Nel segno di Paz si incontrano fumetto e teatro

Nel segno di Paz si incontrano fumetto e teatro

In scena in questi giorni al Teatro Libero di Milano lo spettacolo Nel segno di Paz, dove prendono vita personaggi e storie create da Andra Pazienza. Realizzata dalla compagnia teatrale Le ZeRBe di Genova, questo lavoro teatrale e' diretto da Antonio Tancredi, che siamo andati a intervistare per analizzare brevemente...

Nel segno di Paz si incontrano fumetto e teatroStorie e frammenti dell’opera fumettistica del grande autore Andrea Pazienza prendono corpo sulla scena del Teatro Libero di Milano, dal 22 al 28 maggio. L’adattamento è del teatro Le ZeRBe di Genova, compagnia che predilige pescare per le sue messinscena da fumetti e letteratura.
Nel segno di Paz si presenta come un lavoro dolce e amaro, comico e violento, lirico e grottesco. Si inizia con Zanardi, Colasanti e Petrilli, i tre cavalieri creati dalla matita di Andrea Pazienza. Sono loro a gettare un ponte tra scena e platea, realtà e finzione, portando il pubblico attraverso un viaggio che si concluderà con un nuovo inizio, forse…
In una scena volutamente nuda, come il foglio bianco che aspetta di essere segnato, cinque attori, ma sembrano di più, danno vita a vari personaggi in un vorticoso gioco mimetico e trasformistico. Si passa così da storie dal forte carattere autobiografico, frammenti di vita studentesca a scenari psichedelici con protagonisti sempre meno umani. Tra una scena e l’altra irrompono i due mitici partician Paz e Pert, dove Pert sta per Sandro Pertini, abili guastatori sempre in lotta per la libertà. Una mosca irriverente, alterego dello stesso autore, interloquisce con il pubblico, presentando e commentando ciò che avviene sul palco.
Alla fine del viaggio due loschi figuri lasciano ad attori e pubblico una provocazione: e se la stagione degli sballi, delle frasi urlate, delle mode cambiate vorticosamente non fossero un modo per distoglierci da qualcos’altro, per vincere le nostre resistenze, per incatenarci ad un modello di vita che non si può scegliere, ma solo condividere? Nel Segno di Paz è uno spettacolo da e su un autore che ci ha raccontato la fragilità di una generazione che ha tentato di scrollarsi di dosso verità precostituite per sognare e creare un’altro mondo, e nella sua sconfitta ci ha lasciato una grande lezione di libertà, urlando la sua resa invincibile. Chi assiste allo spettacolo avrà la sensazione di sfogliare un album dove le storie non hanno confini netti. Nel segno di Paz è pensato e vissuto come un concerto rock, una festa, dove restano sempre margini per l’imprevisto.
Ce ne parla nel dettagli Antonio Tancredi, registra dello spettacolo.

