Achab, una rilettura in chiave manga

Achab, una rilettura in chiave manga

Tetsuya Saruwatari inietta brutalità e divulgazione nel classico di Melville.

Con il volume autoconclusivo Achab, l’autore Tetsuya Saruwatari decide di fornire la propria versione e interpretazione del classico di MelvilleMoby Dick, mescolando violenza, orrore e toni divulgativi.

L’autore di Tough mette in campo il suo stile solido e compatto, fatto di corpi ultradettagliati, massicci e muscolosi e a cui i retini conferiscono una considerevole tridimensionalità per raccontare una storia cruda e feroce.

C’è un’estrema cura del dettaglio, a tratti quasi maniacale, nella costante ricerca di impatto dell’immagine e in alcuni passaggi l’autore ricorre all’uso del computer, cercando di spingere nella direzione del realismo le immagini che porta su carta. Proprio per lasciare spazio al disegno, Saruwatari decide di mantenere un numero ridotto di vignette per pagina ricorrendo spesso all’uso della splash page – sovente a doppia tavola. A dominare soprattutto gli esseri marini, con un Mody Dick ritratto come un essere tanto terrificante quanto colossale, un mostro che a tratti potrebbe far pensare a un vero e proprio kaiju.
Ma la balena bianca non è l’unico mostro. Achab, l’avversario che ha deciso di dedicare la propria vita alla vendetta, nella sua ossessione si è consumato in un’inesorabile perdita di umanità che lo ha scavato nell’animo e nell’aspetto, a partire dalle terribili scelte a cui è stato costretto per sopravvivere dopo il primo incontro con il terribile capodoglio.

Se, come nel romanzo originale di Melville, nella storia compare il personaggio di Ismaele, questi assume il ruolo di protagonista e narratore solo in alcuni passaggi. Il punto di vista della storia segue soprattutto Achab – la storia qui comincia proprio con il primo, devastante incontro tra il capitano e la balena albina – e in qualche modo quello rimane anche nei diversi momenti in cui il capitano non è sulla scena, come se la sua presenza aleggiasse sull’equipaggio del Pequod nella stessa maniera dello spettro della balena bianca a cui il capitano e l’equipaggio stanno dando la caccia, seminando nella storia un tocco quasi orrorifico.
La violenza, cifra stilistica che Saruwatari mette quasi sempre al centro delle sue narrazioni, ha un peso specifico considerevole nel racconto, traducendosi spesso in immagini brutali e gore, tra sangue e mutilazioni.

L’autore riempie inoltre il manga – soprattutto nell’incipit dei 5 capitoli che lo compongono – di una serie di digressioni informative molto approfondite e specifiche, che vanno da tutto quello che ruota intorno alla caccia alle balene e all’uso dell’olio che ne veniva ricavato alla biologia dei cetacei fino all’origine biblica del nome di Achab, intessendo la storia di una sorta di parallelo didattico, interessante ma a tratti straniante. Se infatti le informazioni aiutano in alcune circostanze ad approfondire meglio il contesto storico e le riflessioni che hanno guidato lo stesso autore, in alcuni passaggi genera un certo distacco, traducendosi come pause nel flusso narrativo ed emotivo.

Achab è un’intrigante rilettura dell’opera di Melville, tra riflessioni, paralleli e violenza alla ricerca di immagini di impatto che mantiene una buona fascinazione sul lettore.

Abbiamo parlato di:
Achab
Tetsuya Saruwatari
Traduzione di Giuseppe Buttiglione
Panini Comics 2025
240 pagine, cartonato, bianco e nero e colori – 18,00 €
ISBN: 9791221916096

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