Negli ultimi anni è indubbio che la scelta in campo fumettistico sia diventata sempre più ampia. C’è – almeno in potenza – spazio per autori di ogni tipo, per storie di ogni genere, per sperimentazioni, ibridazioni e contaminazioni. Ma tanta libertà e possibilità si riducono molte volte a un intrattenimento leggero, legato alle mode o alle passioni del momento, e che preferisce – con il beneplacito di un pubblico abitudinario e poco curioso nonostante le sue pretese di originalità – narrare storie molto simili tra loro, disegnate in stili certamente d’impatto e diversi nelle sfumature, ma di base molto simili, standardizzati.
Il rischio che si corre in questo caso è che opere davvero diverse nei contenuti o nello stile possano passare inosservate, non essere capite, o non considerate degne di fiducia, mentre in realtà già a una prima lettura possono rivelarsi molto più significative, profonde e originali di quanto il lettore penserebbe, al punto di rivelarsi in certi casi una vera sorpresa.
Luigi Meneghello. Apprendista italiano, scritto e disegnato da Eliana Albertini e pubblicato da BeccoGiallo, rientra in pieno in quest’ultima categoria. Non tanto perché racconti una storia unica, straordinariamente significativa o innovativa al massimo; ma soprattutto per chi racconta e come, con che stile e con quali disegni e modi.
Il Luigi Meneghello del titolo, appunto, scrittore e filosofo della quotidianità e della crescita, pensatore assorto nella contemplazione dei significati del linguaggio popolare e del dialetto, testimone cronachista e profeta di un cambio d’epoca che ha coinvolto tutti noi, cioè quello a cavallo della seconda guerra mondiale e che lo ha visto partigiano. Autore, infine, che ha saputo narrare in maniera eccezionalmente matura, profonda, ironica, vera, unica e imprescindibile il suo tempo. Una voce di quelle che oggi si definiscono “da riscoprire” o “da valorizzare”, riservata a circoli ristretti di appassionati o intellettuali, ma che in effetti meriterebbe di essere messa in luce perlomeno a fianco del supereroe di turno.
Eliana Albertini si è trovata davanti un compito assai arduo: sintetizzare nell’arco di un singolo volume una vita intera; e che vita! Un’esistenza fatta di libri e riflessioni continue, un vissuto a cavallo tra due epoche (Meneghello, nato nel 1922, visse il passaggio dalla cultura contadina agli albori della modernità, passando per il gigantesco spartiacque del fascismo durante il quale fu partigiano), una vita passata tra Italia e Inghilterra, sempre assorta nella contemplazione del mondo, nella sua riproduzione, nella ricerca di un significato – senza mai dimenticare l’ironia! – che ha impegnato tutta la sua esistenza. Come tradurre e sintetizzare dunque una mole di materiale come questa?
Il tentativo, ovviamente, è impossibile, e destinato per sua natura a fallire. L’Albertini ha dunque cercato di giocare la carta che più ha trovato conveniente: nell’impossibilità di dire tutto, ha cercato di raccontare il meno possibile, di spiegare poco o nulla, di sorvolare su anni e decenni evitando cronologie e riferimenti rigorosi. Più che mostrare Meneghello schematizzandolo, ha cercato dunque di mostrarne un’“impressione” fatta soprattutto delle sue parole, applicate ad alcuni momenti salienti della sua vita. Anzi no: non momenti salienti ma momenti all’interno di tali momenti, mostrare la parte per parlare del tutto, lavorando di sottrazione invece che di accumulo.
Il risultato finale, ovviamente, si espone a una critica: un lettore occasionale che non conosce Meneghello, che ignora tutto di lui, come può orientarsi e trovare soddisfazione in un racconto che invece di narrare tace? Quali motivi di interesse può trovare sempre questo lettore in un racconto privo di un’ossatura solida, e che rifugge dagli elementi tipici di una biografia?
Pure, il lavoro fatto dall’autrice si rivela fin da subito efficace, filologicamente perfetto (anche i romanzi di Meneghello procedevano per assonanza, per associazioni di idee, invece di raccontare una storia), e portato avanti con assoluto rigore, leggerezza e precisione. Più che l’autrice del fumetto finisce a essere il Meneghello stesso ad interessare e avvincere, grazie alla sua voce e dimostrando il proprio valore fin dalle prime pagine. E una volta lette e apprezzate quelle il gioco è fatto, il fumetto procede spedito fino alla fine, rivelandosi opera degnissima di chi voleva rappresentare. Un lavoro che, credo, avrebbe accontentato anche la persona oggetto della biografia.
Numerose sono le scene di grande impatto e di ottima costruzione (una tra tutte quella dedicata al parallelismo tra guerra e giochi di bambini, davvero notevole). E l’abilità dell’autrice, oltre a quella di capace “traduttrice”, si rivela anche nell’efficacia di uno stile di disegno in bilico tra il fumetto e l’illustrazione.
Un segno capace di passare con disinvoltura dal realismo alla comicità (l’ironia tanto cara a Meneghello), che proprio come il testo si prende i suoi spazi, i suoi silenzi, e che – come dice benissimo Natalino Basso nella prefazione – si trasforma di tanto in tanto in “istantanea”, in un’immagine statica che racconta non col movimento ma con l’immobilità, e che nel vuoto di una vita, nel silenzio di una casa, nella fissità di un panorama comunica più che mai.
Stile validissimo, meditato, caldo nonostante la scelta di colori freddi, distanti. Stile solido e sempre lucido, sempre chiarissimo e facilmente interpretabile, ottimo nella resa dei personaggi e dei luoghi, capace di adeguarsi a ogni sfumatura del racconto e capace di ragionare sia all’interno di una rigorosa gabbia narrativa sia all’esterno di essa, osando senza esagerare, senza mai dimenticare il racconto al quale momentaneamente appartiene.
Completano l’opera due interessantissime postfazioni dedicate alla riscoperta di Luigi Meneghello da parte dell’associazione For.Ma.Lit (www.formalit.it). Chi meglio può parlare di un autore, infatti, se non chi lo ha conosciuto di persona, lo apprezza e cerca di mantenere vivo il suo ricordo artistico?
In definitiva Luigi Meneghello si rivela un lavoro pregevole. Perfettamente inserito nella riscoperta che appassionati e associazioni nate nei luoghi in cui Meneghello visse stanno portando avanti dopo la sua scomparsa, e molto ben riuscito sia dal punto di vista dell’approccio che da quello dei testi, sia narrativamente che graficamente. Un prodotto di valore, che offre il meglio di ciò che il nostro fumetto può dare, che rifugge in modo intelligente alle tentazioni della serialità e della banalità di espressione, e che contribuisce a dar voce a uno di quegli autori purtroppo lasciati in disparte dal tempo e dalle mutate situazioni, nonché da una certa indifferenza e diffidenza del lettore generalista.
La speranza è che riesca a raggiungere un suo pubblico e che contribuisca a far capire alla gente, al pubblico e agli aspiranti autori come sia possibile creare del valido fumetto tutto italiano, come sia possibile e auspicabile narrare storie avvincenti e profonde anche senza allontanarsi troppo dal nostro quotidiano.
Abbiamo parlato di:
Luigi Meneghello. Apprendista italiano
Eliana Albertini,
BeccoGiallo, 2017
187 pagine, brossurato, colori – 21,00 €
ISBN: 9788899016739