Spirit of Wonder raccoglie dodici racconti di Kenji Tsuruta di ambientazione fantascientifica. Di questi, cinque sono indipendenti, due hanno come protagonisti il gruppo di recupero sottomarino del Podkayne (ep. 0, 5), due raccontano le vicende del Club dei Giovani Scienziati (ep. 4, 8), e tre, infine, compongono la saga di Miss China (ep. 9, 10, 11). Cio’ che rende questi racconti un corpus unitario è dichiarato programmaticamente nel titolo della raccolta: lo spirito della meraviglia. Titolo che potremmo peraltro rendere più efficacemente con l’espressione senso del meraviglioso, largamente diffusa nella letteratura fantascientifica (cfr: Il senso del meraviglioso, a cura di Sandro Pergameno, Ed. Nord). Che Tsuruta faccia riferimento proprio a questo immaginario, che influenzo’ tanta fantascienza pre anni 1960, e che fu da essa copiosamente alimentato, è dimostrato dalla comparsa del volume “Sense of Wonder“, storica antologia di fantascienza, curata da Sam Moskowitz (1967), che fa capolino dal cumulo di libri nel laboratorio di Ferble Strangelab a pagina 56.
Che cos’é, quindi, questo senso del meraviglioso, che pervade le storie?
Una definizione sommaria, forse anche superficiale, ma che individua bene il contesto emotivo dei racconti di Tsuruta, potrebbe essere la sequente. Il senso del meraviglioso è la percezione dell’ignoto, l’incanto al suo cospetto e l’attrazione verso di esso. È un atteggiamento, una visione del mondo in cui viviamo, secondo la quale ciò che è sconosciuto costituisce uno stimolo alla conoscenza e non una fonte di paura.
All’interno di questa visione, tutto appare possibile, realizzabile: trasferire la materia per andarsene a vivere in un’isola che sembra la Tahiti di Gauguin (Partire in una notte di Luna piena); andare avanti ed indietro nel tempo, per salvare la vita di una bambina (Piccola malinconia); proiettare il proprio corpo nello spazio, e renderlo grande quanto la distanza che separa il Sole da Alpha Centauri, per raggiungere la persona amata (Invocare le stelle); raggiungere Marte su un dirigibile, come si ripromette il Club dei Giovani Scienziati; scrivere “Buon compleanno” sulla Luna, come intende fare Jim per Miss China; trovare uomini sopravvissuti in blocchi di ghiaccio, e, con il loro aiuto, salvare la Terra dalla catastrofe climatica, come accade a Maiko ed al gruppo di recupero del Podkayne.
Tutto è possibile in questo mondo, ed i personaggi di Tsuruta tentano di fare qualcosa, che sembra impossibile, non per sfida, né per spirito di conquista o di affermazione personale. I protagonisti di questi racconti non sono interessati a dimostrare che l’uomo può, con la sua tecnologia, dominare la natura. Niente di così ottocentesco. I protagonisti dei racconti di Tsuruta intendono realizzare sogni. È il sogno che dà senso alle meravigliose macchine che vediamo all’opera; senza quel sogno, quei manufatti sono meri elementi tecnologici, rompicapi di rotelle e leve e specchi e componenti elettronici. In questo senso, esemplificativo è il breve Marsy nel paese del tempo, nel quale è mostrato un utilizzo meritorio e decisamente tenero della capacità di fermare il tempo.
Consideriamo più estesamente le avventure del Club dei giovani Scienziati e quelle di Miss China, ricordando che ne esiste anche una pregevole versione animata.
Il Club dei Giovani Scienziati è costituito da un gruppo di appassionati che si cimentano nella costruzione di un dirigibile che li conduca su Marte. Per essi raggiungere Marte è importante, perché sin da bambini lo hanno desiderato, fin da quando lessero le pagine di Lowell, le sue ipotesi sui canali, sulla civiltà marziana al crepuscolo. Per la natura stessa di questa loro volontà, è fondamentale che una simile impresa sia realizzabile tramite l’ingegno messo all’opera in un capannone, basandosi su un modello fisico, quello delle correnti eteree, sviluppato proprio dalla figlia di uno di essi. è fondamentale che sia così, poiché, in questo modo, tutti gli elementi della realizzazione del sogno appartengono al loro mondo, come appartiene a loro il sogno. Alla fine, i Giovani Scienziati, giunti su Marte, scoprono una realtà più prosaica rispetto alle visioni di Lowell: sabbia, sassi e nessun segno di civiltà. Ma questa scoperta non li avvilisce poiché loro obiettivo era realizzare il proprio sogno, non confermare quelli di Lowell.
