L’attacco
A gennaio 2019 Planet Manga ha cominciato a ripubblicare in una colossal edition L’attacco dei giganti (Shingeki no kiojin), il manga-bestseller di Hajime Isayama.
Fin’ora sono usciti i primi due volumi, contenenti rispettivamente i numeri dall’ 1 al 3 e dal 4 al 6 dell’edizione originale del 2012. L’operazione si presenta interessante sia per gli appassionati che per i nuovi lettori, grazie al grande formato e al numero di pagine (più di cinquecento a volume) che permettono di seguire il racconto in maniera più unitaria rispetto ai classici tankobon.
Rileggere L’attacco dei giganti o addirittura leggerlo per la prima volta a meno di dieci anni dalla sua prima uscita e dopo che si è imposto nel mondo come un istant-classic, anche grazie all’anime che ne è stato tratto, fa riflettere e può scatenare reazioni differenti.
Qualunque amante o frequentatore di manga (ma anche di fumetto in generale) non può far altro che accorgersi e convenire che L’attacco dei giganti sia innanzitutto disegnato male. Sgraziato nelle anatomie, approssimativo nel tratto, con personaggi che si somigliano (e confondono) per un’evidente carenza tecnica dell’autore nel caratterizzarne i volti: a conti fatti è un’opera grezza nell’impostazione generale del tutto.
Nonostante questo, è un successo internazionale.
Sul piano narrativo, poi, la situazione non migliora di molto (almeno per quanto riguarda il primo volume e gran parte del secondo). L’opera, già di per sé piuttosto scontata e poco avvincente, è supportata da dialoghi monotoni e prolissi, per la maggior parte “telefonati” e poco coinvolgenti. Ogni motivazione dei personaggi, ogni scelta tattica di battaglia e ogni racconto del passato viene esposto in maniera pedissequa e didascalica, senza verve narrativa né particolari picchi stilistici. Gli scambi di battute, quando vogliono essere contorti o misteriosi, lo sono senza un reale motivo e a volte sembrano farsi custodi di un sottotesto filosofico che, nel tentativo di essere emotivamente accattivante, ottiene esattamente l’effetto contrario.
I tre protagonisti rispecchiano le solite figure che ci si può aspettare di trovare in uno shonen (per chi fosse digiuno di manga: quel genere di opere rivolte per lo più ad un pubblico di adolescenti maschi), con minime variazioni delle caratteristiche portanti, e anche le prove che sono chiamati ad affrontare o i flashback che li coinvolgono sono messi in scena senza troppa fantasia.
Dopo la partenza spettacolare affidata all’arrivo dell’imponente gigante colossale, ci vorrà tutto il primo volume e due terzi del secondo perché qualcos’altro di interessante avvenga. Ma, nonostante tutto questo, è un successo internazionale.
Viene ovviamente da chiedersi perché.
Lo Zeitgeist
L’attacco dei giganti, essendo nato nella prima decade del nuovo millennio, ha in sé tutte le peculiarità che differenziano i prodotti seriali di questa epoca da quelli delle precedenti. Come succede nella scrittura delle serie tv e come invece non succedeva tanto spesso in Dragon Ball o Naruto (per citare altri due shonen di grandissimo successo), vi è nell’opera di Isayama la tendenza a moltiplicare i colpi di scena e i plot twist e soprattutto un notevole sfoggio di violenza cruda ed esplicita, quasi ai limiti del gore, che in tempi passati non era assolutamente usuale per questo genere.
Anche i dialoghi e la narrazione, guardati da questa prospettiva sono figli del loro tempo. Tutto quello che succede viene spiegato e motivato fino al parossismo e tutto ciò che viene messo in scena sembra avere una sua funzionalità precostituita, senza mai dare l’illusione di qualcosa di vivo e pulsante, senza evadere dalle leggi stesse del racconto,cosa che i grandi racconti invece puntualmente fanno.
Si sente che manca lo slancio geniale insomma, l’intuizione inaspettata,il momento in cui le cose nella storia vanno dove hanno voglia di andare a dispetto di quel che decide o non decide l’autore.
