1984: la celebre distopia di Orwell diventa un fumetto

1984: la celebre distopia di Orwell diventa un fumetto

Star Comics pubblica il graphic novel 1984 di Derrien e Torregrossa. Un adattamento fedele, disperato e quanto mai attuale, del capolavoro di George Orwell.

“Era una fresca limpida giornata d’aprile e gli orologi segnavano l’una. Winston Smith, col mento sprofondato nel bavero del cappotto, per non esporlo al rigore del vento, scivolò lento fra i battenti di vetro dell’ingresso agli Appartamenti della Vittoria (…). A ciascun pianerottolo, proprio di fronte allo sportello dell’ascensore il cartellone con la faccia enorme riguardava dalla parete. Era una di quelle fotografie prese in modo che gli occhi vi seguono mentre vi muovete. IL GRANDE FRATELLO VI GUARDA, diceva la scritta appostavi sotto”.

1984_tav1Inizia così 1984 di George Orwell, grande classico della letteratura distopica, adattato a fumetto dallo sceneggiatore Jean-Christophe Derrien e dal disegnatore Rémi Torregrossa e pubblicato in Italia da Star Comics, nella collana Astra.
Visto il ruolo cruciale del libro nella letteratura del Novecento – il quotidiano Le Monde lo inserisce al 22° posto nella classifica dei 100 migliori libri del Ventesimo secolo, guarda caso preceduto da Il mondo nuovo di Aldous Huxley e seguito da Asterix il Gallico, primo albo della serie di Goscinny e Uderzo – è importante rispolverarne alcune peculiarità, prima di approfondire la sua versione graphic novel.
Per inquadrarlo, si può definire 1984 una distopia fantapolitica totalitaria, con una trama e un’ambientazione seminali per la successiva letteratura di genere. Il libro tratta, con una capacità predittiva ancora oggi in grado di stupire, alcune tematiche attuali come la rivoluzione digitale, l’omologazione e, anche se più sullo sfondo, la guerra. Tuttavia, in origine, il romanzo di Orwell fu accolto con freddezza o addirittura criticato. Scritto nel 1948, cioè 74 anni fa, e pubblicato nel 1949, la sua fortuna al momento dell’uscita fu infatti inevitabilmente segnata dal periodo storico.

LE ORIGINI DI UN CLASSICO

“Il Ministero della Verità, Minver in neolingua, era molto diverso da ogni altra costruzione (…) dal luogo dove si trovava Winston si potevano leggere, stampati in eleganti caratteri sulla sua bianca facciata, i tre slogans del Partito: LA GUERRA È PACE – LA LIBERTÀ È SCHIAVITÙ – L’IGNORANZA È FORZA”.

Eric Arthur Blair, questo il vero nome di George Orwell, scrisse 1984 subito dopo La fattoria degli animali, libro che gli valse il successo, e due soli anni prima di morire di tubercolosi.
Era un momento politico difficile e quasi inopportuno per presentare opere del genere: sia La fattoria – allegoria satirica contro lo stalinismo uscita nel 1945, quando l’Inghilterra era alleata con l’Unione Sovietica per combattere Hitler – sia 1984, erano in grado di turbare. Proprio in quest’ultimo romanzo, ispirato alle opere di Huxley, Orwell additò gli orrori ai quali era giunta l’idea marxista nei paesi socialisti, denunciando gli elementi comuni fra stalinismo e nazismo. 1984 ottenne però, dopo alcune difficoltà in fase di pubblicazione, forse sulla scia di La Fattoria degli animali, risultati incredibili in termini di vendite. E la critica, in generale allineata alla propaganda politica in un momento difficile, apparve infastidita e ostile perché la degenerazione dell’idea rivoluzionaria sovietica di 1984 poteva fornire pretesti a sostenitori e fautori della guerra fredda e all’ostilità verso l’URSS.
Nonostante l’esordio turbolento, la notorietà dell’ultimo libro di Orwell crebbe fino a raggiungere un’importanza riservata solo ai grandi classici, come dimostra un dato curioso: nell’anno 1984 erano state vendute nel mondo più di 32 milioni di copie di 1984, un destino condiviso dalle pochissime opere letterarie in grado di scavalcare le frontiere nazionali ed entrare nelle case di chi non è abituato ad acquistare libri. Il dato è riportato nella prefazione di Teresa Cremisi all’edizione Mondadori di La fattoria degli animali e 1984 ristampata, forse non a caso, proprio nel 1984 (dalla quale sono tratti anche i testi di Orwell qui riportati, nella traduzione di Gabriele Baldini).
La longevità di 1984 non è però casuale: come fosse un vino pregiato destinato all’invecchiamento, gli oltre settant’anni trascorsi dalla sua uscita lo hanno migliorato, spogliandolo dai limiti legati ai personaggi, che riflettevano la temperie di quel difficile momento storico. Nei successivi tre quarti di secolo, fino a giungere ai giorni nostri, la storia ha infatti prodotto altri uomini che hanno usato il potere allo stesso modo del maiale-Stalin della Fattoria, o del Grande Fratello di 1984. Il titolo ha assunto così un carattere quasi universale nel descrivere schemi sociali umani ricorrenti, proprio come spiega il famigerato Emmanuel Goldstein, il nemico del popolo in 1984, nel suo libro clandestino “La teoria del collettivismo oligarchico”.

