Le crisi autoriali portano a volte ad un oblio autoimposto, un ripiegare verso la semplicità stilistica e contenutistica; altre volte, invece, conducono a un rinnovato modo di vedere il mondo, approcciarsi con la realtà e la propria interiorità individuale.
Yoshiharu Tsuge, considerato uno dei capostipiti del fumetto giapponese contemporaneo, intraprende quest’ultima via quando, a partire dal 1966, attraversa periodi difficili causati dalla depressione e da disagi economici: la sua arte si indirizza così verso un’introspezione matura, consapevole, ricca di simbolismo e influenze cinematografiche, letterarie, pittoriche.
Sulle pagine di Garo – rivista nipponica contenitore di fumetti underground, facenti parte della corrente Gekiga– nel giugno del 1968 Tsuge pubblica il racconto breve Nejishiki (“Modello a vite”), che ben presto diventerà un’icona imprescindibile del panorama fumettistico giapponese.
Il 1968 e il “manga dell’io”
Nejishiki dà il nome alla raccolta di racconti brevi pubblicata in patria nel 1968 e portata in Italia da Oblomov Edizioni solo recentemente, per via della riluttanza dell’autore a far tradurre la sua opera. L’anno di pubblicazione è emblematico: sconvolgimenti e radicali cambiamenti sociali interessano molti Paesi occidentali e non solo.
Anche il Giappone è colpito da movimenti studenteschi di rivolta che influenzeranno, inevitabilmente, tutte le arti, fumetto compreso. Un pubblico nuovo, più adulto ed intellettuale esige racconti innovativi, maturi, introspettivi: nuovi scenari, nuovi approcci con la realtà e con l’interiorità fanno capolino tra le pagine delle opere di giovani autori che si pongono come promotori di una nuova corrente artistica basata su una rigida e cruda rappresentazione della realtà post-bellica nipponica mescolata ad una raffigurazione simbolica dell’intima profondità umana. Tale corrente prende il nome di watakushi no manga, il “manga dell’io”, del quale Tsuge diventa ben presto promotore ed esponente più illustre.
Ricco di elementi simbolici, onirici e metafisici, lo stile di narrazione che accomuna i diversi racconti della raccolta si presenta come un turbine di suggestioni surreali e stranianti, reso visivamente da un tratto eterogeneo, che delinea in modo multiforme le figure umane: linee abbozzate ed essenziali danno vita ai personaggi principali, rappresentanti la semplicità dell’animo umano. Essi si contrappongono al ricercato realismo dei nudi femminili, delineati da un tratto curato e da un espressivo chiaroscuro, manifestazione delle intime fantasie dell’autore che si riversano sulla carta e diventano funzionale materia di narrazione.
A differenza di altre opere precedenti – basti pensare a Il giovane Yoshio – in Nejishiki vi è una contemplazione quasi estatica del corpo femminile, rappresentazione erotica dei pensieri di Tsuge. Durante l’attività onirica, secondo le teorie psicoanalitiche, possono infatti emergere prepotentemente tutti quei desideri repressi durante la veglia, quelle pulsioni sessuali sulle quali il nostro Io agisce con un meccanismo di sublimazione, incanalandole in attività ritenute lecite per la società e per la nostra individualità. Il maniacale lavoro sul nudo femminile di Tsuge è stato fondamentale per l’evoluzione della rappresentazione del corpo in esponenti successivi del Gekiga e in particolare del manga dell’Io.
Gli elementi naturali e paesaggistici sono resi poi da un maniacale lavoro di tratteggio che conferisce corpo e spessore tridimensionale allo sfondo.
I racconti raccolti nel volume sono accomunati da una struttura narrativa che verte sulla rappresentazione simbolica della realtà rurale nipponica, di viaggi senza meta, dei comportamenti contraddittori e occultati della società giapponese, sul cambiamento che si scontra con la tradizione e le difficoltà che tale scontro comporta per gli individui.
Gensenkanshujin (“Il proprietario del Gensenkan”) è l’oscura storia di un arrivo, una partenza e uno sventurato ed enigmatico ritorno di ombre dal passato. Mokkiriyanoshojo (“La ragazza del Mokkiri bar”) è la rappresentazione di una umanità sottomessa, disposta a tutto pur di raggiungere piccoli sogni e sopravvivere alla miseria. Kani (“Il granchio”) è la metafora della monotonia del vivere, dell’adattamento sociale e dell’adeguamento alla tranquillità della vita rurale. Yanagiyashujin (“Il proprietario della Yanagiya”) è un viaggio in balìa degli impulsi, dei ricordi e dei rimpianti. Obandenkimekkikogyosho (“La fabbrica galvanica”) è il racconto del riscatto delle nuove generazioni sulle vecchie, dell’impegno e del sacrificio dei giovani per sopravvivere a una realtà sociale cieca ed opportunista.
Nejishiki, o della redenzione
Nejishiki è il racconto principale della raccolta: esso si configura come il viaggio disperato di un uomo alla ricerca di un medico che possa guarire la ferita mortale che una medusa gli ha provocato, ma al contempo può essere interpretato come un viaggio di redenzione, espiazione del peccato costruito su uno sfondo surreale, confusionale e astratto.
La narrazione è decisamente criptica, in alcuni casi di difficile comprensione, assumendo la forma di un flusso onirico, un viaggio emozionale intrapreso dall’autore: il suo intento sembra quasi quello di confondere il lettore con un turbinio di rimandi letterari e cinematografici, che si mescolano con una rappresentazione simbolica che riprende molto l’astrattismo ed il surrealismo avanguardistici europei.
Le inquadrature sono costruite seguendo un ritmo sincopato e scomposto, a volte addirittura troppo vertiginoso, unione di elementi disparati e che, anche visivamente, non sembrano avere alcun legame di affinità e di logica. Il lettore è sconvolto e disorientato da una costruzione grafica frenetica, ellittica ed enigmatica, che rimanda ad una composizione simile a quella del famoso film surrealista “Un chien andalou”. Nell’onirico racconto di Tsuge compare, non a caso, uno degli elementi più sconvolgenti del cinema avanguardistico degli anni ’20: l’occhio come barriera da infrangere per approdare ad una visione nuova del mondo nel film di Buñuel veniva squarciato, in Nejishiki si presenta come elemento che perseguita il protagonista, che non riesce a trovare un medico generico che possa suturare la sua ferita, ma solo oculisti.
Nejishiki è così un’immersione nell’irreale che scaturisce da una visione critica e distorta del reale, è il racconto di un viaggio senza inizio e senza fine nei reconditi angoli oscuri della psiche umana, è un surreale ed onirico tuffo nell’interiorità di un autore che merita di essere scoperto ed approfondito per comprendere lo sviluppo e l’evoluzione del fumetto dell’io.
Abbiamo parlato di:
Nejishiki
YoshiharuTsuge
Traduzione di Eugenia Diegoli
Oblomov Edizioni, 2018
160 pagine, brossurato, bianco e nero – 19,00 €
ISBN: 9788885621541