Certo, cose del genere forse non si possono pretendere da un prodotto mainstream, ma, continuando il paragone con i predecessori illustri (Dragon Ball, Naruto, OnePiece), ci si accorge di come invece tutto ciò sia in realtà possibile anche in questo tipo di opere.
La sensazione è quella di essere in una zona del narrativo che potremmo definire“per fruitori contemporanei”, dove tutto viene analizzato tramite gli occhi spietati dell’ironia e dell’iper-razionalità e dove la sospensione dell’incredulità è solo un lontano ricordo. I lettori e gli spettatori sembrano oggi aver bisogno di sempre più imprevedibili colpi di scena, di sempre maggior tensione e violenza di modo da non staccare mai il cavo che li collega all’oblio del reale, e molti autori paiono approcciarsi alla scrittura direttamente in questo modo.
Questi consumatori di tali narrazioni a stampo sembrano insomma ricercare un’assuefazione che li tenga per un tempo abbastanza lungo lontani dalla noia totalizzante di questo sistema sociale.
Ed ecco forse il primo motivo del grande successo di un’opera tutto sommato mediocre, a tratti buona ma che non è certo un capolavoro. Il mondo in cui sono cresciute le generazioni a cui è dedicato L’attacco dei giganti (generazioni di cui lo stesso Isayama fa parte, avendo cominciato a disegnare la sua opera all’età di 19 anni) si presenta loro, come prestabilito, preconfezionato e pronto, con tutte le istituzioni e regole volte a mantenere il suo status quo. Ma, soprattutto, si presenta loro come eternamente immutabile(o per lo meno questo mondo, il mondo capitalista ovviamente, occidentale o orientale che sia, vorrebbe che così fosse per autoalimentarsi e continuare ad esistere). Un mondo sicuro. Un mondo dove tutto è creato per essere funzionale e dove le cose vanno nella direzione prestabilita. Si nasce, si va alla scuola dell’obbligo, si va all’università che aprirà le porte al mondo del lavoro e poi si produce la continuazione del sistema.
Questa mentalità, che dagli anni ottanta in poi ha attecchito sempre più nella vita quotidiana, fino a diventare “eternamente vera” e a farci dimenticare che solo pochi decenni prima tutto ciò non era nemmeno lontanamente così, sembra trapelare dalla scrittura delle opere contemporanee, votate all’accettazione e al mantenimento di questo modo di vivere e pensare.
Apocalisse integrata
Isayama stesso dice di aver avuto l’intuizione alla base de L’attacco dei giganti quando fu preso per il colletto da un ubriaco e provò il terrore di trovarsi davanti a un essere con cui non poteva comunicare. Ecco dunque la base della sua opera: un gesto seminale subìto dall’autore che sembra la metafora perfetta dell’irrazionale violento e inappellabile che irrompe nella normale quotidianità benestante.
I giganti, probabilmente la vera grande intuizione del giovane mangaka, potrebbero essere allora l’ombra più oscura del benessere e del capitalismo (stile di vita e di pensiero ormai basilare tanto in occidente quanto in Giappone) e come tali arrivare a minare lo status quo di cui Eren e tutti gli altri giovani protagonisti che si arruolano nei vari corpi d’armata del racconto sono invece i paladini e difensori.
Attack on titans, letto in quest’ottica, ci racconta proprio di un’umanità il cui progresso viene minato da una minaccia inarrestabile e di come essa, attraverso il coraggio e il sacrificio delle sue milizie, cerchi di riappropriarsi di quanto era in suo possesso. Come un ragazzino cresciuto in un mondo preconfezionato che vedendolo attaccato da minacciose orde di stranieri con i quali non riesce a comunicare, decide di armarsi per proteggere la sua realtà.
Oltre ad essere mal realizzato, sia graficamente che testualmente, L’attacco dei giganti risulta da questo punto di vista anche profondamente conservatore e filo-capitalista. Ma, in fin dei conti, nel mondo di oggi, come si può pensare di non essere tali?
Mark Fisher scriveva nel suo saggio Realismo capitalista (NERO, 2018):In Europa e negli Stati Uniti, per la maggior parte delle persone sotto i vent’anni l’assenza di alternative al capitalismo non è nemmeno più un problema: il capitalismo semplicemente occupa tutto l’orizzonte del pensabile.
