Se Paperoga ci mette becco: intervista a Enrico Faccini

Se Paperoga ci mette becco: intervista a Enrico Faccini

In occasione del volume che Disney/Panini Comics gli ha dedicato abbiamo intervistato Enrico Faccini, senza però fare i conti con l'intrusione di Paperoga!

Faccini_intervista_fotoEnrico Faccini (classe 1962) inizia a collaborare con Topolino nel 1989, dopo un periodo di apprendistato sotto l’ala di Giovan Battista Carpi e Romano Scarpa. La sua prima storia è Qui, Quo, Qua e il rock rimbombéros.
Da metà anni ’90 inizia anche a scrivere storie, oltre che disegnarle, sia per altri ma soprattutto come autore completo: è in quest’ultimo caso che crea alcune delle sue avventure più celebri tra gli appassionati.
Dotato di una comicità di tipo surreale e ad un certo gusto per trame che presentano l’irreale far breccia nel quotidiano, negli ultimi anni Faccini ha dimostrato un’attitudine tutta sua al mondo disneyano che, sempre fedele allo spirito classico, ne esplora i confini con divertito entusiasmo. Il suo uso di Paperoga, la gestione dei rapporti tra questi e i cugini Paperino e Gastone e le storie thriller realizzate insieme a Casty con Topolino protagonista sono alcuni dei più riusciti esempi del suo lavoro.
In occasione dell’uscita di Topolino Fluo Edition, antologia di storie realizzate dall’autore, abbiamo contattato Enrico Faccini, che ci ha concesso quest’intervista.
Sfortunatamente le domande sono state intercettate anche da Paperoga, che ha deciso di rispondere a modo suo ai quesiti posti a Faccini! Le pubblichiamo assieme a quelle ufficiali dell’autore.

Cosa hai provato quando la redazione ti ha comunicato che sarebbe stato realizzato un volume a te dedicato? Te lo aspettavi?
Una grandissima soddisfazione, di cui ringrazio la Panini e la redazione tutta.
Se ho mai pensato a una cosa del genere? Beh, nel 2017 festeggerò 30 anni di attività…
Trent’anni meritano qualche riflessione.
La cosa più bella di questo lavoro è poterlo fare: è come essere pagati per fare la cosa che ci piace di più, il nostro hobby, passione, demone, quello che è.
Quindi, il ringraziamento più grande va ai lettori, che ci consentono di lavorare e senza i quali noi non esisteremmo.
From the people, to the people, for the people“, come dice Gene Simmons in tutte le interviste.
Al secondo posto, vedere il proprio lavoro pubblicato… e pagato (ragazzi, è un lavoro mica facile).
I premi cosiddetti ufficiali mi lasciano piuttosto tiepido. È vero, sono graditi riconoscimenti al proprio lavoro e danno visibilità e prestigio… ma per me contano più il lavoro e i lettori.

Ci parli del tuo rapporto con Paperoga? Da dove nasce la sintonia con questo personaggio?
Da bambino, ho conosciuto il personaggio nelle brevi storie di Hal Hubbard… un candido folle illuminato da lampi di poesia. Non è mai arrabbiato o malevolo. E se qualche volta è dispettoso, lo si perdona.

Qual è la formula migliore, secondo te, per far muovere in modo credibile il cast dei Paperi, oggi?
Seguire la strada tracciata da Carl Barks e Romano Scarpa, in termini di costruzione del plot e recitazione dei personaggi. Aggiornando temi e linguaggio.

In alcune tue storie i personaggi sembrano recitare come nei cortometraggi animati Disney: è importante tenere presente questo aspetto, anche per le storie a fumetti?
Fondamentale per me è il lavoro di Romano Scarpa, il quale, ancora prima che autore di fumetti, era grande appassionato di animazione. Nelle storie della sua maturità grafica – a mio giudizio, fine anni Sessanta, primi Settanta – i personaggi mostrano una recitazione e una gamma espressiva mai banale, leggibile e molto efficace.

faccini_whitespace_2Come ti approcci all’universo di Topolinia?
I paperi sono comici. Topolino non è un comico, al massimo è un comédien à la Cary Grant. Personaggio difficile: necessita di storie più complesse, a doppio fondo, avvincenti, congegnate come meccanismi a orologeria, ricche di colpi di scena.

Riferimenti cinematografici e riferimenti a storie Disney del passato: come si miscelano queste due forme di citazione, e qual è il segreto per non renderle invasive nella trama?
La scrittura si basa sull’istinto, devo “sentire” il soggetto. La tecnica è utile ma in un secondo tempo: serve a dare struttura alla storia, ma prima della tecnica viene il feeling.
Scrivere una storia basandosi soltanto sui manuali di sceneggiatura equivale ad assemblare un modellino di aeroplano. Il pezzo A attaccato al pezzo B e così via.
Io preferisco andare a istinto. Se una citazione sta bene, è adatta alla storia, mi piace, ce la metto. Così si creano due piani di lettura: il giovanissimo si gusta la storia per quella che è, il lettore adulto o smaliziato trae piacere nell’individuare allusioni e citazioni.

Nelle storie firmate in coppia con Casty, quali elementi apporti tu e quali lui? Come funziona lo “scambio”?
Abbiamo in gran parte gli stessi gusti e lo stesso background. Ci scambiamo idee, schizzi, storyboard, in cui io metto tutte le idee e le suggestioni che mi vengono.
Io sono forse più portato per il surreale visionario, Casty ha grande capacità di strutturare questi spunti in un plot avvincente. Complementari, direi.
Il giudizio finale, al lettore.

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Si ringrazia Enrico Faccini per la disponibilità nel rispondere alle nostre domande e per la “versione di Paperoga”.

Intervista realizzata via mail il 7 luglio 2015

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