Staccato dal primo arco con una netta discontinuità, il racconto in sei episodi di questo secondo volume (firmato da Warren Ellis scrittore, Declan Shalvey artista, Jordie Bellaire colorista) ci porta negli USA.
Qui seguiamo Vivek Headland, vero e proprio Sherlock Holmes – già membro del team che “creò” Injection -, in un’indagine commissionatagli da un ex-finanziere, John van der Zee.
Al centro del caso, la morte del figlio e la sparizione del fantasma della moglie, con il quale l’uomo continuava ad avere rapporti sessuali. A tutto ciò si lega l’azione di un’organizzazione esoterico-criminale che sta cercando di entrare in possesso di Injection – la misteriosa entità che dà il titolo alla saga.
Caso bizzarro e intricato nel quale pare facile smarrirsi, ma non complesso, come ci dichiara, con grande trasparenza, il racconto stesso allorché la parte di intreccio giallo che si svolge nei capitoli 6-8 viene riassunta dalla guarda del corpo di Headland in tre balloon, a pagina 6 del capitolo 9.
La vera complessità, il vero centro motore del racconto sta altrove e precisamente nell’esplorazione delle personalità dei personaggi. Injection compreso.
Vita ed esperienze di Vivek Headland, investigatore
Il secondo arco narrativo di Injection serve a raccontare Vivek Headland: numerosi flashback, costruiti con sequenze di immagini prese da fasi diverse della sua vita, ce ne offrono una visione senza commento, in una sorta di narrazione stroboscopica che procede per accumulo. Headland, che vediamo gelido e analitico, ha sperimentato e vissuto una quantità e una gamma di esperienze vastissime, attraversandole con uno sguardo distaccato e una (almeno apparente) grande tranquillità. La linea narrativa principale – il confronto con Injection – resta sullo sfondo.
Lo stesso scioglimento conferma che Injection è un pretesto – per quanto intrigante – per raccontare personalità, che al centro della narrazione stanno queste figure umane border line e non la soluzione del mistero. Peraltro, ciò che in questo episodio scopriamo di Injection è che l’entità sta crescendo, che ha curiosità verso il mondo; che è qualcosa di vivo, di complesso. Insomma, anch’essa ha una personalità e quindi l’aspettativa è che, alla fine, si smarchi dal ruolo di pretesto ed entri nel racconto come personaggio a tutto tondo.
Perché per il momento sono i personaggi a costituire l’elemento strutturale della narrazione e, in particolare, a offrirne continuità. In questo arco, ad esempio, accanto a Headland ritroviamo Simeon Winters e Brigid Roth mentre, come già osservato, seguiamo Morel tramite regolari inserti. Ed è a quest’ultimo che il finale passa il testimone, con l’esplicita dichiarazione che quella che seguirà sarà un’ulteriore tappa non tanto nella conoscenza di Injection quanto nell’illustrazione/esplorazione della vita e dell’anima di Morel “ultimo della mia stirpe. Ultimo Breaker d’inghilterra“.
Sensazioni prima ancora che emozioni
L’impatto del secondo arco narrativo di Injection, prima ancora che emotivo, è sensoriale. C’è freddo. E silenzio. E il tempo scorre lentamente attraverso griglie regolari e sequenze di vignette disposte orizzontalmente a occupare la striscia. Forti contrasti cromatici, corpi e volumi definiti nettamente da linee sempre chiuse e colori piatti. Sfondi minimali, molti interni, rarissimi campi medi. Primi piani e monologhi, che immaginiamo enunciati con voce tranquilla e pacata, quasi monocorde, anche quando esprimono minaccia. Lunghi dialoghi e regolari inserti nei quali compare Robin Morel, uno dei protagonisti del primo albo.
