Certi fumetti sembrano degli asili, dove i bambini vengono lasciati a giocare mentre gli adulti li osservano ed individuano i meccanismi del loro divertimento, che riproduce e reinterpreta le categorie socioculturali del mondo dei grandi. Un grande asilo è la palude di Okefenokee (quella di Pogo) così come il campo di cocomeri dei Peanuts, e il modo in cui vengono rappresentati questi bambini ci potrebbe indurre anche a scambiarli per microadulti, grottesche miniaturizzazioni di idiosincrasie ed ossessioni che sono più propriamente nostre. La grande differenza fra i fumetti di Mafalda e quelli dei Peanuts, che si assomigliano in molti aspetti, è il rapporto con il mondo adulto: i piccoli abitanti della sconosciuta cittadina americana in cui Schulz ha ambientato le sue storie ne tollerano l’invisibile presenza, al punto che, a parte le maestre ed una nonna cui scrivere letterine indigeste, il resto (genitori, dottori, negozianti, vicini di casa ecc.) è totalmente ignorato, quasi a rappresentare lo smarrimento del ruolo genitoriale nella società americana. Al contrario gli adulti sono presenti nell’universo della piccola bambina argentina. Ci sono il padre e la madre di Mafalda, i genitori borghesissimi della sua amica Susanita, l’ingombrante papà commerciante di Manuelito, la madre “alternativa” di Libertà e varie maestre. Mafalda è il telescopio, rovesciato, attraverso il quale osserviamo con affettuosa simpatia questi genitori. Scopriamo la fragilità delle loro certezze, la fatuità della loro determinazione, l’impotenza dei loro sogni presi in giro dalla scatenata bambina dalla testa enorme, sorprendentemente matura nella capacità di sapersi sdrammatizzare da sola. Joquìn Salvador Lavado, vero nome di Quino, arma la sua creatura di una consapevolezza che non è inquietante, perché stemperata dalla giocosità del personaggio. Forse in questa striscia l’invenzione più azzeccata è la piccola Libertà, che probabilmente è una proiezione di Mafalda deprivata degli inibitori sociali; Mafalda avrebbe voluto che sua mamma continuasse negli studi, come invece fece quella della sua piccola amica, ma nello stesso tempo è spaventata dall’eccesso di rigore di Libertà, che trasforma l’ardore contestatario in una detestabile caricatura. La sua funzione è quella di fungere da capiente (nonostante le dimensioni) serbatoio per gli eccessi cui avrebbe potuto indulgere il personaggio di Mafalda, che pertanto non si appesantisce mai e mantiene la freschezza che la rende adorabile. Viva la contestazione! raccoglie le migliori strisce disegnate da Quino dal 1964 al 1973 quando decise di interrompere la pubblicazione di questo personaggio, nonostante il successo strepitoso. Una scelta che conferma la coerenza del processo creativo di questo autore.
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(aggiornato il 25/06/2010)