Tra chine, colori, scuole e supereroi: Lorenzo Ruggiero.

Tra chine, colori, scuole e supereroi: Lorenzo Ruggiero.

L'inchiostratore napoletano è uno degli artisti italiani che da più tempo collabora con il mercato americano. Andiamo a conoscerlo meglio in questa chiacchierata.

Lorenzo Ruggiero ha 37 anni. Inchiostratore, e in passato anche colorista, collabora attualmente per Marvel e DC Comics. Inizia a lavorare nel fumetto nei progetti Innocent Victim, attraverso i quali ha stretto la collaborazione più duratura della sua carriera, quella con Giuseppe Camuncoli. Attualmente è direttore artistico e docente presso la neonata sede napoletana della Scuola Internazionale di Comics. 

 Ciao Lorenzo, presentati ai nostri lettori.
Ciao Salvatore e un saluto a tutti i lettori del sito lospaziobianco. it.
Mi chiamo Lorenzo Ruggiero, ho 37 anni, vivo a Napoli e da circa 8/9 anni lavoro prevalentemente per il mercato americano. Principalmente come inchiostratore per Marvel e DC Comics. Inoltre, da qualche tempo ormai, affianco alla mia attività principale anche quelle di art director e character designer per videogiochi e di docente presso la Scuola Internazionale di Comics a Napoli. 

Sei uno dei casi fumettistici più eclatanti del famoso “profeta fuori patria”, avendo tu lavorato poco col mercato italiano mentre in America sei riuscito a sfondare. Secondo te quale è stata la ragione? Magari anche un tuo accentuato interesse per il mercato fumettistico a stelle e strisce?
Esatto. Direi semplicemente una fortissima passione che sin da piccolo ho avuto per i comic books statunitensi. Posso dire di aver imparato a leggere sugli albi della compianta Editoriale Corno, che all’epoca presentavano le storie dei personaggi Marvel in Italia. Sia chiaro: come tutti i bambini, leggevo anche Topolino, Corriere dei Piccoli, Giornalino, ovviamente. Bastava fossero fumetti, insomma! Ma è indubbio che quelle pagine coloratissime e “potenti” degli albi Corno avessero ai miei occhi un qualcosa in più ed abbiano influenzato negli anni a venire il mio immaginario fumettistico e creativo. Del resto parliamo di tavole disegnate da autori come Kirby, Romita e Buscema. Non gente qualunque, per intenderci! Posso sinceramente ammettere, quindi, che fino ad un certo punto della mia vita sono stato “monogamo” a livello di passione fumettistica.
Ho iniziato a seguire i fumetti della Bonelli, ad esempio, quando uscirono Dylan Dog e Nathan Never. E ho conosciuto altri fumetti, altri mercati, altre scuole stilistiche e nuovi autori (fino a quel momento per me sconosciuti) per la prima volta durante il periodo in cui ero studente della Scuola Italiana di Comix a Napoli. Parliamo del 1997/98. Internet (e quindi la possibilità di curiosare in rete) non era diffuso come oggi. Il mio percorso formativo, poi, è stato abbastanza anomalo. Prima di iscrivermi alla Comix (spinto tra l’altro semplicemente dalla curiosità) non avevo frequentato alcun liceo artistico, né istituto d’arte.
Arrivavo alla Scuola solo con un’esperienza da autodidatta e con la passione per i supereroi. Un “Vero Credente” come avrebbe detto Stan Lee. Va da sé quindi che una volta realizzato che volevo fare il fumettista come lavoro, il mercato verso il quale mi sono rivolto e nel quale volevo affermarmi professionalmente fosse naturalmente quello americano.

Copertina per un numero speciale di Diabolik per l’edizione 2004 del Comicon. Ai disegni, Camuncoli & Ruggiero

Sei soprattutto un inchiostratore, ed è famosa soprattutto la tua collaborazione con Giuseppe Camuncoli, altro disegnatore Marvel. Quali sono le ragioni di questa lunga collaborazione? C’è anche un’amicizia che travalica il lavoro?
Devo molto della mia crescita professionale a Cammo (soprannome di Giuseppe Camuncoli -ndr), Matteo Casali, Michele Petrucci e a tutti gli altri ragazzi di Innocent Victim. Il mio esordio, infatti, è avvenuto con loro su Bonerest, progetto targato Innocent Victim, appunto, e pubblicato da Magic Press in Italia e dalla Image in America.
Su Bonerest esordii come inchiostratore e colorista per poi continuare a lavorare come inker, con Cammo prima e con altri pencilers poi, su alcuni progetti per DC. Da quel momento in avanti, la mia carriera ha iniziato a proseguire con una certa regolarità. Prima con DC e successivamente anche con Marvel. Ovviamente, come spesso capita in questo lavoro, una relazione professionale si basa anche su una forte amicizia. Ed è quello che è successo, in effetti. Se poi consideriamo che sono stato io a presentargli la sua attuale moglie, capirai che negli anni l’amicizia ha nettamente superato nella scala dei valori il nostro rapporto di collaborazione professionale.
Detto questo, credo che comunque Cammo e Matteo mi chiamarono ai tempi per lavorare con loro (dopo aver visto delle pagine di prova che inviai all’epoca al sito di Innocent Victim) perché ritenessero fossi bravo… spero non solo per la simpatia e gli occhi azzurri!

