Citizen Spirit: oltre la maschera

Citizen Spirit: oltre la maschera

Nel Giugno del 1940 veniva pubblicato per la prima volta The Spirit di Will Eisner. A sessant’anni da quello storico debutto, ripercorriamo le origini e alcune peculiarità del personaggio che ha, per molti aspetti, rappresentato una rivoluzione per il linguaggio fumettistico.

Il 2 giugno del 1940 appariva sulla, nascente, sezione domenicale dedicata ai fumetti del quotidiano americano The Herald Tribune la prima avventura di The Spirit di Will Eisner.

Si è detto e scritto moltissimo di Spirit. Il parallelo forse più suggestivo è quello con quanto avrebbe fatto nel cinema, un anno dopo (nel 1941), Orson Welles con Quarto potere (Citizen Kane).
Anche il cittadino Denny Colt (alias il giustiziere mascherato  Spirit), come il cittadino Kane, contribuisce con le sue vicende a innovare grammatiche, punteggiatura e ritmi della narrazione per immagini. E anche il giovane Eisner come il giovane Welles, definisce la sua cifra stilistica sperimentando, di volta in volta, sempre più audaci, soluzioni di racconto.

C’è però una differenza sostanziale tra i due casi: mentre Welles arriva a confrontarsi con l’industria cinematografica da geniale neofita (e per tutta la sua carriera sarà, di fatto, considerato estraneo al sistema produttivo di Hollywood), Eisner – quando lancia il suo personaggio – è già un affermato artigiano nel settore dei fumetti.
Quella di The Spirit è una rivoluzione morbida che non prevede strappi programmatici, ma una riscrittura dall’interno delle forme espressive del fumetto. Dal  punto di vista del concept, le avventure del poliziotto Denny Colt, dato per morto ma più vivo che mai nella sua lotta al crimine come giustiziere mascherato, rispettano tutte le convenzioni esteriori del genere superoistico e della narrativa pulp dell’epoca.
Lo stesso dicasi per gli aspetti grafici in cui, almeno all’inizio, è chiaro il rimando di Eisner  alla sintesi grottesca di Chester Gould ed alla lezione di Milton Caniff per i chiaroscuri e le inquadrature. Dentro questa formale adesione al già detto, Eisner però compie un lavoro di scavo profondo di topoi e figure, per cui – via via – ogni regola viene svuotata del senso originale e riutilizzata in modo diverso. Immaginatela come la ristrutturazione di una casa, di cui si salvano la facciata e l’aspetto esteriore, mentre all’interno si ricostruisce da cima a fondo l’impianto complessivo dell’edificio.

L’aspetto più evidente di questa dinamica, e anche quello più studiato dalla critica, sta nell’evoluzione dell’architettura grafica della tavola a fumetti, da semplice “scatola” per le strisce planari a vera e propria unità narrativa del racconto. Negli anni, la sperimentazione di layout sempre più intimamente connessi al plot della storia, alle atmosfere, al vissuto dei personaggi, diventerà un marchio di fabbrica di The Spirit.
Ma c’è un dettaglio figurativo, in apparenza più banale, che esemplifica altrettanto bene la portata della rivoluzione morbida di Eisner nei comics. Parliamo della mascherina sul volto dell’eroe.

È ben noto che Will Eisner non sentisse alcuna necessità di dotare il suo giustiziere di un orpello scontato che il racconto superoistico aveva ereditato dalla narrativa d’appendice (La Primula rossa di Emma Orczy e La maledizione di Capistrano di Johnston “Zorro” McCulley). La maschera fu imposta a Denny Colt dall’editore Everett Arnold, con la chiara intenzione di sfruttare il successo di Batman e dei suoi epigoni incappucciati in voga nel periodo.
Eisner accettò l’imposizione ma, quasi per sfregio, disegnò una mascherina minuscola, ridicola, peraltro abbinata dal personaggio assieme a giacca e cravatta. Se paragonate una così bizzarra soluzione figurativa, all’originaria giustificazione narrativa con cui, pochi anni prima, Bob Kane faceva indossare la maschera del pipistrello a Bruce Wayne, capite bene la distanza tra la convenzione di genere e l’interpretazione data da Eisner:

“…devo trovare un travestimento. I criminali sono gente paurosa e superstiziosa. Mi occorre un travestimento che li terrorizzi. Devo essere una creatura della notte, nera, terribile…”

In Batman e negli altri supereroi a venire, la maschera rappresenta l’occasione di uno sdoppiamento programmatico e conflittuale tra identità eroica pubblica e vissuto privato, che diventa dispositivo narrativo, proprio come nell’originale letterario di Zorro. E anche senza volerci dilungare sulle implicazioni sociologiche della figurazione – a partire dall’analisi di Superman di Umberto Eco, esiste già  una sterminata bibliografia – resta il fatto che in The Spirit tutto questo non trova spazio.
Tutti sanno che Denny Colt è Spirit, a partire dai suoi compagni d’avventura (il commissario, la fidanzata, l’assistente), e quelli che non lo sanno, compresi i malviventi, non hanno alcun interesse a scoprirlo. Se proprio vogliamo trovare un parallelo fumettistico, l’unico rimando possibile della maschera di Spirit è quello con The Phantom di Lee Falk e Ray Moore.
Da l’Ombra che cammina nella foresta, incutendo timore a malviventi e indigeni con la sua effige mascherata, “lo Spirito” Denny Colt eredita forse una certa aura mistica. Ma la giungla d’asfalto di Central City, non è quella lussureggiante del Bengala ed anche questa connotazione è piuttosto sfumata nella saga di the Spirit.

La cosa curiosa è che nei dodici anni di gestione narrativa del personaggio, Eisner continuò a considerare la mascherina, un ostacolo al realismo delle sue storie. Ed è vero: il veder aggirarsi per le strade della città un tizio con mascherina, giacca e cravatta, non aiuta a creare effetti di realismo. Ma, da un altro punto di vista, la surreale suit del personaggio – spogliata  da ogni connotazione superomista – ha contribuito a dare un tono unico alla serie, libera di oscillare tra trame  noir e spunti comici, di slittare dalla commedia sentimentale al melò in salsa poliziesca. Episodio dopo episodio, per paradosso, Spirit è diventato sempre più maschera e sempre meno protagonista, mentre – di volta in volta – è la variopinta umanità urbana descritta da Eisner a occupare il centro delle vignette.
Quella ridicola mascherina, in definitiva, è la metafora di tutto quello che ha saputo essere The Spirit. Non serve a nascondere il volto di Denny Colt, serve a mostrare le infinite potenzialità dei linguaggi del fumetto.


Bibliografia minima
– La saga di The Spirit di Will Eisner (coadiuvato negli anni da vari assistenti), è stata ristampata varie volte in lingua italiana. La più completa edizione è Gli archivi di Spirit, editi da Kappa Edizioni a partire dal 2002.
– Daniele Bonomo, Will Eisner. Il fumetto come arte sequenziale, 2005 Tunué.
– Will Eisner, A Spirited Life,  2005 M Press/Dark Horse.
– Will Eisner con Frank Miller, Conversazioni sul fumetto, 2005, Kappa Edizioni.
– Richard Reynolds, Super Heroes: A Modern Mythology, 1994  University Press of Mississippi.

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