Con I mostri sono loro fa il suo esordio la miniserie inedita dedicata a Daryl Zed, personaggio ideato da Tiziano Sclavi per il numero 69 della serie regolare di Dylan Dog, dal titolo Caccia alle streghe.
In quell’albo, Zed era un cacciatore di mostri, protagonista di un fumetto horror pieno di scene splatter, ideato da un amico di Dylan Dog, Justin Moss, il quale aveva preso ispirazione proprio dall’Indagatore dell’incubo. Un evidente gioco metaletterario a scatole cinesi funzionale alla narrazione in cui Sclavi, con il supporto di Piero Dall’Agnol ai disegni, prendeva posizione sul tema della censura e della rappresentazione della violenza nei prodotti d’intrattenimento.
Nella figura di Daryl Zed, che sin dalle assonanze nel nome e nella professione sembrava richiamare fortemente Dylan Dog (anche con la sua espressione tipica, trasformata in “Giosafatte salterino!“), lo sceneggiatore di Broni aveva riversato l’archetipo del personaggio accusato al tempo di “sedurre gli innocenti” e causarne ogni decadenza morale.
Caccia alle streghe rappresentava una forte presa di posizione sociale, culturale e persino politica contro tali istanze di “istigazione a delinquere” da parte di opere di fiction a larga diffusione nel pubblico giovanile: la storia venne pubblicata nel giugno 1992, ovvero in uno dei periodi di maggior successo di Dylan Dog, e l’argomento era particolarmente sentito in quegli anni, anche in ambito politico (il riferimento, in particolare, è alle interrogazioni parlamentari del 1990 incentrate sui fumetti splatter).
Circa venticinque anni dopo, Daryl Zed era riapparso in Caccia agli Inquisitori, uno dei tre episodi contenuti all’interno di Dylan Dog Color Fest #22, che presentava vari remake di classiche storie sclaviane. La storia, di Tito Faraci e Nicola Mari (con colori di Luca Saponti), rappresentava sostanzialmente una visione “ribaltata” di Caccia alle streghe: stavolta era Daryl Zed a leggere storie incentrate su Dylan Dog. L’inquilino di Craven Road diventava il protagonista di un fumetto sceneggiato da “Tiz”, miglior amico di Daryl, con le fattezze di Tiziano Sclavi. In tal modo, Faraci rendeva il meccanismo metanarrativo sostanzialmente più lineare e facile da gestire: il lettore e Daryl Zed si trovano ad assumere la medesima prospettiva, in cui è Dylan Dog a essere fatto di carta e china.
Il mondo di Daryl Zed risponde però a regole differenti e proprio su questo sembra concentrarsi la miniserie che ha fatto il suo esordio a gennaio 2020, primo spin-off inedito seriale incentrato su un personaggio nato tra le pagine di Dylan Dog. Sempre su sceneggiatura di Tito Faraci, il primo numero vede nuovamente ai disegni Nicola Mari (mentre gli episodi successivi vedranno il contributo di Angelo Stano e Werther Dell’Edera), con la colorazione retrò di Sergio Algozzino.
Si tratta di un albo ampiamente introduttivo, che contiene un paio di strizzate d’occhio ai fan di Dyaln Dog, tra cui la rinnovata presenza di Tiziano Sclavi come personaggio e una versione differente di Johnny Freak, uno dei comprimari più amati in assoluto.
La vicenda è virata su toni pulp, descrivendo un mondo in cui tutto è bianco o nero, senza mezze misure. La narrazione è lineare, volta a tracciare nettamente il confine tra il bene e il male, mantenendosi sempre all’interno dei recinti della narrazione di genere. La storia rappresenta una fedele riproposizione degli stilemi narrativi di un genere particolarmente caro a Faraci, inseriti spesso e volentieri in varie modalità in molti fumetti seriali che si è trovato a scrivere nel corso degli anni.
Il protagonista si esprime mediante frasi che sembrano riprese da un romanzo di Mickey Spillane, richiamo a un clima hard-boiled affine allo spirito del personaggio e adatto alla sua rappresentazione, con l’aggiunta di elementi di fantasia come i vampiri, i mostri e gli alieni.