SINTESI FILOSOFICA IN UN FUMETTO

“E se tutti gli altri accettavano quella menzogna che il Partito imponeva (se tutti i documenti ripetevano la stessa storiella), la menzogna diventava verità e passava alla storia «Chi controlla il passato» diceva lo slogan del Partito «controlla il futuro: chi controlla il presente, controlla il passato». Eppure il passato, sebbene mutevole per sua stessa natura, non era mai stato mutato. Tutto ciò che era vero allora, rimaneva vero da sempre e per sempre. Era semplicissimo. Tutto quel che si richiedeva era soltanto una serie infinita di vittorie sulla propria stessa memoria. Controllo della realtà, lo chiamavano: e in neolingua bispensiero”.

1984_tav3Il libro di Orwell sviscera la psiche del protagonista, Winston Smith, in modo profondo e minuzioso. Lo fa attraverso le sue reazioni, i pensieri critici nei confronti del revisionismo storico (che è il suo lavoro), del Grande Fratello, della guerra. Smith si mette a nudo con le sue riflessioni, ad esempio sulla paura di essere condotto al Ministero dell’Amore (che si occupa delle torture) e scrivendo un diario illegale, per il quale rischia la vita.

Jean-Christophe Derrien riesce nel difficile compito di sintetizzare la complessità di un personaggio come Winston di cui, sin dall’inizio del fumetto, non resta nulla: il protagonista sembra non avere un passato, della sua infanzia ricorda “una serie di quadri senza sfondo e per la maggior parte incomprensibili”, e non sa nemmeno in che anno stia vivendo.

Il lavoro di Orwell è altrettanto minuzioso nel descrivere la società creata dal Grande Fratello tramite il Partito: la guerra perenne, la neolingua, la divisione del mondo in tre specie di persone, la psicopolizia, le macchine per scrivere romanzi allineati, la necessità di istituire i minuti, o addirittura la settimana, dell’odio, la condizione di disumanità dei Prolet e la disperazione sopra tutto.
Questa mole di informazioni, previsioni, problematiche sociologiche e psicologiche che compongono la filosofia orwelliana, spesso esposte in uno stile più da saggista che da romanziere, sono state compresse da Derrien in una sceneggiatura fedele e riversate nei dialoghi e nelle didascalie. Il risultato è un graphic novel omogeneo, esaustivo, completo.
Il fumetto inizia come il libro, a Oceania (Londra), con l’arrivo di Winston agli Appartamenti della Vittoria e i suoi primi pensieri, e prosegue selezionando le scene più significative per lo sviluppo della trama di Orwell, dalla quale Derrien non si discosta mai. Vengono subito introdotti, quindi, gli elementi e i personaggi chiave di 1984: O’Brien, Julia, Symes, Goldstein, il Partito, i Ministeri, la guerra con l’Eurasia e l’onnipresente e onnipotente Grande Fratello.

Winston comincia a mettere in dubbio la società e a riflettere sul suo lavoro, che consiste nel correggere il passato per adeguarlo al presente, sostituendo un’assurdità con un’altra. E quando il suo sguardo incrocia quello della giovane Julia, forse una spia della psicopolizia, Smith inizia a sognare di poter cambiare qualcosa.
Il graphic novel procede riproponendo, senza bisogno di attualizzarle, tutte le anticipazioni quasi profetiche di 1984, che offrono evidenti parallelismi con il mondo odierno. Da semplici divertimenti come la lotteria – strutturata in modo che nessuno possa vincere -, principale passione dei Prolet e associabile all’attuale ludopatia e a tutte quelle iniziative che portano sulla ribalta persone comuni, a situazioni socio economiche più sottili, come la questione della cioccolata: Winston ascolta la notizia della diminuzione da 30 a 20 grammi di cioccolata a settimana per ogni individuo, ma il giorno dopo la gente, che ha già dimenticato la riduzione, esulta e ringrazia il Grande Fratello perché gli concede addirittura 20 grammi a settimana. Non è forse una circostanza simile al continuo aumento del costo della benzina, arginato di tanto in tanto da un ridicolo abbassamento del prezzo, per la felicità dei consumatori?

