Fumetti in Alta Fedeltà! Intervista a Marco Schiavone

Fumetti in Alta Fedeltà! Intervista a Marco Schiavone

Nel 2003 Alta Fedeltà era una delle più giovani realtà editoriali dell'ambiente fumettistico italiano: ne parlammo con Marco Schiavone.

Alta Fedeltà è una delle più giovani realtà editoriali dell’ambiente fumettistico italiano. Costola delle Edizioni Lo Scarabeo si è subito messa in luce con titoli interessanti ed autori di sicuro richiamo, come Too Much Cofee Man di Shannon Wheeler, Popbot di Ashley Wood e Sam Kieth, Bacchus di Eddie Campbell, NOCTURNALS di Dan Brereton, a cui presto saranno affiancate opere made in Italy che coinvolgeranno tra gli altri Diego Cajelli, Marco Guerrieri e Giuseppe Palumbo.
Abbiamo rivolto qualche domanda a Marco Schiavone, portavoce di Alta Fedeltà.
Per ulteriori informazioni consultate www.alta-flta-fedelta.it.

Come è nata l’idea di fondare questa casa editrice?
Da un mio fioretto in viaggio di nozze, un buon proposito per il 2002 che si è tradotto in realtà.

 

Spiegaci meglio questo episodio molto curioso!
Ero in Australia, dalle parti di Ayers Rock (che infatti se l’é giocata fino alla fine come nome dell’etichetta) ed ho deciso che nel 2002 avrei lavorato ad un progetto di pura passione.

Chi c’é dietro Alta Fedeltà? Cosa fate nella vita “seria”? Come vi siete conosciuti?
Pietro Di Giampietro, ex vaccinatore di tacchini, ex negoziante di fumetti, ex guardiano della Mole Antonelliana, ex Piuma Blu, disegnatore, critico e ora apprezzato vinaio. Marco Ricompensa, dee-jay, giornalista musicale, nightclubber. Marco Schiavone, rompipalle. Frequentiamo tutti e tre lo stesso spacciatore, Fantafumetto di Torino.

Perché Alta Fedeltà, un nome che richiama più alla musica ed alla letteratura di Nick Hornby che al fumetto?
Perché siamo tutti appassionati di musica, perché nel libro di Hornby puoi sostituire i fumetti ai dischi e ricavi noi (e molti altri) e perché suona bene.

Allora niente di meglio che “copiare” Hornby! I tuoi 5 fumetti preferiti?
Mamma mia. Rispondo di getto, traendo dalle ultime letture, altrimenti ti rispondo tra sei mesi! Allora, vediamo. Hicksville, XIII, 100 Bullets, Alias e V for Vendetta che ho riletto la settimana scorsa per la centesima volta.

I cinque scrittori di cui non perdi un numero?
Alan Moore, Neil Gaiman su tutti, poi Brian Micheal Bendis, Grant Morrison, Mark Millar e tra i nostrani Castelli.

I cinque disegnatori che per te valgono da soli l’acquisto di un fumetto?
Sicuramente Dan Brereton, Ashley Wood e Giuseppe Palumbo perché ho avuto modo di apprezzarli umanamente. Poi mi piacciono alcune nuove leve come Seth Fisher, Leinil Francis Yu, Phil Noto, per non parlare dei mostri sacri come Sienkiewicz, Toppi, Moebius. Ah, e Manara, anche se non è molto di moda oggi tra gli addetti ai lavori.

Potreste essere voi a “farlo tornare di moda”?
No, direi che è troppo caro per le nostre tasche. Pero’ disegnerà una storia di Desire per Endless Dreams della Vertigo, è già qualcosa.

Ultima classifica: i cinque fumetti che, se potessi, vorresti pubblicare?
Dipende. Tradurre? No, grazie va bene così. Produrre? Allora, dipende in quale dei sogni stiamo navigando. In quello in cui io sono a capo della DC, mi tengo BATMAN così come è, con Loeb e Lee, pero’ obbligando Lee a disegnarne i prossimi 150 numeri. Poi do SUPERMAN a Grant Morrison e Leinil Francis Yu, e GREEN LANTERN a Mark Millar e Seth Fisher. Trasformo WONDER WOMAN in bimestrale, obbligando Adam Hughes a disegnarla, magari con le storie di Claremont. E darei FLASH a Sam Kieth e Ashley Wood, così, tanto per vedere quanto riescono a far arrabbiare i fan storici.

