Paul è un apprendista tipografo, ma soprattutto è un giovane che, dopo aver abbandonato bruscamente la scuola, fatica a trovare la propria strada. Tramite un amico, ha la possibilità di passare l’estate com animatore ed educatore in un campo estivo per bambini e adolescenti provenienti da famiglie difficili, e qui, con fatica, riesce a rapportarsi con la vita di gruppo e, soprattutto, con la responsabilità che deriva dal risolvere problematiche diverse dalle proprie.
Questa in sintesi è la trama di Paul ha un lavoro estivo, il primo romanzo grafico del canadese Michel Rabagliati, edito dalla Coconino Press sempre attenta al materiale proveniente dalla Drawn & Quarterly, la prestigiosa casa editrice di Montréal. Arrivato ai comics decisamente tardi, dopo i trent’anni, ma dotato di solide basi artistiche che l’hanno indirizzato in principio nel campo della grafica pubblicitaria, l’autore canadese ha incontrato questa casa editrice agli inizi degli anni novanta abbastanza casualmente, incaricato di trovarle un nuovo logo. Un incontro folgorante, che gli diede la possibilità di scoprire come nel frattempo i fumetti avevano acquisito profondità e maturità, lontani anni luce dal solito prodotto americano ipertrofico e troppo spesso tronfio.
Questo suo primo lavoro di ampio respiro si colloca nel solco delle tematiche intimistiche tracciate già da altri autori del fumetto nord-americano quali Seth, Jessica Abel, Matt Madsen, Chester Brown, Craig Thompson. Come quest’ultimo (soprattutto per il suo Blankets) Rabagliati appronta un vero e proprio romanzo di formazione servendosi di un tono (e un disegno) leggero e molto piacevole, che a volte si tinge di una velata malinconia, per ricordare che si sta parlando di vita vera. Sorprende per la sua capacità di unire linee e forme di chiaro gusto europeo a tematiche ricorrenti nella produzione degli autori sopra citati; sensibilità ed affinità grafica che probabilmente derivano dalle letture giovanili di Asterix, Tintin e Spirou che dovevano essere naturali per un ragazzo canadese negli anni settanta. E difatti potrebbe anche essere accostato ai francesi Dupuy e Berberian per il loro Monsieur Jean, se vogliamo trovare un altro riferimento al di qua dell’oceano. Corrispondenze riscontrabili soprattutto nella parte grafica, per l’uso di un segno morbido e di linee tondeggianti e per la scelta di una caratterizzazione cartoonistica (o umoristica, se vogliamo) molto cara al fumetto francofono.
Infatti, pur cercando nelle vicende dell’esperienza privata il motivo per raccontare una storia, Rabagliati adotta un registro scanzonato e semi-umoristico per narrare le vicende di Paul, il suo personaggio alle prese con le problematiche legate al primo lavoro e alla sua esperienza come animatore. Se negli autori Drawn & Quarterly il racconto di fatti personali e gli squarci di vita vissuta sono generalmente narrati con tono riflessivo (o addirittura con netto distacco, come nel caso di Adrian Tomine), nelle pagine di Paul ha un lavoro estivo non è raro, e nemmeno fuori luogo, trovare gag o situazioni al limite dell’umorismo, che rafforzano sarcasticamente ed ironicamente (anche nei suoi frangenti drammatici o seriosi) l’intenzionalità autobiografica; ciò permette al lettore di leggere una storia sì divertente e ben congeniata, ma anche di emozionarsi ed immedesimarvisi.
Senza rivelare altro della trama (lineare, ma molto ben sviluppata) vorrei sottolineare la singolare matrice cattolica del campo estivo, così goliardica e serena da essere altra cosa dalla realtà bacchettona e bigotta di certi ambienti della provincia italiana, ma anche molto diversa, se rimaniamo nell’ambito fumettistico, dalla comunità religiosa e neo conservatrice raccontata da Craigh Thompson in Blankets, altro chiacchieratissimo titolo della Coconino.
Non è neanche consueto nei comics trovare tematiche legate all’infanzia e all’adolescenza o ai momenti educativi che riguardano queste età, soprattutto in una produzione rivolta prevalentemente ad un pubblico adulto. Rabagliati anche in questo si destreggia abilmente evitando facili banalità, tratteggiando teneri e commoventi ritratti d’infanzia, giocando con gli stereotipi in maniera intelligente e funzionale.
Il ritorno di Paul, dopo diversi anni, nei luoghi dove ha passato un momento fondamentale della sua giovinezza si potrebbe quasi accostare, in un’iperbole azzardata, al ravvicinarsi dell’autore in età adulta all’amore, solo sopito ma mai rimosso, per i comics. Quasi che nel processo di maturazione ognuno di noi si lasciasse dietro qualcosa (un amore, un ricordo, i fumetti letti da piccoli) che invece, probabilmente, è necessario recuperare per essere serenamente e compiutamente adulti. Argomento trattato anche in Paul in campagna ed anche in Paul apprendista tipografo (premiato a Lucca 2004 come miglior racconto), dove il ritorno sui luoghi dell’infanzia (luoghi fisici, ma anche della memoria) è la tematica portante della sua poetica. Pare quasi che il dover scandagliare frammenti (spesso minimali e quasi impalpabili) del suo passato serva a risolvere le conflittualità della sua personalità, forgiata, come ovvio, dal compromesso tra ciò che avrebbe voluto essere e le scelte che è stato costretto a fare. La disillusione per una quotidianità a volte stanca e forse troppo “normale”, faticosa nell’interpretazione di un ruolo comune, trova quindi la sua giustificazione e la sua nobilitazione quando questi piccoli ricordi vengono valorizzati.
Pero’, potrebbe anche essere che l’andare a spostare l’attenzione su queste tranches de vie del passato sia anche dettato dalla volontà, più comune e forse meno problematica, di rivivere quei sentimenti e quelle sensazioni che si avvertono, nel profondo, solo come un riverbero appena accennato. A volte, tanto più questi ricordi sono legati a dei fatti apparentemente minimi o marginali (il giorno che suo padre lo porto’ in tipografia oppure quando con un fucile giocattolo uccise un uccello), tanto più nell’intimità questi acquisiscono significato, quasi a rimarcare, per la loro lontananza dal presente, un vuoto difficilmente colmabile. Episodi di vita che forse Rabagliati categorizza come tra i più importanti per la sua maturazione, in quanto essi sono incondivisibili (anche se li rende soggetto della sua poetica), unici ed irripetibili; sono, tra l’altro, ciò che rendono viva ed appassionante la lettura di questa autobiografia narrata per immagini.
Non aver paura della nostalgia e guardare ai propri ricordi (seppur talvolta dolorosi) senza vergogna né disincanto, sapendo che essi sono parte di quello che, nel bene o nel male, oggi siamo, è quello che in definitiva mi sembra voglia dire il bel romanzo grafico di Rabagliati, che consiglio assolutamente a tutti. La sua abilità tecnica, la semplicità del linguaggio adottato e l’universalità dei temi trattati, infatti, sono tutti elementi che fanno di questo libro un prodotto adatto a diverse tipologie di lettori, compresi i non abituali divoratori di fumetti.
Dello stesso autore:
Paul in campagna, apparso su Black #5, Coconino Press 2003
Paul apprendista tipografo, apparso su Black #6, Coconino Press 2003