Un altro esempio, fra i tanti, riguarda la guerra. Winston parla con un anziano che ricorda l’epoca pre Grande Fratello: vuole scoprire se prima era meglio. L’interlocutore, con la memoria a pezzi e incapace di rispondere alle domande, non solo non aiuta Winston, ma gli fa capire che presto nessuno potrà più fare domande, perché i superstiti saranno tutti scomparsi. Al pari di chi ha vissuto durante la Seconda guerra mondiale, che scomparendo ci lascia orfani di testimonianze dirette indispensabili, soprattutto oggi, per non ripetere gli errori del passato. Praticamente ogni sequenza che Derrien sceglie di raccontare crea correlazioni con il nostro presente, in una narrazione così ben condensata e ricca di fatti su cui riflettere, da costringere a rileggere per non lasciarsi sfuggire nulla.

Anche il tono dato dallo sceneggiatore al suo 1984 è fedele al romanzo, e anzi guadagna in incisività per la presenza dei disegni di Torregrossa: rassegnazione, cinismo, divisione sociale, alienazione, traspaiono sia dai testi sia dalle immagini e risultano quasi tangibili per il lettore. Le domande che il graphic novel pone sono tutte scomode e senza scampo: davvero le masse sono composte solo di bestiame allo stato puro, di gente destinata a morire senza comprendere cosa sia stata la loro vita? È davvero impossibile qualsiasi forma di ribellione? Anche quando sembra che una speranza possa trapassare le nubi grigie che oscurano in modo perenne il cielo di Oceania, la disperazione vince sempre. Il Grande Fratello ha tutti in pugno: un giorno decreterà che 2 più 2 fa 5 e bisognerà credergli, e la voglia di evasione di Winston, il desiderio di poter scegliere fra libertà e schiavitù, non sono nemmeno sogni ma fattori già calcolati di un’equazione con risultato negativo.

UN BIANCO E NERO A COLORI

“Winston si volse di scatto. Fece assumere alla sua fisionomia l’espressione di tranquillo ottimismo che era opportuno mantenere allorché ci si rivolgeva verso il teleschermo”.

1984_tav2Se Derrien ha scelto di non attualizzare, perché non necessario, la trama e i messaggi contenuti in 1984, anche Rémi Torregrossa si attiene, nel creare visivamente il mondo di Orwell, a quanto descritto nel romanzo. Pur modernizzando qualche elemento, come la postazione di lavoro di Winston, il disegnatore sembra partire sempre dalle parole dell’autore per visualizzare un mondo distopico, dominato dalla piramide del Ministero della Verità che compare nella prima vignetta del libro.
L’impostazione si basa su tavole ordinate con vignette regolari, a volte intervallate da splash. Le ombreggiature sono fondamentali nel restituire l’espressività dei personaggi nei frequenti primi e primissimi piani. L’uso del chiaroscuro aumenta il senso di claustrofobia generato dalla folla omologata. Proprio all’interno di queste folle alienate di persone con facce grigie, Torregrossa differenzia a volte Winston e Julia, realizzando i loro visi in bianco.

L’attenzione ai volti dei personaggi è altissima anche perché, fra i reati contestabili, c’è il “voltoreato”: le persone non devono apparire sospette perché, come ricorda Winston nel suo diario “Lo psicoreato non comporta la morte. Esso è la morte“. Per diversificare certi elementi chiave ai fini narrativi, il disegnatore utilizza anche il colore: due mani bianche che, sfiorandosi diventano rosa, cioè umane; un ricordo è colorato all’interno di una sequenza in bianco e nero; un prato, lontano da occhi elettronici, è di un tenue verde. Il colore compare però in pochissime vignette e in un’unica sequenza. Un uso volutamente centellinato che ne aumenta valore e significato.
Interessante anche la scelta di inserire le didascalie in ritagli del diario di Winston.

IL PASSATO È IL PRESENTE

“Ma ogni cosa era a posto, ora, tutto era definitivamente sistemato, la lotta era finita. Egli era riuscito vincitore su se medesimo. Amava il Grande Fratello”.

L’adattamento di 1984 di Derrien e Torregrossa è un fumetto atipico. È scomodo, perché costringe a porsi domande difficili e a trovare similitudini pericolose fra la nostra realtà e una distopia scritta in un passato ormai lontano. Ed è spiazzante, perché invita le persone al pensiero, ponendole però davanti alla quasi assoluta certezza che farlo non serve a nulla.

1984 graphic novel può essere letto anche senza conoscere il libro, ma crea il desiderio di saperne di più, di approfondire le tematiche e la società di Oceania per i tanti elementi che si sovrappongono alla nostra, con il risultato quasi inevitabile di spingere a leggere o rileggere il romanzo di Orwell.
Riproporre una trama del genere, basata su una critica feroce che scivola in una disperazione straniante, dimostra come 1984 sia diventato, oggi, anche un’ottima opera di fiction, il cui scopo è coinvolgere il lettore, farlo immedesimare. E, in molti casi, non è difficile immedesimarsi con Winston Smith. Purtroppo. O per fortuna.

Abbiamo parlato di:
1984
Jean-Christophe Derrien, Rémi Torregrossa
Traduzione di Luca Blengino (Arancia Studio)
Star Comics, 2022
128 pagine, brossurato con alette, colori – 13,90 €
ISBN: 9788822633040

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