Chine tratte da Fantastic Four
Chine tratte da Fantastic Four

 Hai lavorato anche come colorista: spiegaci differenze e similitudini tra il lavoro dell’inchiostratore e quello del colorista. E come mai poi alla fine hai deciso di dedicarti maggiormente alle chine?
Diciamo piuttosto che all’inizio, pur di cominciare a pubblicare qualcosa, mi sarei occupato anche del lettering, qualora ce ne fosse stato bisogno! Scherzi a parte, su Bonerest mi fu chiesto se volevo occuparmi di chine e colori e io prontamente (e anche con l’incoscienza dell’esordiente) accettai. Fu un vero sbattimento! Soprattutto per questioni di tempi stretti. Ma iniziai, comunque, a fare molta esperienza, essendo il mio primo lavoro professionale con delle scadenze.
Quindi, successivamente, mi sono stati offerti alcuni lavori come colorista, ma soprattutto per il mercato italiano. A onor di cronaca, infatti, dagli Stati Uniti (dove avevo già iniziato ad inchiostrare qualcosina per DC Comics) ormai già cominciavano ad arrivare frequenti offerte come inker. Per cui, da lì a poco, il definitivo passaggio da una sponda all’altra (e mi raccomando, non fraintendetemi e non fate i maliziosi!) fu praticamente automatico. Bisogna battere il ferro finché è caldo, come si suol dire, e scelsi definitivamente la mia strada in base al fatto che mi arrivavano sempre più di frequente offerte di lavoro come inker. La mia prima e unica esperienza “americana“ come colorista è datata ormai 2004 e fu su una serie della Image che si intitolava NYC Mech. Da allora, sempre e solo inker e in alcuni casi anche layout artist.
Per spiegare invece le differenze tra il lavoro di inchiostrazione e quello del colorista, mi piace ultimamente (quando capita che mi venga chiesto da alcuni studenti della scuola) fare una similitudine col mondo del cinema. Dove potremmo paragonare le chine al trucco ed alla fotografia (soprattutto quando si fa largo uso di neri pieni), mentre il colore lo si può paragonare agli effetti speciali. La formazione di un inchiostratore è di base comunque legata al disegno per il fumetto, in quanto l’inchiostratore stesso è un disegnatore di fumetti. Mentre ritengo (ma è un’opinione assolutamente personale, s’intenda) che un ottimo colorista debba partire da una conoscenza della teoria del colore che lo avvicini di più alla formazione di un illustratore. In sostanza, un ottimo colorista digitale molto spesso è anche un bravo illustratore manuale.
Le similitudini invece consistono principalmente nell’essere in grado di valorizzare al massimo la resa finale della tavola. Senza stravolgere o modificare troppo il senso delle matite iniziali. A tal proposito mi piacerebbe riportare una frase che poco tempo fa il grande Klaus Janson disse a Cammo. E cioè che più le matite sono precise più un inker riesce a far “saltare fuori” nel modo migliore il tutto. Più sono imprecise o poco dettagliate e più salta fuori, inevitabilmente, lo stile di disegno dell’inchiostratore. Ah, e un’altra similitudine sono sicuramente le scadenze! Che si fanno sempre più strette col passare degli anni e che se differiscono di poco tra matitista e inchiostratore, possono diventare un vero e proprio inferno per il colorista: essendo l’ultimo ingranaggio della catena produttiva, molto spesso si deve sobbarcare di eventuali piccoli ritardi accumulatisi in precedenza.

