nello specifico del perché le sue teorie non funzionavano e perché è inutile creare leggende intorno a queste, ma alla fine avremmo avuto un libro poco interessante e poco leggibile. La mia intenzione era ridare a Tesla il posto che merita nella storia della Scienza, raccontandone pregi e difetti.
Secondo te, l’annuncio del conseguimento del Nobel mai ricevuto insieme con Edison nel 1915, fu una bufala costruita, un errore giornalistico, o peggio, un tiro mancino per provocare reazioni?
Difficile dirlo. Voci sul Nobel ce ne sono sempre state, basta leggere i pronostici dei bookmaker per quello della letteratura. Secondo me entrambi non sono mai stati in gara perché non avevano scoperto nulla ma “solo” utilizzato le scoperte degli altri. Diverso è il caso di Marconi che mostrò che le onde radio potevano viaggiare da un punto all’altro della Terra grazie alla ionosfera. C’è anche da dire che all’inizio del XX secolo c’era solo l’imbarazzo della scelta per dare il Nobel per la fisica.
Nel 2019 la graphic ha vinto il prestigioso Premio Divulgazione Scientifica “Giancarlo Dosi” nella categoria “Scienze dell’Ingegneria e dell’Architettura”. Che effetto fa aver scritto il primo fumetto a ricevere questo riconoscimento?
È stato emozionante ricevere un premio per la divulgazione scientifica con un fumetto: sono cresciuto quando a scuola i fumetti erano ritenuti diseducativi e superficiali, per cui questo premio è una specie di riscatto per il lettore di allora e per tutti gli autori che fino a oggi hanno creato bellissimi fumetti di divulgazione con i quali mi piace condividere questo premio.
Raccontaci qualcosa di importante per te sulla lavorazione della graphic…
Per me è stato il primo fumetto lungo dopo anni di storie brevi e strisce per bambini, che sono state un grande allenamento. Ho lavorato molto bene con Becco Giallo, che ringrazio per averci fatto partecipare al premio, con Davide Calì e con Giovanni Scarduelli, che si è dimostrato un vero professionista pur essendo al suo esordio nel fumetto: non a caso siamo andati insieme alla premiazione del libro.
La vostra graphic parte dallo spunto di nuove informazioni che farebbero luce sulla figura di uno scienziato tra i più controversi. Ancora oggi, anni dopo la morte, affermazioni sulla sua passione per le “pseudoscienze”, per l’occulto, e una immagine di scienziato pazzo lo perseguitano un po’… è possibile che il suo esser fuori dai canoni sia una parte del suo successo?
Il suo successo sta proprio nell’essere fuori dal contesto universitario e industriale. Edison non ha questa fama proprio perché capitalizzava tutte le sue invenzioni, Tesla no. C’è una gran parte di persone, anche laureati e in materie scientifiche, che purtroppo guarda con diffidenza al mondo scientifico, e in questo lato oscuro nascono le leggende su Tesla.
Nel film The prestige, Bowie interpreta un Tesla capace di creare su richiesta una macchina che realizza una sorta di teletrasporto, copiando oggetti che fa ricomparire a poca distanza. Secondo te lo avrebbe fatto?
Vuoi sapere se avrebbe creato il teletrasporto? Forse lo avrebbe fatto, e sarebbe stato molto bello, come sanno tutti gli appassionati di Star Trek. Se avesse studiato e accettato la Relatività e la Meccanica quantistica di certo avrebbe dato molti contributi importanti, forse anche sul teletrasporto, ma così non è andata. Peccato.
Parliamo della tua nuova graphic. Dopo Tesla, sempre in coppia con Giovanni Scarduelli, hai raccontato Hopper: dalla scienza all’arte (Centauria). Hai già un progetto successivo?
Sì, Balthazar Pagani, l’editor di Centauria, mi ha chiesto adesso di cimentarmi con Marcel Duchamp, un autore-icona del XX secolo, stavolta per i disegni di un molto bravo Emanuele Racca. Giovanni sta invece lavorando su Rothko, per i testi di Francesco Matteuzzi. Quella di Centauria è una bella collana che permette agli autori sia di esplorare le proprie passioni, sia di mettersi in gioco con quelle opere e quegli artisti che hanno formato il loro gusto. Visto che parliamo di risultati sorprendenti, come il premio vinto da Nikola Tesla, vale la pena di ricordare che i titoli di questa collana, grazie al lavoro di Pagani, sono tradotti in più paesi da editori di arte e non di graphic novel: e anche questo è un traguardo per dei “semplici” fumetti.
Intervista condotta via mail a fine 2019.