Ciao Antonio, e benvenuto. Nel segno di Paz debutta questo 22 Maggio al Teatro Libero di Milano. Cosa ti ha portato a scrivere uno spettacolo ispirato ad Andrea Pazienza, e cosa ti lega all’opera di questo grande e compianto autore?
Ho conosciuto Pazienza e le sue storie attraverso la radio. Prima di vederle scritte e disegnate le ho ascoltate ed ascoltandole le ho viste. Forse è stato questo il momento che, a posteriori, mi ha dato l’idea e il coraggio di scrivere uno spettacolo portando i suoi personaggi e storie in scena. Andrea era morto da qualche giorno e i giornalisti ancora increduli per questo evento tragico lo ricordavano attraverso la musica, i ricordi e la sua opera. Rimasi lì, immobile, fino alla fine della trasmissione. Utilizzando le sue stesse parole, ti dico che non so cosa mi avesse colpito, ma da quel giorno Andrea Pazienza entro’ nella mia vita; in quel momento era nato Nel segno di Paz. Cio’ che mi ha sempre affascinato di Andrea è l’impossibilità ad essere ridotto solamente ad un autore di fumetto. Lui è un autore punto e basta, se vogliamo un letterato che usa segni e parole, mescola linguaggi e colori. È un artista totale. Mi viene da paragonarlo a Basquiat per l’uso di segni, parole e immagini sulle sue tavole, per l’uso di linguaggi e segni della sua generazione, per avere scelto i fumetti, arte veramente pop e seriale, ma rispetto forse a Basquiat c’é una maggior coscienza del ruolo dell’artista nella società, un uso del linguaggio quasi teatrale.
È impressionante quanto teatro c’é nei suoi fumetti. C’é un gusto teatrale nei suoi dialoghi, nell’atmosfere e scene che crea. Non so se abbia mai scritto di teatro, ma se lo avesse fatto sarebbe stato grandissimo. Ha un senso delle pause, dei vuoti e dei pieni, del movimento che ne fanno veramente un conoscitore della scena. Le sue storie potrebbe essere lette in scena e manterrebbero la loro forza. È da qui siamo partiti anche noi. Dalla lettura tra amici si è passati all’idea di mettere in scena alcune delle sue storie. Nel farlo ci siamo resi conto che c’erano alcune cose che ricorrevano come la riflessione sul segno, su ciò che doveva essere il fumetto, il disegno, la necessità che sta alla base di ogni racconto, la crudeltà, il coraggio di andare fino in fondo, di sbordare, di offrire anche il proprio corpo, la propria vita come amplificatore di quello che succede intorno, senza nascondersi. Mentre accostavamo le storie le une alle altre ci siamo resi conto che lo spettacolo era già pronto, che c’era una storia e che dovevamo solo raccontarla. Una storia fatta di crudeltà, di coraggio, sofferenza e di una resa invincibile.
Andrea Pazienza ha realizzato nelle tavole quel teatro della crudeltà pensato da Artaud per e sulla scena. Prima o poi era inevitabile l’incontro tra Pazienza e il teatro, i suoi personaggi, le sue storie e la scena nuda.

Non è la prima rappresentazione teatrale che ha come spunto le opere di Pazienza, per non parlare del film Paz! di qualche anno fa. Hai fatto riferimento a questi precedenti preparando il copione dell’opera?
No, perché ignoravo i lavori precedenti. Il film poi è uscito tre anni dopo l’inizio del nostro progetto. Cio’ che mi ha colpito del film, che è l’unica trasposizione delle storie di Andrea a cui ho assistito, è la coincidenza di alcune scelte e storie. Credo che ciò sia inevitabile. Ci sono storie che si conoscono a memoria, si citano come fa la professoressa di Giorno con Conrad -Coppola e Cuore di Tenebra. Il teatro pero’ offre possibilità che il cinema non può soddisfare, e viceversa. Una maggiore libertà, credo. Così in scena è possibile passare dall’extraterrestre di Overture alla comenube dei Ficchinculo di Agnus Dei a Paz e Pert.

La tua scelta è stata di presentare una ampia galleria dei personaggi dell’autore, piuttosto che concentrarti su un’opera specifica. Perché questa scelta? Come sei riuscito a unirli tutti assieme?
Non mi interessava raccontare una storia con i suoi personaggi che avesse unità di azione e luogo. Ho preferito lavorare sull’impressione che coglie chi sfoglia gli album, le raccolte delle storie di Paz, sulla sorpresa di passare da un modo all’altro, di farsi spiazzare piacevolmente, di sprofondare nel mondo di Pazienza lasciando agli spettatori di cogliere, loro, il segno logico e unificante. Per questo abbiamo tralasciato Pompeo, forse l’unica opera con Penthotal in cui c’é un personaggio su cui verte l’intera storia. Pompeo è un opera che non si può saccheggiare o citare en passant, da sola necessita uno spettacolo.

Pazienza ha un grande valore storico, i suoi personaggi sono profondamente calati nella realtà del suo tempo tanto da esserne stati spesso simbolo. Nel ripresentarli li hai “adattati” ad oggi, o ritieni che essi siano ancora attuali e inquadrati in questa Italia?
Basta da sola la battuta su Berlusconi, il vecchio nuovo che allora si faceva strada tra emittenti TV in una delle storie di Zanardi, quella dove i tre moschettieri di Paz si trovano al ristorante. Ma questo è il punto più evidente, ma forse meno indicativo. La contemporaneità di Pazienza si misura in altri e forse più interessanti momenti, come l’invettiva di Pert a lottare ancora per la libertà, per le conquiste sociali, politiche e democratiche che si pensava ormai acquisite e immodificabili: “Ditelo ai vostri figli, quando tornerete a casa, domani!“; oppure sulla strumentalizzazione del potere dell’opera e della vita di chi fa arte, della dualità tra segno e apparenza, della gabbia dei paradisi artificiali, dell’attualità del suo linguaggio, diretto, a volte infarcito di bestemmie e turpiloquio, ma liberatorio.

