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San Diego Comic-Con Malaga: un reportage

A settembre 2025 Malaga ha ospitato la prima edizione del San Diego Comic-Con International: considerazioni e un bilancio (con una prospettiva europea).
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Dal 25 al 28 settembre 2025 si è svolta la prima, attesissima edizione internazionale del San Diego Comic-Con nella città andalusa di Malaga. Nella cornice del FYCMA (Palacio de Ferias y Congresos de Malaga) per quattro giorni una delle fiere più importanti al mondo ha dato un assaggio delle sue atmosfere, delle sue vibes e di tutto quello che la rende famosa. Un evento che va direttamente a inserirsi nel panorama non solo delle fiere del fumetto spagnole, ma anche europee, con un progetto di tre anni, fino al 2027, che punta a creare un nuovo punto di richiamo per i fan della cultura pop.

Pur non essendo mai stato personalmente all’originale San Diego Comic-Con (uno dei miei sogni ancora da realizzare), l’esperienza ad alcune fiere italiane ed europee mi permette di dare una prospettiva diversa per un evento che, pur essendo a trazione statunitense, deve confrontarsi con un approccio a questo tipo di convention molto diverso rispetto a quello USA. Ed ecco quindi una lista di punti di forza e debolezze.

Ospiti e programma: croce e delizia

Il programma degli ospiti del SDCC ha sicuramente rispettato le aspettative di fan e appassionati: se si parla di cinema, si possono citare Arnold Schwarznegger, Jared Leto, Elle Fenning, Dan Tratchenberger, Luke Evans, Brian Austin Green (David di Beverly Hills 90210), Natalia Dyer (Nancy di Stranger Things), Aaron Paul (Jesse Pinkman di Breaking Bad), Gwendoline Christie (Brienne of Tarth di Game of Thrones), ma anche attori spagnoli molto famosi negli Stati Uniti come Dafne Keen (X-23 di Logan e Deadpool & Wolverine) e Taz Skylar (Sanji nel live action di One Piece); se si parla di fumetto, troviamo artisti internazionali come Peach Momoko, Matt Fraction, Kelly Sue DeConnick, Jeph Loeb, Joe Kelly, Martin Simmonds , Sara Pichelli, Jim Lee, C.B. Cebulski, insieme con grandi nomi del fumetto spagnolo (Emma Rios, Carmen Carnero, Pepe Larraz, David Lopez, Fernando Blanco, Jorge Jimenez e tanti altri). Per non menzionare ospiti dell’animazione, dell’industria videoludica (e content creators. Un parterre davvero impressionante, anche se resta l’amaro in bocca per alcuni di loro che (non parlo di attori, ma artisti e autori come ad esempio Jim Lee), pur essendo annunciati come ospiti principali, hanno presenziato un solo giorno, cosa non chiara fino a pochi giorni prima dell’inizio dell’evento.

I fan appassionati hanno potuto incontrare tutti questi ospiti direttamente o sentirli parlare da un palco grazie a un programma ospitato in hall grandi o grandissime (la Hall M, quella dedicata agli eventi più attesi come la presentazione di Tron: Ares, Predator: Badlands o la partecipatissima masterclass di Arnold Schwarznegger, poteva ospitare 3000 persone, le altre tra le 600 e le 800) spesso prese d’assalto e riempite da aficionados molto calorosi, un’esperienza effettivamente non comune per un pubblico europeo. Il programma, diviso tra incontri più tecnici, un buono spazio a professionisti spagnoli e altri momenti più mainstream, ha regalato anteprime (la rivelazione di Minotaur, nuovo nemico di Batman; oppure anteprime mondiali di alcuni film) e ha mantenuto le aspettative, nonostante alcune problematiche con la traduzione mediante AI fatta tramite QR code e smartphone, non sempre performante.

A fronte di un programma ben costruito, capace di tenere insieme approfondimento e hype, la gestione degli incontri con il pubblico, soprattutto per i firmacopie, non è stata ugualmente ben realizzata: sebbene sul sito fossero presenti ospiti e stand dove poterli trovare, senza una preparazione adeguata pre fiera diventava praticamente impossibile capire chi firmasse cosa e quando, dato che spesso agli stand non erano esposti orari e a volte nomi di chi sarebbe stato presente, informazione che era più facile reperire sui siti delle case editrici e delle agenzie di autori. In alcuni casi, poi, il posizionamento degli stand creava imbuti di calca (e di questo parlerò tra poco) che si aggiungevano al disagio di dover stare in coda in una situazione già piuttosto densa. Questa gestione, ancor più che gli autori internazionali, ha penalizzato autori spagnoli meno noti a un pubblico internazionale perché più legati al mercato locale: benché presenti in numero abbondante (simile a quanto si potrebbe trovare al più importante festival del fumetto spagnolo, quello di Barcellona), la scarsa visibilità delle loro opere e dei loro appuntamenti li ha fatti passare in secondo piano rispetto ad altre cose. E se è vero che il San Diego Comic-Con ha una trazione fortemente legata al mercato statunitense, resta il dubbio di come fosse stata pensata la presenza di questi autori e autrici.

