Forse è necessario infilare un dito nella presa della corrente elettrica, lasciarsi scompigliare i capelli ed attivare un corto circuito perpetuo con il proprio inconscio. Soltanto alterando i livelli di percezione del mondo, sconvolgendo il traffico delle emozioni in ingresso ed uscita, è possibile trovare il codice semantico opportuno per rappresentare l’immaginario, che poi potrebbe essere collettivo per definizione, o riconoscersi come tale soltanto dopo essere stato identificato. Tim Burton, pur se ha reso commerciabile e redditizio il proprio, è riuscito a mantenerlo comunque intatto, ed ha piuttosto sdoganato le fantasie cimiteriali ed ossessionanti che, in misura maggiore o minore, più o meno tutti abbiamo provato. Tim Burton, il suo alter ego Johnny Depp nell’icona più tragica di Edward Mani di Forbici e Sandman, condividono la stessa s-pettinatura, ma non soltanto. Sandman, come Edward Mani di Forbici, abita nelle regioni della nostra anima che non siamo noi a raggiungere, ma dalle quali veniamo incalzati e sopraffatti. La rappresentazione artistica di questa morfologia emozionale coincide quasi con una violenta autoesposizione pubblica, per l’autore quanto per il fruitore, e c’é bisogno di un rito catartico perché venga assorbita senza traumi, che impone la scelta di un mezzo di comunicazione che abbia diffusione popolare, con cui celebrare un rito intimo e collettivo nello stesso tempo, condiviso ma in modo indolore e discreto.
Sandman, Il signore dei sogni non rappresenta un mondo onirico, non è nemmeno il mondo, ma una dimensione ai margini della realtà. Un margine aderente, composto della stessa sostanza impalpabile dell’anima, che è tanto interna ed imprescindibile dal corpo in cui abita, ma nello stesso tempo fatta di un materiale drammaticamente eterogeneo rispetto alla carne ed il sangue. Sandman e la sua famiglia sono in qualche modo l’anima del mondo, ne rappresentano il respiro vitale e l’aroma che può rendere la vita acida, dolce, amara o immangiabile. A differenza degli déi, Sandman ed i suoi fratelli vivono in un al di là effettivo dal tempo e dallo spazio, del tutto privi di una sensibilità morale così come, forse, di una cultura dell’umanità; per questo l’incontro con gli esseri umani, quando avviene, non è mai morbido né dimenticabile, impari perché gli uomini possano trasformarlo in scontro, condannato all’inconciliabilità.
Gaiman domina sapientemente il materiale compositivo di Sandman, scrivendo racconti per immagini che sembrano muoversi seguendo, a passo di danza, un percorso musicale, sia che si tratti di brevissime storie che di una saga più lunga e complessa come il bellissimo La stagione delle nebbie. La presenza scenica dei personaggi è modulata alternando aggraziate movenze settecentesche ai battiti cupi e sordi di una danza viscerale, che nasce dai respiri più disperati e profondi dell’anima. L’esperienza cinematografica dell’autore è lampante nel ritmo generale del racconto, la posizione delle figure all’interno della vignetta, la direzione della luce, l’orchestrazione dei movimenti.
Un fumetto bello, come pochi. (Gianfranca Quaraglia)

Eccoci ad uno dei volumi più attesi di questa serie oro di Repubblica. Sandman, il signore dei sogni, personaggio creato dal grandissimo Neil Gaiman, scrittore ormai noto al grande pubblico, anche grazie alle sue pubblicazioni extra-fumettistiche. Gaiman tratteggia alla perfezione un personaggio che opera fra il conscio ed il subconscio dell’uomo, un personaggio che va al di là del bene e del male. Morfeo (il vero nome del signore dei sogni), infatti, può essere tanto buono quanto terribile, come vediamo all’interno del racconto La stagione delle nebbie.
Non c’é molta azione in questi racconti, o meglio, c’é un’azione non fisica, che avviene a livello intellettuale. Morfeo fa parte degli Eterni (sette esseri non propriamente delle divinità, bensì sette incarnazioni d’altrettante entità peculiari della vita di ognuno di noi), nessuno dei quali raggiunge la perfezione: anzi tutti loro hanno caratteristiche alquanto umane a cominciare dalla sorella preferita del nostro, Death, che rappresenta ed è incarnazione del concetto di morte.
In questo volume sono presentati due archi di storie della serie regolare pubblicata in Italia da Magic Press, ovvero Le Terre del Sogno e il già citato La stagione delle nebbie. Il primo è una raccolta di storie brevi che hanno come comune denominatore la presenza del signore dei sogni o di altri comprimari (Death, Calliope), ma che tuttavia giocano un ruolo solo marginale nell’economia del racconto. Assistiamo così allo stupendo rifacimento di Una notte di mezz’estate di William Shakespeare, in cui gli interpreti si scambiano fra il mondo reale e quello del sogno, dove è demandato al lettore dare un senso al tutto. Nella seconda parte del volume, invece, accade un fatto straordinario: Lucifero, il regnante dell’inferno, è stanco del suo ruolo e lascia a Morfeo, dopo aver debitamente svuotato il luogo, il compito di amministrare gli inferi. Di conseguenza vi è una fiera di personaggi, dai rappresentanti del mondo delle fate agli dei nordici, che cercano in tutti i modi di convincere il signore dei sogni a cedere loro l’ormai neutrale territorio. Morfeo, dal canto suo, è pero’ dilaniato da una scelta ancora più pesante: se far perire o meno una donna condannata da lui stesso a patire l’eterno tormento. Qui è interessante notare come tutto, nell’armonia di Sandman, abbia un ruolo prestabilito, dove gli attori della commedia non fanno altro che eseguire ciò che indica il regista, dove anche l’inferno è un luogo di padroni e lavoratori, dove tutto ha un senso, dove nulla è fine a se stesso. (Luca Massari)

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