Dressing di DeForge, il disegnatore dell’influenza

Dressing di DeForge, il disegnatore dell’influenza

Michael DeForge viene pubblicato per la prima volta in Italia con "Dressing", una raccolta di storie brevi che compie un’autopsia dell’individuo moderno.

Eris Edizioni pubblica per la prima volta in Italia l’opera di un altro grande artista canadese (dopo Jesse Jacobs), Michael DeForge, con il suo Dressing, una raccolta di quattordici storie brevi che costituisce un ideale punto di approccio all’autore.

In quest’antologia, che si apre con i flu drawings (disegni dell’influenza), DeForge dipinge in maniera coerente, ma allo stesso tempo caotica (una sorta di moto Browniano) e mai indirizzata su unico binario, un complesso ritratto dell’alienazione, indifferenza e totale mancanza di certezze del mondo che ogni giorno ci troviamo a vivere.
Si parla dunque di influenza a tutto tondo, che colpisce e distorce tutti i sensi, uno stato di alterazione psicologica e fisica assoluta, che porta a vivere uguali situazioni come esperienze distinte e lontane fra loro.

DeForge riesce ad andare oltre la semplice e rassicurante percezione categorizzante di forme e fatti noti, rappresentadoli invece per come sono davvero, un qualcosa di amorfo e sconosciuto che non riusciamo ad afferrare.
Oltre l’inganno dei sensi, DeForge utilizza una serie di spaccati brevi nei quali lo stile narrativo e grafico muta continuamente, dall’illustrazione allo scritto illustrato, dal puro astrattismo al cartoonesco; una narrazione turbolenta che ben simboleggia lo stato di “società liquida” con il quale ci misuriamo.

In flu drawings, ad esempio, attraverso illustrazioni corredate da didascalie, DeForge descrive sotto forma diaristica la storia di un bambino che vive la cacciata dei vecchi inquilini del suo palazzo e l’arrivo di nuove famiglie molto ricche. Da figlio del custode, ha avuto la possibilità di continuare a vivere nello stabile, approcciandosi a queste nuove “creature”, che percepisce quasi come aliene e provenienti da un altro pianeta, con i loro vestiti stravaganti, i loro trucchi e i loro modi affascinanti. L’autore li rappresenta attraverso forme estremamente complicate e indefinite, a sottolineare un relativismo di vedute che ci accompagna sin dai primi incontri al di fuori del nostro nucleo familiare.

In Mars is my last hope l’autore gioca invece con i segni, con i ricordi e con le mutazioni corporee, creando nuove forme di vita attraverso rappresentazioni grottesche, immaginando un’ipotetica vita futura su Marte, e soprattutto calcando la mano sulla costante e paurosa necessità, cui ci troviamo a far fronte, di adattarci continuamente a nuovi ambienti. Nuove situazioni nelle quali l’adattamento non è solo necessario ma anche forzato, e non ammette alcuna resistenza. Un avanzare ineludibile che comporta la perdita d’identità dei protagonisti, sia fisica che mentale, e la nascita di nuovi ed incomprensibili linguaggi.

Passando a metafore più dirette, in DotCom l’autore parla anche di una multimilionaria azienda della Silicon Valley che produce “sirene”, vere e proprie creature in carne ed ossa, che hanno bisogno di essere nutrite, ma che a detta di tutti i dipendenti “non sono vere”.
Un’azienda moderna che diviene una sorta di leviatano, che ha a che fare in qualche strano e malato modo con la natura e l’ambiente circostante, la cui fonte di rendita è totalmente ignota e volatilizzata:

“Terry: Ma cosa fa Mermatch.com esattamente?
X: Noi “creiamo” sirene.
T: Sì, va bene, ma che significa? È un sito per sirene? Vendiamo sirene?
X: Certo che no. Non ci sono soldi in ballo […] Nessuno compra niente e le sirene non sono vere.”

L’antologia Prosegue poi una carrellata fra insensate esplosioni di violenza durante un pranzo di Natale fra parenti-folletti; totale indifferenza di fronte a un cadavere; situazioni kafkiane in un mondo nel quale tutto è indagine e raccolta di dati statistici e si ha la sensazione di essere continuamente spiati; una madre che vive in un precario stato di celebrità e ammirazione e una figlia che si sente inadatta e vorrebbe solo una vita “normale”; e un’improbabile storia di animali armati nella quale è impossibile comprendere se la colpa sia di alcuni animalisti oppure delle forze dell’ordine che vogliono gettare discredito sugli animalisti stessi.

Quelli che DeForge riporta sono spaccati lancinanti, ognuno una coltellata senza rimedio. L’autore dipinge la realtà come un enorme delirio senza forma, nel quale vengono calati dei personaggi sconfitti e soli, vittime senza redenzione di un qualcosa di più grande e incomprensibile, costretti a un costante adattamento e a una corsa frenetica; quella “accelerazione anfetaminica” che tanto efficacemente Stefano Tamburini aveva saputo catturare nel suo Snake Agent.

Tutte le storie sono intrise di una definitiva ambiguità, e DeForge non dà una spiegazione, limitandosi a constatarla.
Il modo di percepire il reale di un bambino o l’assurda complessità di certi meccanismi moderni rendono infatti la loro vera essenza, non filtrata da lenti categorizzanti, non dissimile o più comprensibile di quella di un marziano o di un improbabile folletto.

L’opera di DeForge è un’instancabile fucina di stili e sperimentazioni grafiche, fra suggestioni narrative che oscillano dall’underground delle mutazioni di Charles Burns alle fascinazioni postmoderne delle situazioni di schizofrenico sospetto dell’Incanto del lotto 49 di Thomas Pynchon.
Il tratto minimalista e scarno, con le tipiche silhouette allungate di DeForge, è debitore di grandi autori come Marc Bell (un altro canadese) e Mat Brinkman (quest’ultimo in particolare in Tiny Ophthalmologist e Flu Drawings), la costruzione formale delle sue tavole e la loro estetica deve spesso molto alla pittura astratta, all’illustrazione e all’animazione, mentre l’uso pop del colore, con contrasti netti, è figlio dell’opera di Brian Chippendale.

Dressing è un mix eterogeneo di stili dunque, che rappresenta a pieno lo stato di costante influenza in cui vive l’individuo moderno, e non può che risolversi nella storia di chiusura, All of my friends, up high, in a Jumbo jet: un viaggio che inizia e non finisce mai, un sogno di libertà per allontanarsi da tutto questo e restare sospesi e privi di sollievo, in cui le forme perdono totalmente ogni connotato.

Abbiamo parlato di:
Dressing
Michael DeForge
Traduzione di Valerio Stivè
Eris Edizioni, novembre 2016
120 pagine, brossurato, colori – 13,50 €
ISBN: 9788898644278

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