Disperazione e perversione nel Giappone degli umili: Piranha di Tatsumi

Disperazione e perversione nel Giappone degli umili: Piranha di Tatsumi

Il maestro del gekiga ci racconta la sessualità deviata e sotterranea degli sconfitti attraverso 19 fulminanti storie.

Un uomo si vendica dei tradimenti di sua moglie usando una vasca di pesci carnivori. Un altro vende feti abbandonati per poter regalare dolcetti alla sua donna. Un altro ancora proietta film porno per divertire uomini d’affari ma ha perso il desiderio verso la sua consorte.
A raccontarle a voce, queste storie sembrano uscite da un romanzo grottesco.

La narrazione asciutta di Yoshihiro Tatsumi, invece, come in una sorta di spietato verismo in salsa nipponica, le rende quasi insopportabilmente realistiche.
Siamo agli apici del genere gekiga, ossia il fumetto giapponese destinato a un pubblico adulto (gekiga infatti significa letteralmente “immagini drammatiche”, in opposizione a manga, che alcuni traducono con “immagini disimpegnate”), genere di cui Tatsumi è stato fondatore e maestro indiscusso.

La raccolta Piranha risale al 1970 e arriva in Italia nell’ottima edizione di Oblomov che ne lascia intatto il carattere essenziale, restituendo una grafica semplicissima, vagamente retrò – basti pensare alle cornici a tutta pagina con i titoli delle storie che fanno pensare ai cartelli dei cortometraggi da cinema muto.

Le storie spiazzano fin dalle prime pagine: il disegno di Tatsumi è essenziale, volti e ambienti sono realizzati con pochi e semplici tratti, al punto che a sfogliarlo superficialmente il volume può quasi apparire “inoffensivo”. Invece è proprio grazie a questa essenzialità, unita al contenuto crudo e a un linguaggio rarefatto in cui i silenzi “parlano” più delle parole, che l’autore delinea una serie di realtà psicologiche molto complesse, tanto più inquietanti perché perfettamente inscritte nella quotidianità.

Una carrellata di situazioni morbose, deviate, a volte persino mostruose, sfocianti in azioni certamente condannabili, ma che ci catturano e respingono allo stesso tempo. E non solo perché sono figlie di un’indelebile disperazione, ma anche e soprattutto perché rappresentano una lente d’ingrandimento sulle nostre brutture, sulle nostre perversioni più inconfessabili. Perversioni magari (anzi, si spera) meno plateali, meno gravi di queste ma forse, tutto sommato, per quanto umane non così innocue.

I personaggi principali sono tutti maschi adulti, esponenti della working class, uomini che spesso nei lineamenti si somigliano, quasi come se il protagonista fosse lo stesso in tutte le storie, una declinazione dello stesso uomo che sprofonda in abissi di abiezione sempre più profondi. Un punto di vista maschile dunque e per di più smaccatamente misogino, in cui la donna è sì un oggetto del desiderio ma anche una creatura che vessa il marito, che pretende senza dare, che si prostituisce, che ferisce appena ne ha l’occasione.
Un vero incubo per l’uomo che finisce per sfogarsi in maniera oscena, violenta, moralmente inaccettabile. Come nella storia Il conteggio in cui un uomo dalle tendenze necrofile riesce a far sesso con sua moglie solo dopo che questa muore a causa di un incidente.

Altro tema collegato e ricorrente ai limiti dell’ossessivo è quello dell’aborto. La gravidanza è qualcosa che fa paura, un fenomeno misterioso e indesiderato che il maschio non capisce e del cui prodotto ha necessità di sbarazzarsi. Solo nell’ultima storia, intitolata Il mio piccolo Hitler, l’idea di una nascita sembra assumere finalmente una valenza positiva, peccato si tratti della cucciolata di un ratto.

Piranha non è un libro facile, né da leggere né da digerire. Tatsumi non giudica mai le azioni dei suoi personaggi, eppure non lascia scampo al lettore, stringendolo in una trappola sia narrativa che morale.
Un esempio lampante in tal senso è il modo in cui sceglie di chiudere quasi tutti i racconti, con delle sospensioni vertiginose che non lasciano il minimo appiglio. Così quando voltando pagina non troviamo altre vignette, ci sentiamo quasi mancare la terra sotto i piedi, restiamo spaesati, indecisi se fermarci a lasciar decantare quanto abbiamo appena letto, o provare a spazzarlo via iniziando un nuovo racconto, nella speranza che la prossima “variazione” dell’abisso ci risulti un po’ più sopportabile.

Ma stiamo solo scendendo in un girone più basso dell’inferno, un inferno poco dantesco e spaventosamente possibile.

Abbiamo parlato di:
Piranha
Yoshihiro Tatsumi
Traduzione di Juan Scassa
Oblomov, 2019
Piranha
160 pagine, brossurato, bianco e nero – 17,00 €
ISBN: 9788885621787

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