Torniamo alla storia di Alta Fedeltà. Lo Scarabeo fin’ora aveva avuto contatti con il fumetto solo in maniera poco costante. Come è nata la decisione di occuparsene in prima persona in maniera “continuativa”?
Lo Scarabeo ha fatto parecchi libri, ha realizzato i fumetti della Sindone, ha provato qualche avventura senza grande successo(Video max, Esp, Arcana Mater). La decisione deriva dalla mia funzione: gli ho talmente rotto le scatole che per stanchezza hanno ceduto.

Perché avete scelto loro?
Perché sono persone oneste, innanzitutto, molto schiette e godono di stima nell’ambiente. Inoltre, conoscono davvero un sacco di gente.

Avete avuto contatti con altri per questo progetto prima di questa scelta?
Sinceramente Lo Scarabeo è stata la prima scelta e abbiamo puntato su di loro. Le alternative sarebbero state diverse, con editori di taglio diverso.

Avete mai pensato di autoprodurvi?
Sinceramente? No. Non ci abbiamo pensato proprio perché abbiamo visto altre autoproduzioni, e questo non è il momento storico adatto.

Che rapporto e che libertà avete nei confronti dello Scarabeo?
Siamo nella pratica una divisione autonoma che risponde alla casa madre di costi e ricavi. Le decisioni sono tutte nostre, Mario, Piero, Alberto e Riccardo ci aiutano con consigli, contatti e suggerimenti sempre molto apprezzati.

Come mai la decisione di non uscire con il marchio de Lo Scarabeo?
Mah, direi che abbiamo creato un imprint con il marchio Scarabeo, non lo abbiamo usato come first-brand, ma neanche cancellato del tutto. Credo che Lo Scarabeo sia associato ai tarocchi oggi, o ad un certo tipo di libri monografici che c’entra poco con le nostre releases.

Avete sentito della “ostilità” da parte delle altre case editrici, o vi hanno invece aiutato nei vostri primi passi?
Penso che il fumetto sia uno dei pochi campi in cui tra ‘concorrentì ci si aiuta: a Napoli ho visto Sergio Bonelli incoraggiare sinceramente i ragazzi di John Doe! Sempre a Napoli abbiamo avuto lunghe e interessanti conversazioni con Coconino, Nova, Eura, Edizioni BD: confronti sinceri su come trovare chiavi di accesso al mercato migliori per tutti.

Cosa avete preso d’esempio dalle altre case editrici?
Per ora poco. Sicuramente la Coconino è un modello di qualità per veste grafica ed eterogenia di proposte, proveremo pian piano ad allargare anche le nostre vedute, ma con uno spettro ridotto.

Che difficoltà avete incontrato affacciandovi sul mercato? A cosa non avevate pensato?
All’impreparazione di molti librai, ed a come paradossalmente i libri che si vendono di più non si trovano sugli scaffali. Le novità sono trattate a volte come in una videoteca: buone per un mese, e poi vade retro riordini.

Il rapporto tra editori/distributori e librerie è piuttosto controverso. Ma dove stanno le ragioni e le colpe? Le librerie hano bassi margini di rischio, il lettore non riesce a venire a conoscenza di tutte le uscite che non godono di pubblicità sufficente, le case editrici non spediscono copie “per visione” alle librerie. Quali soluzioni vedi?
Le case editrici le copie in più le spediscono, ma i librai se le vendono, mica le tengono come copie in visione…purtroppo anche i distributori si trovano tra l’incudine di case editrici che chiedono sempre più spazio, ed il martello di un libraio che, giustamente a causa del conto assoluto, centellina i rischi. In generale il fumetto in Italia può contare su davvero poche decine di persone preparate sotto il profilo industriale o marketing. Tutti gli altri lo affrontano come si affrontano gli hobby: io non mi sono mai posto domande sul ciclo di vendita delle squadre del Subbuteo, perché mi era sufficiente scaldarci il mio dito indice sopra.