Un ritmo regolare, quasi ipnotico (come lo sguardo del protagonista Headland) e rotto da improvvise accelerazioni o colpi di scena per raccontare una storia totalmente sopra le righe. La padronanza di Ellis, Shalvey e Bellaire nel raccontare è tutta nell’ultima improbabile frase dell’ultima vignetta di tavola 12 del capitolo 6, il primo del volume (v. figura).
Headland osserva pensieroso, quasi avvilito, un pacchetto che tiene nella mano destra e commenta: “Nessuno dovrebbe adulterare un sandwich con prosciutto di carne umana“. La situazione è macabra, la frase rischia di rompere la tensione suscitando la risata, eppure non avviene. Grazie alla costruzione della vignetta. Orizzontale lunga: a sinistra abbiamo il primo piano del volto del cuoco di Headland; al centro Headland stesso in mezzobusto che parla; a destra la guardia del corpo di Headland, che sta scattando verso destra.
Non c’è tempo per innescare le potenzialità comiche della frase: una separazione in tre vignette l’avrebbe lasciato, lo spazio bianco fra le vignette ci avrebbe offerto l’occasione di uscire dal racconto. Così, invece, il fuoco dell’attenzione passa immediatamente dalle parole di Headland allo scatto della guardia del corpo. Da notare: le tre figure umane sono anche su tre piani di profondità diversi, disposti obliquamente: abbiamo quindi una vera e propria deformazione ottica che, tramite il senso di squilibrio trasmesso, dà la sensazione di movimento.
Espressionismo e cerebralità
Injection propone innanzitutto un’esperienza visuale: tono e atmosfera del racconto sono pienamente trasmessi attraverso la composizione delle tavole, muovono i nostri sensi con l’unica mediazione dello sguardo.
Provate a scorrere le pagine, considerando balloon e didascalie come puri elementi grafici, apprezzandone solo l’ingombro. Certo, l’intreccio sfugge, ma il malessere e il disagio si manifestano evidenti
Le stesse emozioni dei personaggi e delle scene sono dichiarate tramite i volti, i corpi e l’uso dei colori e dello spazio. Potete verificarlo prendendo una pagina a caso, ma, come caso esemplare, prendete la sequenza che nel capitolo 10 racconta lo scioglimento del caso. Il colore fa da indicatore emotivo in ogni singola vignetta: sfumature e tonalità non solo dicono ciò che le parole avrebbero reso con effetto didascalico ma consentono di saltare la mediazione verbale e di mantenere così una intensa focalizzazione su ciò che accade.
Al tempo stesso, le discontinuità cromatiche rallentano la lettura, poiché l’occhio istintivamente cerca di identificare il colore, quindi è costretto a fermarsi e proprio in questa sospensione assorbe la nuova sensazione.
Il processo porta a una sorta di saturazione sensoriale, che non a caso vien sciolta con l’ultima vignetta della lunga sequenza, un campo medio dall’alto dove i personaggi sono piccole pedine su sfondo bianco. Quel bianco è precisamente la risultante dei flussi di emozione aperti lungo le precedenti tavole.
In generale, il meccanismo utilizzato da Ellis Sharvey e Bellaire nella composizione visuale del racconto valorizza il contrasto fra l’intensità emotiva degli elementi: un cromatismo espressionista che usa tonalità fredde; il volto neutro “sans feature” di Headland che rievoca le esperienze della sua vita, o che dialoga in controcampo con un interlocutore dal viso deformato dalle rughe di espressione e così via.
Alla fine, Injection coniuga estrema cerebralità e intensità emotiva; senso di compiutezza e di aspettativa perché il racconto ci ha fatto conoscere profondamente un personaggio attraverso un intreccio risolto e ha contemporaneamente mantenuto le fila e aperto nuovi spiragli sulla storia principale.
Abbiamo parlato di:
Injection Vol. #2
Warren Ellis, Declan Shalvey, Jodie Bellaire
Traduzione di Andrea Toscani (Libr@ry Mouse)
SaldaPress, 2017
120 pagine, brossurato, colori – 14,90
ISBN: 9788869192647