Cosa hai richiesto in particolare agli attori per rappresentare al meglio queste figure? Hai fornito loro i fumetti come documentazione?
Gli ho chiesto coraggio, entusiasmo e di salire sulla scena come se dovessero salire su un palco per un concerto punk-rock. Gli ho chiesto di essere e sentirsi delle rock star. Non me ne frega niente se sbagliano una battuta, se hanno un’esigenza, un’istanza si facciano guidare da quella.
Visto che si lavorava sui fumetti è stato inevitabile chiedere di leggere e guardare le storie di Andrea, magari di metterle sotto il cuscino prima di andare a letto.

Com’é il rapporto che si instaura tra un regista e gli attori? Quanto di loro c’é alla fine nella rappresentazione, e quanto della tua idea iniziale?
Ogni rapporto attore-regista ha una storia a sé, perché ognuno degli attori è diverso, diversa è la loro storia, la loro emotività, il carattere. E poi c’é anche il rapporto tra regista e il gruppo e degli attori tra di loro. Insomma un gran casino, ottimo terreno per tensioni, contrasti, ma anche incontri e condivisioni profonde. Quello che unisce questi rapporti è l’esigenza dello scambio. Il regista propone, così come anche gli attori; ha l’ultima parola ma sempre nell’interesse dello spettacolo. Mi piace seguire lo spettacolo anche in tournée perché questo scambio possa continuare, perché si possa ogni volta mettere in discussione qualcosa, creare quel disequilibrio che non ci faccia andare in scena già appagati o esecutori di una partitura fissa. Nella rappresentazione c’é il filo, la trama che ho intrecciato, le domande che ho preso da Pazienza. Gli attori hanno il compito di rispondere a modo loro, ma con estrema sincerità, a quelle domande, di seguire la traccia anche tradendola.

Qual è, o quale può essere, il rapporto tra messa in scena teatrale e messa in scena all’interno della vignetta, che almeno parzialmente corrisponde alla disposizione della scena teatrale stessa? Esiste, e se si in cosa consiste? Hai cercato di riproporre in parte anche questo aspetto di Pazienza?
Pazienza suggerisce nel testo e nel segno le linee in cui muoversi sulla scena, noi le abbiamo semplicemente esplicitate, abbiamo fatto muovere i suoi personaggi. Laddove questo era difficile, abbiamo proposto noi delle soluzioni, ma nello spirito espressivo del suo segno.

Il teatro in Italia vive un periodo di contestazioni per i recenti tagli finanziari allo spettacolo. Viste dall’interno, quali sono le difficoltà per chi vuol fare teatro in Italia?
Tantissime. Per dirne una noi siamo in sette, cinque in scena e due dall’altra parte, in cabina di regia, le istituzioni della nostra città non ci aiutano, i teatri ci chiedono di andare a percentuale anche se si trovano a cinquecento chilometri di distanza. Per far sopravvivere questo spettacolo ci mettiamo del nostro, siamo lì a fare i conti se possiamo o no fare una trasferta. E poi sorge l’interrogativo per chi farlo. Uno spettacolo come quello sulle storie di Andrea si rivolge ad un pubblico che a volte non va a teatro, ma si riunisce in altri luoghi in cui si investono energie e soldi per alcune attività, come concerti, e non per altre. Manca una politica culturale. Un gruppo teatrale, una compagnia deve essere prima uno spettacolificio, una impresa economica, prima ancora che culturale. Su queste basi si limita la possibilità e la scelta culturale.

Nel segno di Paz si incontrano fumetto e teatroNEL SEGNO DI PAZ
da Andrea Pazienza
con Antonio Carletti, Milena Fois, Giovanni Landi, Alberto Rizzi, Alessandro Scipilliti
drammaturgia e regia Antonio Tancredi
costumi Milena Fois e Alessandro Scipilliti
realizzazioni audio digitali Mauro Marchini e Tristan Martinelli
luci Federico Kata Canibus
fonica Tristan Martinelli
ufficio stampa Rosanna Tripaldi (tel. 3381965487, rostrip@hotmail.com)
organizzazione Teatrovunque