Come mai secondo te i fan molto spesso “dimenticano” il lavoro dell’inchiostratore quando invece sappiamo quanto è importante per la qualità delle tavole? Forse anche il fatto che tranne pochi casi (mi vengono in mente Palmiotti e Janson) non ci sono superstar del mercato tra gli inchiostratori?
Sicuramente è dovuto anche a quello che dici tu. Del resto hai citato due delle poche vere superstar del settore, a cui mi permetto di aggiungere Danny Miki, Scott Williams e Joe Weems. Questi ultimi due, tra l’altro, da anni fanno un lavoro encomiabile di texturing, pulizia e “razionalizzazione” sulle matite di Jim Lee e Marc Silvestri. Ritornando poi a Klaus Janson, quelli un po’ più vecchietti come me ricordano sempre con ammirazione il suo fenomenale contributo alle matite di Frank Miller, prima su Daredevil e poi su Il Ritorno del Cavaliere Oscuro.
Inoltre, credo che solo il fan più… diciamo… tecnico o l’addetto ai lavori è in grado di accorgersi dell’apporto, sia in senso positivo sia in senso negativo, che un inker più o meno bravo può dare alla resa finale.
Nella maggior parte dei casi è il risultato ultimo che conta. Cioè il prodotto che finisce in mano ai lettori. Mettiamola così: “dietro un grande disegnatore, c’è sempre (o almeno in alcuni casi) un grande inchiostratore”!

Copertina del primo numero di Bonerest

Cosa ci puoi raccontare della tua esperienza nel mercato italiano al servizio della Innocent Victim? Che ricordi hai di quel periodo?
Sicuramente dei ricordi bellissimi. Come ti dicevo prima, l’esperienza Innocent Victim coincide con i miei esordi professionali e ancora oggi sono legatissimo affettivamente a quel periodo ed alle cose che facemmo. Bonerest ad esempio, ha avuto e ha ancora oggi un suo seguito di appassionati che lo ricordano. Tant’è che capita ancora qualcuno che ogni tanto chieda a me, Cammo o a Matteo, durante le convention, se prima o poi ci sarà un sequel.
Innocent Victim nasceva come comics lab e dalla voglia e la passione di alcune persone che volevano fare i fumetti in un certo modo (strizzando l’occhio alla produzione Vertigo, solo per citare un esempio) e che volevano raccontare le loro storie. Ma soprattutto c’era la voglia di far fruttare in maniera concreta, attraverso anche l’autoproduzione, una propria passione comune. Oggi quelle stesse persone si sono affermate in campo nazionale ed internazionale, sia nel mainstream che nel settore delle graphic novel o del fumetto d’autore. E chissà che un giorno non si decida di rifare un qualcosa di nuovo tutti assiemé Che so, magari un volumone collettivo… un qualcosa tipo reunion dei Police o dei Genesis solo per un tour. Ho esagerato?

Tavola tratta da La Neve Se Ne Frega

Pensi mai ad un ritorno lavorativo nel Belpaese?
Non l’ho mai escluso a priori, in verità! Come ti dicevo, infatti, se oggi ho l’onore di poter lavorare per Marvel o per DC Comics è solo perché ho avuto la stragrande fortuna di poter realizzare il mio sogno di bambino-fan dei supereroi. Solo per fare un esempio chiarificatore: se da piccolo fossi stato un fan sfegatato degli albi Bonelli, probabilmente avrei fatto di tutto per iniziare e poi continuare la mia carriera su un loro progetto.
Quindi mi piacerebbe sì. La mia unica esperienza di alto profilo per il mercato italiano fu lavorare sull’adattamento a fumetti del romanzo di Luciano Ligabue “La Neve se Ne Frega“ per Panini Comics.
E recentemente (un paio di anni fa, circa), l’aver partecipato come disegnatore al progetto Nero Napoletano, un volume collettivo firmato da 50 disegnatori campani, per 50 episodi, di cui ciascuno ha realizzato due tavole. La storia, sceneggiata da un gruppo di scrittori coordinati da Sergio Brancato, è ambientata a Napoli e si svolge in un lasso temporale di 12 ore. Il suddetto volume uscì in allegato con il Corriere del Mezzogiorno.
Bisogna anche essere realisti però. Nel senso che questo è un lavoro a tutti gli effetti con cui bisogna mantenersi e portare la pagnotta a casa. Lavorare per Marvel o DC consente di soddisfare questa esigenza. In Italia credo che solo Bonelli possa essere considerata alla pari dei due colossi statunitensi. Sia in termini di blasone che in termini di guadagni.
Comunque il nostro lavoro è sempre un lavoro da libero professionista. E oggigiorno con la comunicazione globale c’è una maggiore connessione tra i vari mercati e produzioni legate all’entertainment. Se sai disegnare e sei un valido professionista puoi tranquillamente lavorare su prodotti diversi. Partendo dal fumetto, passando per i videogames sino ad arrivare (anche con un pizzico di fortuna, perché i budget a disposizione sono notevolmente più alti) anche al mondo del cinema. Per cui, chi lo sa?Oggi fai una cosa, domani lavori su un’altra per un altro editore… Mai dire mai, insomma! L’importante e non stare mai fermi.