Parlando tra voi addetti, come viene vista la situazione editoriale per i fumetti
Da un lato interessante perché stiamo vivendo questo cambio epocale di abitudine all’acquisto del libro invece dell’albo spillato. Dall’altro sconsolante perché la congiuntura economica non ci permette di fare tutto quello che vorremmo.

Pero’ nascono nuove realtà e nuovi titoli, d’importazione o made in Italy. Non è un po’ un paradosso?
No, direi di no. Nei momenti di “crisi” c’é sempre più fantasia nello sperimentare, nei momenti di “boom” c’é la corsa al cash-in, al raccolto. La transizione è complessa da un lato perché stiamo spingendo gli appassionati dall’edicola in libreria; dall’altro perché oltre a questo spostamente cerchiamo di convincerli a spendere molto più di quanto erano abituati per dei volumi invece che per albi spillati. Ci vuole tempo, e la congiuntura economica generalmente negativa non aiuta, in quanto soldi in tasca ce ne stanno di meno!

Come avete scelto i primi titoli?
Nei sei mesi precedenti abbiamo filtrato le proposte, e tra queste abbiamo scelte quelle più sensate, e quegli autori con cui siamo riusciti a stabilire un buon feeling.

Sono autori e fumetti che prima di tutto piacciono a voi, o che ritenete validi al di là dei vostri gusti?
Entrambi, speriamo. Ma sai, la seconda cosa è difficile slegarla dalla prima, se non parliamo di Monica Bellucci.

Quanto tempo occupa la ricerca dei prodotti validi da pubblicare? Come gestite questo aspetto?
Ce ne occupiamo in prima persona e riceviamo segnalazioni per i mercati o gli autori che conosciamo meno.

Quale vuole essere la vostra linea editoriale? Cercate di creare un senso di forte identità nelle vostre pubblicazioni?
Sì, assolutamente. È questo lo scopo principale del sito web e della mailing list, nonché delle sporadiche magliette.

Avete preso contatto direttamente con gli autori o con le loro caseeditrici? Quali difficoltà avete trovato?
Dove possibile direttamente con gli autori, i problemi che abbiamo sono con agenti e case editrici che perdono i materiali, millantano relazioni, tirano sui prezzi; tutte cose che con gli autori non capitano.

Pensate di continuare il rapporto di lavoro con questi autori?
Si: Too Much Coffee Man II uscirà nel 2004, mentre Bacchus e Popbot 3 dovrebbero vedere la luce in autunno. Tra gli italiani Palumbo, Cajelli e Bertelé sono già al lavoro su nuove cose per noi.

Avete qualche aneddoto su di loro, qualche particolarità nel vostro rapporto con essi?
Mmm, sì, diversi, ma forse i più divertenti sono censurabili…
Posso pero’ parlarti di questo curioso fenomeno: il morbo di Stefano. Lucca di novembre, in conferenza stampa in nostro resident dj Marco Ricompensa illustra le nuove pubblicazioni, parlando di un misterioso Stefano Bertelé. In realtà, il bravo Bertelé si chiama Luca. Inizia il tormentone. Scuola di Fumetto 8, ultimo Fumo di China, Annuario Fumo di China: tra i partecipanti a Volume Due spicca tale Stefano Baronciani. Sarà anche bravo, ma noi pubblicheremo Alessandro Baronciani… Andrea Piccardo, bravo webmaster della Coconino, si presenta a noi con i suoi lavori. Salutandolo, gli faccio: ciao Stefano!
Nessuno di noi si chiama Stefano o ha amanti, fidanzati o genitori con questo nome. Il mistero è fitto.

Che persone sono? Puoi fornirci qualche breve commento o curiosità sugli autori come persone?
In generale è sorprendente la disponibilità e umiltà di tutti quelli che hai nominato. Ad esempio Emiliano Mammucari che mi chiede se ci sono cose da fare per Volume Due, in un momento per lui di estremo casino lavorativo, è poco meno che commovente. O Eddie Campbell che si collega a Radio Popolare per ascoltare Andrea Plazzi che gli dedica la trasmissione, pur non capendo molto d’italiano.