E l’opera di Isayama è un manga di ambientazione e retaggio molto occidentale.
Questo discorso non vuole dunque sottolineare l’inevitabilità dell’essere conservatori o filo-capitalisti, dell’essere “lo stesso coinvolti”, semplicemente vuole portare a galla questo sottotesto che sembra trapelare da ogni pagina.
L’incoscienza e la leggerezza con cui tutto ciò sembra rappresentato in Attack on titans sono lo specchio perfetto del tempo in cui si manifesta. Qui lo Zeitgeist è ancor più ridondante poiché pare provenire non dall’opera in sé, ma direttamente dalle paure e dai desideri di chi l’ha creata e di chi la legge.
Una colossal edition come quella di Planet Manga non fa altro che amplificare il tutto, mettendo in mano ai lettori l’edizione definitiva della loro ombra. I giganti qui si vedono in tutta la loro inquietante mostruosità e la cannibalizzazione che producono è servita in un eccellente qualità, da Blu-Ray o HD.
I loro volti mal disegnati, in tutto simili a quelli di umani storpiati dal dolore e dalla noia, producono un effetto totalmente perturbante e fastidioso che (voluto o meno) è sintesi ideale del’opera. Inarrestabili, inappellabili e ineluttabili, provengono da una zona di terrore puro del nostro inconscio molto poco frequentata dalla letteratura pop e anche dal cinema. Sono qualcosa non di inedito ma certamente di poco approfondito.
Per fare un parallelo con un’altra serie di successo mondiale, là dove gli zombie di The Walking Dead sono comunque ancora umani, metafora estrema di consumatori e spettatori nonché metamorfosi ultima della nostra noia condannata a vagare in eterno, i giganti di Isayama sono invece l’espansione totale di quello stesso sentimento che ritorna per distruggere le nostre piccole certezze e masticare il cuore stesso del nostro benessere.
Leggendo l’opera da questa prospettiva, i giganti non siamo noi: noi siamo i corpi d’armata del capitalismo che tenta la sortita dal suo mondo corazzato per distruggerne l’ombra abnorme e pantagruelica che lo minaccia.
Allora forse è proprio per questo che L’attacco dei giganti ha trovato un così vasto consenso di pubblico (insieme al fatto che la versione anime, di certo più vista del manga, è disegnata e scritta decisamente meglio): la noia della vita preconfezionata e spettacolarizzata ha trovato il suo ennesimo predatore, e in questo ha trovato respiro.
Ci identifichiamo razionalmente con i giovani militari conservatori ma nell’ombra del nostro inconscio vorremmo essere noi i giganti che distruggono e divorano la società, incarnando compiutamente la nostra ombra che ci consuma.
Abbiamo parlato di:
L’attacco dei giganti- colossal edition #1
Hajime Isayama
Traduzione di Edoardo Serino
Planet Manga, gennaio 2019
576 pagine, brossurato, bianco e nero – 25,00 €
ISBN: 9788891286536
L’attacco dei giganti- colossal edition #2
Hajime Isayama
Traduzione di Edoardo Serino
Planet Manga, gennaio 2019
576 pagine, brossurato, bianco e nero – 25,00 €
ISBN: 9788891286796
Anders Ge
30 Giugno 2019 a 11:58
Ho sempre pensato e portato avanti la mia convinzione, tra gente che mi dava del pazzo o peggio, che usato manga fosse spazzatura sotto ogni punto di vista. E ora cosa penso? Che continua ad essere spazzatura sotto ogni punto di vista e che il successo non ha nulla a che vedere con la reale qualità ed il valore di un’opera o con le capacità di chi le realizza.
la redazione
3 Luglio 2019 a 16:16
Beh, a volte più che la qualità (soggettiva o meno), a volte conta anche intercettare il momento, le tendenze, i gusti e proporre prima di altri una ricetta che faccia breccia.