Tavola inchiostrata tratta da Ms. Marvel

Raccontaci dei tuoi inizi americani: come è stato passare dalla produzione di fumetti di nicchia al mainstream più luccicante del pianeta? Si sente il peso delle responsabilità ogni volta che ti dedichi ad un personaggio che sai che verrà letto da persone di tutto il mondo?
Ricordo quel momento come un mix di adrenalina, eccitazione e tremarella pura! Avevo appena finito di lavorare a Bonerest e mi fu offerto il primo lavoro dalla DC Comics! Era una storia di Robin che si intitolava War Games e che rientrava in un crossover che coinvolgeva gran parte delle testate di Batman.
Ricordo che tale era la mia volontà di fare bella figura e di risultare professionale al massimo, che mi approcciai a quel lavoro manco stessi discutendo una tesi di laurea! Settimane in cui non uscivo di casa per paura di non rispettare le scadenze! Per fortuna oggi, dopo anni di esperienza il mio approccio è sostanzialmente regolare, professionale e notevolmente più tranquillo e rilassato. C’è sempre un pochettino di stress quando si è vicini al giorno della scadenza, ma in linea generale le mie giornate lavorative proseguono su binari di assoluta normalità. Come un qualsiasi altro lavoro. Sveglia alle 7/7:30. Inizio a lavorare verso le 9. Stacco per una pausa pranzo e riprendo per finire il mio compitino giornaliero (che nella maggior parte dei casi corrisponde sempre ad una pagina completata al giorno) verso le 17:30/18. In questo modo ho sempre le serate libere da trascorrere con mia moglie e i nostri amici.
Certo, il peso della responsabilità, anche se si è cresciuti e maturati professionalmente, lo senti sempre e comunque. Anche perché, al di là del fatto che si lavora (come giustamente tu fai notare) su personaggi e storie che verranno lette in tutto il mondo, oggi si ha sempre più anche la consapevolezza che questi personaggi sono diventati dei veri e propri brand internazionali (come la Nike o la Coca Cola, senza voler fare pubblicità occulta!), la cui vita editoriale non si esaurisce più solo attraverso le pagine dei fumetti ma continua a svilupparsi attraverso i film, il merchandising e i videogiochi.
L’importante comunque per me è mantenere sempre quel “fuoco sacro” e la passione verso questo lavoro, questi personaggi e queste storie. Come quando ero bambino e leggevo gli albi Corno o guardavo i cartoni animati di Spiderman o dei Fantastici Quattro su Supergulp. E per fortuna, tutto questo non l’ho perso e credo che non lo perderò mai. Lo so, sono un vero nerd!

Tavola tratta da Batman Annual #28

Com’è oggi lavorare per il mercato americano? La crisi si sente come nel resto del mondo o si sono già trovati dei rimedi per combatterla?
Attualmente, purtroppo, la crisi c’è e si sente. Marvel e DC hanno diminuito il numero delle testate in uscita ogni mese. Per cui oggi per un freelancer è leggermente più difficile trovare spazi per poter lavorare con continuità. Ma è anche vero che l’offerta per fortuna è comunque ancora alta:
1)    perché oltre a Marvel e DC ci sono anche altre grosse case editici (IDW, Dark Horse ed Image solo per citarne alcune), per cui, nonostante la crisi, in America continuano ad uscire al mese centinaia e centinaia di fumetti;
2)    riallacciandomi ad alcune considerazioni fatte in precedenza, Lavorare oggi per una multinazionale ti permette di poterti districare tra lavori diversi: fumetti, copertine, storyboard o concept art per videogame.
Sta quindi nell’abilità del singolo professionista sapersi muovere bene per mettersi nella condizione di avere sempre lavoro continuativo. Una volta su una cosa, la successiva su un’altra.
Per quanto riguarda i rimedi, invece, non so in che termini ma credo che si stiano prendendo. Bisogna solo aspettare e vedere cosa accadrà. Quella attuale è una fase anche di assestamento. Il fumetto deve fare i conti con le nuove tecnologie, con i digital comics (anche se non credo ci sarà uno sviluppo com’è stato per la musica attraverso iTunes. La “goduria feticista”di avere un albo stampato tra le mani, credo sia ancora un must per qualsiasi appassionato) e con nuove forme di intrattenimento. Credo comunque (ma è un’opinione mia personale) che se si riusciranno a sfruttare ed ottimizzare come veicolo i film, il merchandising ed i videogames, attraverso i quali diffondere sempre di più la fama di alcuni personaggi nel mondo, allora ci sarà anche un ritorno di interesse verso l’albo stampato (da cui poi parte tutto, in realtà) da parte anche di nuovi potenziali lettori. Perché poi il problema è sempre lo stesso: cercare continuamente nuove soluzioni per avvicinare al fumetto le nuove generazioni e non farsi abbandonare per stanca dai lettori storici.