È più difficile lavorare con autori che si ammirano? Crea soggezione rapportarsi a loro?
Un pochino sì, a dir la verità, ma sono tutti bravissimi a mantenere un basso profilo ed a creare un ottimo rapporto. Bryan Talbot, per discutere una eventuale collaborazione, ci ha invitato a stare due giorni a casa sua, per esempio, alla fine dei quali, e soprattutto alla fine di 7-8 bottiglie di vino, abbiamo tirato fuori un bel progetto per il 2004.

Ci sono ancora molte realtà a fumetti da esplorare, che ancora l’Italia non ha visto?
Io ho un paio di cose scandinave che dovrei riuscire a proporre al pubblico italiano. Non sono affatto male, sai?

Negli ultimi tempi sono arrivati dall’estero le vostre proposte, la Crossgen, le opere inglesi della Indy Press, la King Comics ne prevede altre: molte opere edite in Italia da case editrici “minori”. C’é più coraggio da parte di queste ultime, o più possibilità?
Purtroppo la risposta è che tradurre costa meno che produrre, e spesso da più soddisfazioni, economiche e non. Inoltre, quando compri pellicole o cd già realizzate sei sicuro di avere un prodotto che, nel caso invece debba essere realizzato apposta, ti farà soffrire molto di più per mancate deadline, etc etc.

Come mai le case editrici principali non scommettono su certi titoli, anche se validi?
Perché il numero di copie potenziali non è sufficiente. Se la Magic avesse venduto 1000 copie di Bacchus, probabilmente lo avrebbero ritenuto un insuccesso. Per noi è invece un risultato più che soddisfacente.

Proverete anche la strada della produzione di opere italiane. Questo era già in progetto fin dagli inizi, o è una possibilità, un proposito maturato con il tempo?
No, no, sin dagli inizi volevamo affiancare alle traduzioni una percentuale di prodotti ad hoc.

Nonostante le difficoltà di cui abbiamo detto, non avete voluto rinunciare al prodotto nostrano. Come gestite questo settore, lasciate agli autori carta bianca o proponete voi dei progetti?
Direi che la quantità di progetti in cerca di editore è tale che sarebbe folle dare delle linee guida: ci limitamo a vagliare i progetti che ci vengono sottoposti.

Tra le vostre prime pubblicazioni anche la rivista omonima Alta Fedeltà. Una mossa di certo coraggiosa, vista la risposta fredda del mercato di fronte a queste proposte, quasi un azzardo.
Certo, pero’ anche un gran divertimento produrla. Difatti ad un anno di distanza replicheremo con Volume Due, che posso anticiparti è una bomba nucleare! (oops, speriamo non mi senta Dabbliù). In fiera Volume Uno è il libro più venduto, in libreria il meno. Dato che ai nostri stand non si trovano hostess scosciate, credo che si spieghi solo con il fatto che il libraio medio decide di non investire un minuto a spiegare che cosa ci sta dentro un antologico di racconti autoconclusivi.

In progetto ci sono anche dei Web-Comics. Credo sia un proposito interessante, anche per far avere ai possibili lettori un assaggio di cosa comprare. Come vanno questi “lavori in corso”?
In realtà più che un assaggio i comics via web dovrebbero essere proprio fumetti leggibili SOLO via web, che quindi non stamperemo. Ci stiamo lavorando.

Quali sono le vostre passioni a fumetti al di fuori delle vostre produzioni?
Condividiamo un orientamento verso il prodotto anglofono, quindi Alan Moore e Neil Gaiman su tutti, ma anche Breccia, e poi alla fine tutti i prodotti ben fatti. Siamo ansiosi ad esempio di leggere i John Doe degli amici dell’Eura!

Se dovessi, in poche righe, spiegare cosa occorre per creare una casa editrice di fumetti, cosa indicheresti come essenziale?
Soldi e Follia in quantità inversamente proporzionali.

Ringraziamo il “folle” Marco Schiavone per l’intervista, augurando a lui ed a Alta Fedeltà di continuare lungo l’ottima strada intrapresa!

Intervista rilasciata a Febbraio/Marzo 2003

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