mario
13 Febbraio 2020 a 12:13
Isayama semplicemente ha creato un’opera in cui ha inserito lui e alcuni suoi amici e ci mostra come il suo desiderio sia quello di difendere il loro mondo. Un mondo sano,fatto di coraggio,di resistenza contro personaggi noiosi,disumani e incapaci di comprendere,che pero’ sembrano avere un legame fortissimo (e tutto da scoprire) con i pochi esseri umani rimasti in vita. Il fatto che i pochi sopravvissuti vogliano difendere il loro mondo,non significa che essi vogliano difendere il capitalismo. Il capitalismo mi sembra meglio rappresentato dai giganti,ovvero da persone abnormi,disumane,che pensano solo a divorare e distruggere tutto quello che non riconoscono più come funzionale e utile alla perpetuazione del loro mondo disumanizzato. Non si può discutere con i giganti,perchè i giganti stessi rappresentano le qualità peggiori dei sopravvissuti,quando cedono al loro lato oscuro e si trasformano.
Francesco Pelosi
17 Febbraio 2020 a 15:47
Anche questo è un punto di vista. Come lo è quello che ho espresso nell’articolo. Ovviamente la mia idea non si basa solo sul fatto che i pochi sopravvissuti vogliano difendere il loro mondo e dunque difendono il capitalismo, nell’articolo si parla di molto altro. La lettura proposto non vuole essere assoluta, ma proporre un’angolazione differente su cui riflettere. La cosa che davvero mi ha colpito poi è la possibile lettura sociale dell’opera e il suo avere centrato lo spirito del tempo, al di là di ogni giudizio di merito.
Lorenzo
14 Agosto 2020 a 11:32
Articolo molto opinabile,sopratutto la prima metà. Lui non sa disegnare, mi sembra chiaro, ma definire la storia banale e scontata, che va dritta in un’unica direzione e che viene spiegata passo passo come se fosse indirizzata a bimbi scemi mi dispiace ma è una gran puttanata, ma grossa grossa eh? per capirci realmente qualcosa bisogna aspettare la cantina, ovvero circa i 2/3 del racconto. Alla faccia della spiegazione per ogni cosa che succede! Dire che dopo il giganti colossale del primo volume non succede nella di interessante fino al sesto è come ammettere di non averlo letto. La morte di eren? Eren che riappare nel gigante? I compagni di cui abbiamo assistito all’addestramento che muoiono in gran numero? Mikasa che sta per morire? Il dibattito su cosa fare di eren? Boh, quel che hai detto non lo capisco proprio. Inoltre tirando in ballo dragon ball fai un grossissimo buco nell’acqua perché se per alcune cose è geniale, per altre è scadente. Parli di sospensione dell’incredulità, ma sai cos’è? No perché non vuol dire fare quel che voglio, tanto è un racconto fantastico… Vuol dire rispettare le regole del mondo che tu, autore, hai creato e presentato all’inizio del racconto. Quindi in poche parole vuol dire essere coerenti a regole diverse da quelle che governano il nostro mondo,che è ben diverso dall’essere liberi di fare quel che si vuole in ogni momento del racconto. E da questo punto di vista dragon ball è pessimo e l’attacco dei giganti è probabilmente il miglior manga che abbia mai letto. Sai quanti riferimenti puoi trovare nei primi volumi alla fase finale che stiamo vivendo adesso? Questo è indice che si sa dove si sta andando senza improvvisare, cosa che in dragon ball (z sopratutto) era all’ordine del giorno. Se poi a te piace spegnere il cervello e non guardare alla logica di ciò che avviene sono scelte tue, ma non puoi dire che l’attacco dei giganti è mediocre perché tutto fila liscio ed è coerente con sé stesso, anche a distanza di 20/30 volumi. Menomale che esiste l’attacco dei giganti, che si differenzia da quel mare di minchiate alla dragon ball, demon slayer, my hero acedemia ecc che si, son belle ma sono ben distanti dal poterle prendere sul serio. Più attacco dei giganti, più naruto, più death note, più full metal alchemist. Viva le cose fatte bene e con una logica e coerenza narrativa coi contro coglioni. Se poi per alcuni che non hanno voglia di accendere il cervello vuol dire essere banali e monotoni non sono problemi dei produttori. Non ti piace? Evidentemente quel prodotto punto ad un target diverso da quello a cui appartieni.