Ci puoi spiegare tecnicamente come affronti le tavole a cui devi lavorare? In poche parole qual è, nel mercato americano, la trafila che porta una storia dallo sceneggiatore fino al colorista, passando per disegnatore e inchiostratore?
È una vera e propria catena di produzione gestita dall’editor (cioè il supervisore) della testata e dai suoi assistenti.
Arriva al disegnatore la sceneggiatura dello scrittore (già approvata dall’editor). Una volta completate le matite, volta per volta le tavole vengono passate all’inchiostratore (fino a qualche tempo fa venivano spediti gli originali, oggi per velocizzare la cosa vengono, in alcuni casi, mandati i files ad alta risoluzione che l’inchiostratore si stampa per lavorarci su).
La tavola finita, inchiostrata in bianco e nero, viene scansionata e il file ad alta risoluzione viene uploadato in un apposita cartella personale (il cui accesso super segreto si effettua attraverso una password che ci è stata data preventivamente). Da lì, il file viene prelevato e girato al colorista per la colorazione. Successivamente viene aggiunto il lettering (cioè i dialoghi nelle classiche nuvolette), sempre in digitale. L’unica persona con cui ci si interfaccia continuamente è l’editor o i suoi assistenti. Molto spesso può capitare anche di non parlare mai né con lo scrittore né col colorista.
Ultimamente, in alcuni casi mi è stato chiesto di occuparmi anche della fase del layout. Per cui, successivamente mi arrivavano o matite precise o breakdowns (cioè matite un po’ più sporche) basati sui miei layouts, su cui rimettevo mano con la china, completando definitivamente la tavola.

Quali sono stati (e quali sono a tutt’oggi) alcuni dei tuoi riferimenti professionali?
Vediamo… cerco di fare un po’ di selezione sennò qui facciamo notte.
Allora, in senso assoluto ed in ordine sparso Hugo Pratt (rimpiango sempre di non aver avuto la possibilità di vederlo di persona), Ivo Milazzo, Frank Miller, Munoz, Ross Andru, Jack Kirby e i Romita (padre e figlio). Sia per lo stile di disegno che, in generale, per la grandissima padronanza della narrazione sequenziale per immagini (quello che gli americani definiscono con il termine storytelling). Sempre chiara, potente e leggibile.
Come inker ammiro, osservo e studio costantemente autori come Klaus Janson, Sandra Hope, Danny Miki, Jaime Mendoza, Stefano Gaudiano, Paul Neary e, ultimamente, Jonathan Glapion. Quest’ultimo specialmente per lo strepitoso lavoro, secondo me, che sta facendo attualmente con Greg Capullo su Batman.

Iron Man Noir
Iron Man Noir

Quali sono i progetti futuri ai quali ti stai dedicando?
Ho appena ultimato con DC una lunga run su Gotham City Sirens e con Marvel un ciclo di Black Widow e alcune pagine per The Fearless. A breve partirò con un nuovo progetto per DC e nel frattempo sto lavorando come storyboard artist per alcuni cartoni animati della Marvel, come inker su una nuova serie del GG Studio intitolata Killer Loop e che sarà pubblicata a breve in America e dopo poco anche in Italia, distribuita da Messaggerie Libri in edizione cartonata per le librerie di varia; come art director e concept artist, invece, sto collaborando alla realizzazione di un videogioco intitolato Shadows on the Vatican. Un’avventura grafica per PC in quattro episodi (il primo già uscito lo scorso Gennaio) che narra la storia di alcuni personaggi invischiati in oscuri misteri e segreti che ruotano da sempre attorno al Vaticano. Il gioco è prodotto da Adventures Planet e realizzato dal campano 10th Art Studio.
Inoltre, ma sono ancora progetti in fase embrionale sui quali è prematuro approfondire al momento, dovrei occuparmi dello storyboard di un film per il cinema e dell’adattamento a fumetti in formato graphic novel di un testo teatrale.
A tutto questo affianco poi le lezioni presso la neonata sede napoletana della Scuola Internazionale di Comics, dove, con il beneplacido dei miei studenti, vengo ancora sopraffatto da manie di competenza!

Intervista rilasciata via mail ad Aprile 2012

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