Lo spettacolo è in scena dal 22 al 28 maggio, ore 21.00 al
Teatro Libero
via Savona, 10 – Milano
– MM 2 Sant’Agostino – P.ta Genova

Info e prenotazioni:
Tel 02 8323126 – SMS 335/5322747
Email biglietteria@teatrolibero.it

Biografie:
Antonio Tancredi, attore e regista, assistente di Giorgio Gallione del teatro dell’Archivolto dal 1996 al 2004, lavora e collabora con il Teatro del Piccione di Genova, Le Mani Ambulanti, gli Aparecidos e Attilio Caffarena. È attore e regista del Teatro le ZeRBe, ha curato la regia di Nel segno di Paz (2000/2006), Sakurambo (2003), Cani Sciolti (2000), De…Lear (1997). Da sempre utilizza i fumetti come fonte per i suoi lavori.

Il Teatro le ZeRBe e il Teatrovunque sono due compagini teatrali genovesi che si sono unite per realizzare questo progetto. Al Teatrovunque spetta l’organizzazione e la distribuzione dello spettacolo.
Il teatro Le Zerbe è stato fondato nel 1997 a Genova. Tra i primi lavori della compagnia ci sono Libertango, da Il bacio della donna ragno di Manuel Puig, Cani Sciolti, di Rosario Cascina, ispirato ai ritmi e alle figure del teatro popolare di Antonio Petito, e De…Lear, ispirato ai Lear del teatro e del cinema. Storie di uomini prigionieri o imprigionati in ruoli e situazioni e che tentano faticosamente una liberazione. Nel 2000 la compagnia è invitata dal Festival di Ventimiglia con il nuovo lavoro ispirato all’opera di Andrea Pazienza. Il debutto vero e proprio, con il titolo Nel segno di Paz, avviene nell’ambito della rassegna di teatro e arti visive Immaginazione, 2001, organizzato dalla stessa compagnia e dal Teatro del Piccione di Genova. Sono ospiti della rassegna i Living Theatre con cui si stabilirà una collaborazione in vista delle giornate del G8. Nel maggio del 2003 Le Zerbe con il gruppo Bassi presentano al Teatro della Tosse di Genova Sakurambo, da un racconto di Oscar Colombo e Paolo Salomone. Anche in questo lavoro, a metà tra istallazione vivente e teatro, i fumetti costituiscono una delle principali fonti di ispirazione, insieme alle atmosfere del regista e attore giapponese Takeshi Kitano, al romanzo Kitchen di Banana Yoshimoto, e all’opera dello psichiatra Ronald Laing.
I lavori delle Zerbe sono stati presentati in teatri e spazi non convenzionali, case, garage, fabbriche dismesse. Nel corso degli anni Le ZeRBe hanno trovato molti compagni di viaggio che hanno lasciato una profonda traccia nei suoi lavori come Rosario Cascina, Antonio Carletti, Alberto Rizzi, Milena Fois, Stefano Maragliano, Luce Prola, Sigfrido Gaiani, Tristan Martinelli, Sergio Masala, Livia Lanzone, Annalisa Prandi, fino ad arrivare ai recenti incontri con Marta Antonucci, Oscar Colombo, Alessandro Scipiliti, Giovanni Landi, Francesco Kata Canibus, Francesco Cassi, Agnese Domini, Rosanna Tripaldi.
Le Zerbe sono state invitate al Festival Una notte d’estate di Genova 1998, Festival Sarabanda di Genova 1997, Festival Nuovo Teatro di Ventimiglia 2000, Immaginazioni di Genova 2001, Campocarlo Festival 2002/2003 (Rocchetta Ligure -Alessandria). Sono state a Genova (Teatro della Tosse, Teatro Garage, Sala Germi, Teatro dell’Ortica, Café Teatro La Madeleine), Ventimiglia (Im), Alassio (Im),Alberga (Sv), Ortovero (Sv), Sestri Levante (Ge), Sardigliano (Al), Aosta, Moncalieri (To), Torino, Firenze, Pescara, Roma, Caserta, Savona, Milano.

Riferimenti:
Teatro Le Zerbe, Piazza dell’Agnello 6/9, 16124, Genova
tel.3334507085, zerbateatro@libero.it

Teatrovunque,via Canneto il Lungo,9/6b,16123 Genova
tel./fax 0108603813, antonio.carletti@fastwebnet.it

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