Il mantra del Dylan Dog sclaviano, quella frase “I mostri siamo noi” che era diventata un emblema dell’esistenzialismo e della comprensione della diversità insite nella penna di Sclavi (riportando la definizione al suo significato originario e più autentico, ovvero al latino monstrum: “portento”, “prodigio”, “meraviglioso”, vedi anche qui), viene trasfigurato sin dal titolo dell’episodio in “I mostri sono loro”: c’è un “noi” (i buoni) e un “loro” (i cattivi), senza possibilità di confondersi.
In questo senso, non tenere conto del lavoro intellettuale e concettuale della storia originaria sclaviana e delle sue potenzialità metaletterarie, che qui sembrano rappresentare un richiamo fine a sè stesso, che non va a stratificarsi su ulteriori significati.
Vero punto di forza (come già per l’episodio pubblicato nel 2017 sul Color Fest) è l’approccio alla componente artistica.
Le tavole di Nicola Mari sono caratterizzate dal suo tratto spigoloso, ma il lato gotico e oscuro del suo stile sono meno evidenti rispetto ad altri suoi lavori, lasciando emergere le brillanti scelte per la colorazione. Il contributo di Algozzino è infatti determinante nel costruire il sapore vintage dell’albo, tra pagine ingiallite, tinte piatti e colori sgranati: una colorazione “pop” particolarmente riuscita. È espressamente dichiarato il richiamo alle pubblicazioni degli anni ’60, con l’aggiunta persino delle sbavature tipiche degli albi dell’epoca, che contribuiscono a conferire alla storia un sapore retrò.
Questo approccio al colore porta avanti un discorso editoriale che aveva trovato sinora massima espressione nella pubblicazione in volumetti de Il Dylan Dog di Tiziano Sclavi (in quel caso la colorazione era ad opera di GFB Comics e Luca Bertelè e andava ad inserirsi su tavole originariamente pensate e pubblicate in bianco e nero) e che era stato inaugurato da Diabolo The Great (remake di Dylan Dog #11 di Tiziano Sclavi e Luca Dell’Uomo), episodio pubblicato su Dylan Dog Color Fest #18 nel quale Paolo Altibrandi aveva colorato le tavole di Valerio Piccioni e Maurizio Di Vincenzo con uno stile vintage che riprendeva esplicitamente le pubblicazioni anni ’50 della EC Comics come Tales from the Crypt.
Tornando alla mini in questione, molto interessante anche la quarta di copertina con la pubblicazione di false pubblicità e di Craven Road Comics, strip comica con Dylan Dog e Groucho, ad opera di Sergio Algozzino in qualità di autore completo, che rappresenta in qualche modo uno dei fumetti di Dylan Dog pubblicati nel mondo immaginario di Daryl Zed.
A livello editoriale, Daryl Zed sembra confermare la nuova direzione della Sergio Bonelli Editore nel confezionare serie inedite per il mercato delle fumetterie. Un percorso inaugurato alla fine del 2019 da Attica di Giacomo “Keison” Bevilacqua e che, parallelamente all’espansione progressiva tra gli scaffali delle librerie (in corso ormai da alcuni anni) impone un ripensamento di formati, prezzi e confezione. In particolare il formato di 32 pagine ad albo risulta inusuale per la casa editrice di via Buonarroti (almeno a livello di prodotto venduto singolarmente, senza dimenticare che gli Speciali degli anni ’90 avevano in allegato proprio un libretto spillato di 32 pagine dedicato a uno dei comprimari), plausibilmente legato alla necessità di adattarsi a un nuovo mercato e cercare nuove modalità espressive.
La brevità dell’albo e la sua natura introduttiva permettono di trarre poche conclusioni definitive sulla trama, sulla sceneggiatura e sul progetto in generale, per le quali occorrerà attendere l’evoluzione della storia nel corso dei prossimi numeri.
Nonostante ciò, possiamo comunque affermare che Daryl Zed presenta diversi aspetti di discreto interesse (su tutti la veste grafica), racchiusi in un episodio che, pur nella sua forse eccessiva introduttività, tiene fede alle sue premesse e può essere apprezzato in particolare da alcuni fan di Dylan Dog della prima ora.
Abbiamo parlato di:
Daryl Zed – I mostri sono loro #1
Tito Faraci, Nicola Mari, Sergio Algozzino (colori)
Sergio Bonelli Editore, gennaio 2019
32 pagine, formato 16×21 cm, colore – 3,50 €
ISBN: 9788869614903