Più problematica la saga di Miss China, nella quale viene messa in scena la lotta fra due sogni: da una parte, quello romantico di China, fascinosa e volitiva proprietaria di una taverna (il Tenkai), in una Bristol deliziosamente steampunk. Dall’altra, quello di Jim e del professor Breckenridge, inventori a tempo pieno, ma in continua lotta contro la miseria. China conduce la taverna con energia e successo; è innamorata di Jim, ed il suo sogno è che Jim ricambi il suo amore e che sia disposto a condividere, oltre al sentimento, anche il duro lavoro quotidiano. Jim fa da assistente al professor Breckenridge, affittuario decisamente moroso del Tenkai, ed il loro sogno è raggiungere la Luna. Il professore insegue la fama; Jim segue una sorta di tradizione di famiglia, visto che anche il padre era un inventore. La passione di Jim per i macchinari è evidente; mentre assai ambiguo è il suo atteggiamento verso China. In effetti, si ha l’impressione che nemmeno lui abbia chiari i propri sentimenti: la padrona del Tenkai è decisamente attraente, una personalità forte, eppure bisognosa di aiuto. Forse, Jim è attratto ed intenerito da questa combinazione; forse, quando le regala l’anello di pietra di luna (L’ira di China), intende davvero offrirle un pegno d’amore. Forse, Jim pensa in buonafede di amarla.
Tuttavia, il loro tentativo di convivenza non funziona. E non funziona perché Jim e China non riescono a comprendersi. La loro incomunicabilità diventa plateale quando Jim irride China per l’abitudine di lei di esprimere desideri a una stella cadente (I desideri di China). Bisognerebbe esprimere il desiderio mentre la stella cadente brilla, commenta il ragazzo. Jim mette pero’ così in dubbio una convinzione profonda di China, che coi suoi desideri esprime il suo amore per il mondo. Jim, con la sua osservazione, ha inteso umiliare China, oppure egli non conosce niente della visione del mondo di China? Comunque sia, non possiamo evitare il sospetto che Jim la ritenga una buffa e bella donna, esotica, ma ignorante; che non la conosca, né abbia fatto niente per conoscerla, ma che si sia limitato a viverle accanto. Jim appare insomma troppo egoista, troppo chiuso su se stesso, per essere in grado di osservare la vita da una prospettiva diversa da quella che condivide con Breckenridge. O forse, banalmente, si è nel frattempo innamorato della fiorista, che gli procura i componenti per le sue macchine, e sta già pensando a come abbandonare China.
L’epilogo della vicenda (China passa all’attacco) conferma questi sospetti: Jim scompare, lasciando China a inseguire attraverso le stanze del Tenkai le visioni di Jim e del professor Breckeridge, proiettate tramite una delle loro macchine. Il vagare di China è angosciante ed evoca il più classico degli incubi, dove non si riesce a raggiungere qualcosa che pure appare vicinissimo. La conclusione è, a nostro parere, decisamente inquietante, con Jim che non esita ad esporre al mondo la vita di China, senza neanche rendersi conto della violenza che le arreca offrendola alla curiosità morbosa della gente. I sogni di China e di Jim definiscono due mondi non comunicanti, che si sono incontrati casualmente, ma che sono destinati ad allontanarsi irreversibimente.
Poiché la saga di China conclude il volume, Tsuruta lascia nel nostro spirito, dopo tanta leggerezza e malinconia, un retrogusto amaro.
Una notazione doverosa va allo stile grafico di Tsuruta, che accompagna con la dovuta eleganza le vicende. Particolarmente fascinose appaiono le figure femminili, che, soprattutto nei volti, ricordano vagamente le bellezze di Mikimoto (Gunbuster, Macross, Marionette Generation, ecc.).
L’atteggiamento opportuno
Tsuruta intende recuperare la meraviglia di fronte al mistero, al sogno: trattandosi di emozioni, chiede che il lettore collabori con una disposizione d’animo capace di cogliere tale meraviglia. Quanto scritto sinora individua allora un atteggiamento opportuno nel lettore, che gli consenta, cioé, di gustare al meglio le tessere del mosaico di Tsuruta. Sottraetevi alla tentazione di spulciare la vostra memoria e gli scaffali della vostra libreria in cerca delle fonti e delle citazioni delle vicende narrate, lasciate questo come un successivo momento di piacere (e di autocompiacimento per la vostra sagacia ed il vostro occhio).
L’atteggiamento di lettura migliore è, se vogliamo, quello de L’uomo che cammina di Taniguchi: disporsi alla scoperta della meraviglia di fronte alle cose. Le trame di Tsuruta non propongono intrecci particolarmente articolati, bensì si svolgono con semplicità e leggerezza, anche dove più complessi sono i sentimenti narrati. L’autore isola l’elemento centrale di un sogno e ne narra la venuta al mondo. Le psicologie sono definite proprio dal carattere di questi sogni, ed il messaggio di fondo è che sono proprio questi, assieme agli ideali, a definire gli individui, e che è il tentativo di realizzarli che dà senso alle loro vite.
Sull’edizione, poco da dire: meritoria la Magic Press nel rilevare l’impegno della Phoenix nella pubblicazione di questo lavoro. Come già notato per il volume Ghost in the Shell della Star Comics, non avremmo disdegnato una confezione all’altezza dell’opera. Per fare un confronto, non ci è dispiaciuta la scelta di alcuni editori stranieri (britannici, tedeschi, spagnoli e francesi – ma ricordo distintamente anche un’edizione francofona in monovolume, identico all’italiano) di suddividere il volume in più tomi, che supponiamo, senza prove specifiche ma confidando nell’esperienza, più resistenti all’uso prolungato. Vuol dire, naturalmente, che tratteremo con particolare cura la nostra copia.