Un augurio cinese che per alcuni invece è una maledizione recita: che tu possa vivere in tempi interessanti. Guardando a ritroso questo 2020 è indubbia l’impressione che quest’anno sia già stato lungo, folle, per molti doloroso. Interessante? Sicuramente. Nessuno a gennaio avrebbe mai pensato che termini come pandemia, lockdown, distanziamento sociale, sanificazione sarebbero entrati nel lessico quotidiano condizionando le nostre vite in modo decisivo assieme alle tre parole che a ripeterle adesso suonano in modo alquanto sinistro: andrà tutto bene.
Come per la nostra quotidianità, anche per Ortolani tutto è iniziato il 7 marzo, il giorno dell’annuncio che molte consuetudini sarebbero stare stravolte dalla pandemia e dalla conseguente quarantena. La più grande limitazione delle libertà individuali mai registrata nella Storia contemporanea, che vista sotto una luce più ampia è stata persino un paradossale privilegio. Per i meno fortunati, da quel giorno è iniziato un calvario di paura, malattia e morte, un destino che li accomuna a quelli che ancora oggi sono chiamati a confortarsi con un virus che segnerà inevitabilmente la prima parte del nuovo secolo.
In un contesto del genere, nel quale la fatica nell’elaborazione è tangibile, Leo Ortolani ha fatto una cosa che per lui è naturale: ha scritto fumetti pubblicando una striscia quotidiana sui suoi profili social per tutti i cinquantasette giorni che la quarantena ha mandato. Un momento di satira, di surreale comicità, di dialoghi con un virus diventato una spalla comica, di umorismo che non prova a velare la paura che è stata comune, ma che è anche una ricerca di serenità.
La maratona di Ortolani in pochi giorni si è sovrapposta al bollettino di guerra diramato dalla Protezione Civile. In quelle tavole c’era l’empatia verso chi fuori dalla sua casa viveva le stesse dinamiche, si poneva le stesse domande e sollevava le stesse perplessità. Con la differenza che Leo Ortolani, mentre lo fa, riesce a far ridere e toccare le corde giuste, come il naufrago che di notte sa leggere e insegna il cielo.
La striscia di Ortolani è stata uno degli appuntamenti, assieme ai corti di Zerocalcare e le video chiamate per sentirsi più vicini agli amici e agli affetti, che ci hanno accompagnato fuori da quella fatica, uno dei momenti alti per i quali vale quasi la pena ricordare quei giorni.
Cinquantasette frammenti di quarantena
Se il linguaggio e il tratto usati sono quelli ormai riconoscibili del papà di Rat-Man e Cinzia, a cambiare da un punto di vista stilistico è stata la grammatica utilizzata.
I social impongono tempi serrati e vignette da scorrere col pollice sugli smartphone e Ortolani, che da sempre ha mostrato la sua capacità di padroneggiare i tempi comici del fumetto, si trova a suo agio anche in un contesto che impone sintesi e rapidità. Il disegno è naturalmente essenziale e privo di neri e dettagli mentre i testi mostrano tutta la qualità per la quale l’autore parmense è riconosciuto come uno dei maestri italiani del fumetto.
Da un punto di vista narrativo è stato come imporre a un mezzofondista i ritmi di una gara di velocità sul tratto breve.
Ogni racconto è un’istantanea, una sintesi delle notizie, tragiche, che arrivavano dalle corsie degli ospedali, con le contraddizioni del vivere sociale, dall’inspiegabile abbondanza di penne lisce passando per l’ora di aria concessa ai proprietari dei cani fino all’attesa per le conferenze del Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, senza dimenticare la strage di anziani che avveniva nelle RSA e la paura, tangibile, che quel destino non fosse necessariamente lontano. Ortolani non ha paura di trattare temi anche delicati con il candore e il cinismo di un bambino e con la naturalezza di chi sa che può osare, colpendo senza perdono come Cirano, santi, politici, vegani, cinefili e no-vax.
Inevitabile che un’esperienza social tanto intensa diventasse memoria. È una fortuna che le cinquantasette strisce di Leo Ortolani siano diventate un volume voluto da Tito Faraci e edito da Feltrinelli Comics, la casa editrice di cui il fumettista è curatore.
Le strisce che anche rilette continuano a risultare attuali e divertenti, ammantate da un velo di un sentimento che non è nostalgia ma che le assomiglia parecchio. Qualcuna, come quella dedicata al partigiano, diventato parte del bollettino di guerra quotidiano, oggi sono morte 61 persone, e il signor Maestri, sa riportare al dramma del momento raccontando la necessità di elaborare il lutto che Ortolani per primo rivendica.
Il volume di Ortolani rappresenta un buon modo per ritrovarsi e sorridere, con la speranza sincera che una simile esperienza letteraria non abbia bisogno di un seguito.
Abbiamo parlato di:
Andrà tutto bene
Leo Ortolani
Feltrinelli Comics, 2020
528 pagine, cartonato, bianco e nero – 22,00€
ISBN: 9788807550553