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Tutto questo si è sommato a una gestione dei comunicati stampa un po’ lenta e farraginosa:  le comunicazioni del festival, gestite prettamente attraverso i social e molto meno attraverso canali stampa, sono andate un po’ a singhiozzo, venendo bloccate fino a fine luglio (poco meno di due mesi dall’inizio della manifestazione) dall’originale San Diego Comic-Con con cui non potevano accavallarsi e da cui sono rimasti schiacciati. Nonostante questo, sono da apprezzare gli sforzi di un team di addetti stampa che ha dovuto fare buon viso a cattivo gioco, e che ha fatto un gran lavoro in fiera, sempre disponibile con tutti i giornalisti per venire incontro a ogni loro esigenza, interviste con gli ospiti comprese, in un contesto di schedule davvero molto strette.

Main Hall: tra collezionismo e photo-opportunity, il fumetto scompare

L’organizzazione della Hall principale, agli occhi di un europeo, può apparire strana: in quasi tutti i festival e le fiere europee, anche le più grandi e comprensive (come Lucca Comics and Games), solitamente fumetti, merchandise, videogiochi e tutto il resto sono, se non nettamente separati, per lo meno raggruppati tra di loro in “isole tematiche”, per così dire. Al San Diego Comic-Con di Malaga, invece, a parte l’artist alley divisa e raggruppata in un punto ben preciso (ma purtroppo non organizzato in maniera ottimale, come dicevo sopra), tutto il resto era mescolato, non facendo nessuna differenza tra i diversi settori. Questa scelta ha sicuramente permesso ai visitatori di entrare in contatto con molti settori ed esperienze magari nuove, esponendo (a detta di un paio di venditori) il fumetto a un pubblico diverso; al tempo stesso però, mentre gli stand di fumetto, anche quelli delle (poche) case editrici spagnole erano piuttosto piccoli e non molto forniti, se si eccettua Penguin Random House Spagna e la fumetteria Comic Stores, il grosso degli stand era occupato da videogiochi, da merchandise (con alcuni stand visibilmente in possesso di materiale non originale) e soprattutto da grandi stand dedicati a photo opportunity, come quelli di Tron: Ares (dove si poteva fare una foto a cavallo della moto del film), Toy Story (in cui era stata ricostruita la cameretta di Andy vista dalla prospettiva dei giocattoli), Predator: Badlands e Teenage Mutant Ninja Turtles. Il fumetto in lingua inglese originale, sia in spillati che in tradepaperback (volume brossurati) e hardcovers (cartonati) era, inaspettatamente, non presente, se non in forma di esemplari da firmare e inscatolare per collezionisti, con la presenza anche della famosissima società di grading CGC.

Sebbene tutte le fiere siano prima di tutto un’occasione di ritrovarsi e vivere esperienze condivise, ma anche per dire “ci sono stato, ho visto e fatto cose”, e sebbene i fan abbiano partecipato agli incontri e siano accorsi ai firmacopie, l’impressione è  quella che si sia puntato più sulla “experience” estemporanea, sul collezionismo (sono diventate virali, ad esempio, le corse per accaparrarsi il Funko pop speciale prodotto per l’occasione) che a volte sconfina nella speculazione (si vedano i gadget del Con rivenduti su ebay a prezzi maggiorati), sulla gratificazione personale di aver vissuto un momento unico, sull’aver un ricordo che si crede unico come quello delle altre migliaia di persone che abbiamo intorno, più che creare una comunità e mettere al centro il valore non solo commerciale, ma anche culturale e sociale della cultura pop e dell’intrattenimento. E se questo è oggi vero per molte fiere di questo tipo, anche in Europa, in questo caso l’impressione è ancora più forte e marcata.

