Martin Mystère intraprende un viaggio per scoprire cosa si cela nel passato di Clarisse, una ragazza colpevole di omicidio e affetta da schizofrenia. Come si evince dal titolo 1, l’episodio riprende le teorie di Carl Gustav Jung sull’influenza di figure archetipiche ricorrenti e immutabili nell’immaginazione comune, tra cui appunto quella dell’albero. Tale elemento, più volte rintracciabile nei miti e nel folklore di varie popolazioni, si rivela centrale nella vicenda, sia perché studiato e approfondito dallo stesso Detective dell’impossibile, sia perché il delitto in questione è stato commesso in una misteriosa foresta. Vincenzo Beretta, sceneggiatore dell’albo, mostra una notevole disinvoltura nel destreggiarsi tra psicologica, storia, alchimia e fantasia, aggiungendo passaggi inquietanti e tenebrosi. L’elemento horror del plot non avrebbe stonato in una storia del “collega” Dylan Dog, citato esplicitamente per il modello di auto che Martin Mystère è costretto ad affittare. Tutto il fascino delle atmosfere più oscure viene reso in maniera magistrale dalle chine di Giancarlo Alessandrini, particolarmente efficace nel rappresentare Clarisse e il suo percorso psicologico-esistenziale.
L’intero episodio, pur nella verbosità che classicamente caratterizza la serie, rappresenta un’ulteriore dimostrazione che, dopo trentatré anni di vita editoriale, la testata ideata da Alfredo Castelli è ancora in grado di proporre storie dal buon valore narrativo e culturale.
Nato a Martina Franca nel 1984, Legge fumetti praticamente da sempre. Con il tempo si appassiona alla Nona arte come mezzo espressivo. Insieme ad altri amici fonda a inizio 2012 il blog de Gli Audaci.
Collabora con Lo Spazio Bianco dal 2011, ne è redattore dal 2015 e ha contribuito all'ideazione e al coordinamento degli Speciali tematici dedicati a Martin Mystère, Marvel Now!, Batman, Orfani: da Ringo al Nuovo Mondo, Nathan Never e Dylan Dog.
Continua ad accatastare pile di fumetti.