Organizzazione: tra reclami e disagi

Ho lasciato il punto più discusso e dolente al termine di questo reportage, ovvero quello organizzativo. Girando online si trovano, su siti di notizie così come sui social, centinaia di video e commenti sull’esperienza del Comic-Con soprattutto nel fine settimana: lunghissime code (il gioco di parole più diffuso è Cola-Con, ovvero “con delle code”), tempi di attesa estenuanti (fino a 3 ore per entrare dentro la main hall, e altre due ore per entrare agli incontri), eventi impossibili da raggiungere per via di “overbooking”, il tutto unito a giorni particolarmente caldi. Tutte cose che sono risultate in proteste formali depositate all’OCU (l’Unione dei consumatori spagnoli), con più di 200 segnalazioni riguardanti ogni possibile problema.

Tra questi, uno particolarmente sentito e denunciato prima del festival dal FACUA (altra associazione di protezione dei consumatori con sede a Siviglia), è stato il divieto di portare cibo e bevande dall’esterno, obbligando le persone all’offerta interna, quella di un grande stand all’aperto che offriva cibo di qualità discutibile, poco variato e dal costo molto elevato, che unito al prezzo di ingresso (50 euro, un prezzo fuori dal mercato europeo delle convention) ha fatto infuriare il pubblico. Quest’ultimo divieto, pur non essendo stato ufficialmente rimosso (ancora una volta, mancanza di comunicazione), non è stato di fatto messo in atto dall’organizzazione proprio a seguito della denuncia del FACUA, per i quali il festival, non essendo una sagra legata al settore gastronomico, non poteva mettere un divieto del genere senza violare alcune leggi nazionali: io stesso ho potuto portare, il secondo giorno, cibo e acqua dall’esterno senza essere controllato. E d’altronde, come sarebbe stato possibile controllare ogni singola persona, con un pubblico di 120mila persone in quattro giorni? Resta comunque una cosa piuttosto inconsueta per un festival del genere, dato che in nessun evento europeo esiste un divieto del genere (salvo quello di mangiare in prossimità degli stand).

Arrivato a questo punto, vorrei fare un passo indietro: l’organizzazione è partita con un obbiettivo molto ambizioso, e ovviamente il suo brand ha fatto presa sugli appassionati (chi scrive è tra questi) forse al di là di ogni più rosea previsione. Partire con un pubblico di 120mila persone è sicuramente un compito non semplice e delle difficoltà organizzative erano da mettere in conto, e su alcune cose ci si è destreggiati come meglio si è potuto (chi frequenta un evento ormai pluridecennale come Lucca Comics, arrivato a ospitare 320mila persone in cinque giorni, ne sa qualcosa). Al tempo stesso, facendo un confronto tra venerdì e sabato, ad esempio, la differenza è abissale: venerdì, pur con un afflusso importante, tutto si è svolto in tranquillità e le persone, sebbene le code e i tempi di attesa, si sono potute godere meglio l’evento; il sabato, con un numero di persone percepito come 5 volte quello del giorno prima, la situazione risultava infernale anche per chi, con un pass stampa che funziona da passepartout, poteva usare scorciatoie non consentite ad altri. Il controllo delle code ha retto anche e soprattutto per la compostezza delle persone, definite non a torto “i veri eroi del Con” da Antonio Banderas stesso durante la presentazione della Masterclass di Schwarznegger. Forse la dimensione possibile di questo Comic-Con, se si mantengono questi spazi, è quella del venerdì e allora gli ingressi andranno ridimensionati; alternativamente, gli spazi andranno profondamente ripensati, magari con strutture temporanee aggiuntive (su un’area all’aperto di 22mila metri quadri) e un miglior sistema di ingressi.
Come detto precedentemente, andrà ripensata molto anche la comunicazione, dato che fino agli ultimi giorni e durante la fiera molte cose sono state comunicate poco, tardi o male.
Unica cosa positiva e non banale: il sistema di trasporto, con navette da e per il centro città, ha funzionato bene, garantendo un ottimo servizio in condizioni non scontate.

In tutto questo, dobbiamo considerare il prezzo di un biglietto (50 euro) che è nettamente più alto rispetto alla media spagnola ma anche europea, (considerando che uno dei festival più grandi del continente, Lucca Comica and Games, nel 2025 offre biglietti tra i 20 e i 35 euro) e che aumenterà ancora nei prossimi due anni in cui l’evento è previsto, arrivando a 80 euro, che si aggiungo a prezzi di pernottamento piuttosto alti, spesso incontrollati (cosa comune in presenza di tali eventi).

L’esperienza di quest’anno, quindi, pur presentando aspetti positivi e grandi ambizioni, deve portare gli organizzatori a riflettere su molte questioni: vedremo se nei prossimi due anni il San Diego Comic-Con International sarà un esperimento fallito oppure se, come tutte le premesse fanno sperare, diventerà un nuovo, grande e soddisfacente appuntamento per i fan della cultura pop di tutta Europa.

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