Dopo il chiacchierato documentario Italy in a day, Gabriele Salvatores ritorna al cinema con Il ragazzo invisibile, opera che ha attirato l’attenzione dei media italiani e di un vasto pubblico di curiosi. Primo film di impronta supereroistica del regista, esso rappresenta, più in generale, una nuova frontiera e un tentativo coraggioso in un genere “atipico” per il cinema nostrano.
Il lungometraggio è al centro di un progetto crossmediale che prevede l’uscita in tandem anche di un romanzo e una miniserie a fumetti, entrambi ambientati nel medesimo universo narrativo.1
La vicenda è incentrata su Michele, adolescente biondo, esile e problematico, vittima dei bulli e innamorato di una ragazza, Stella, che non lo considera affatto.
L’elemento supereroistico è costituito dalla scoperta di poter diventare invisibile: è solo l’inizio di un viaggio di formazione alla scoperta di un mistero più grande, relativo alle origini dei suoi superpoteri, per giungere anche a una maggior consapevolezza di sé. Viene poi coinvolto in una misteriosa faccenda di rapimenti che lo toccano in prima persona: i soggetti rapiti sono suoi compagni di scuola e ad indagare sulla loro scomparsa c’è sua madre, una poliziotta.
È piacevole vedere una storia di supereroi ambientata in una città italiana, tra l’altro bellissima, come Trieste. La città emerge e anche la sua collocazione geografica liminare, calzante dal punto di vista narrativo e stilistico, contribuisce a creare buona parte dell’atmosfera di sospensione.
Tra i temi portanti dell’opera sicuramente il parallelo tematico tra il potere del ragazzo e la condizione adolescenziale, momento problematico dell’esistenza di ognuno in cui si rischia di diventare invisibili (e, difatti, Michele si sente già invisibile prima acquisire i poteri, in quanto nessuno sembra accorgersi di lui, tantomeno Stella).
La storia del ragazzo onesto, maltrattato dai coetanei e desideroso di riscatto verso una società che non lo comprende, sicuramente è mutuata da varie fonti, tra cui è impossibile non citare i fumetti Marvel (verso cui si intravedono diversi chiari omaggi, dal costume che Michele non riesce a comprare agli albi che legge nella sua stanza). Stan Lee & co. hanno fatto scuola trattando l’emarginazione, il sentirsi incompresi e talvolta persino “mostruosi” (tutti sintomi molto comuni negli adolescenti) e spesso tutti questi elementi sono stati amplificati nei comics in modo da innescare l’identificazione da parte del lettore adolescente.
Omaggi fumettistici a parte, quest’ultima opera di Salvatores risulta piuttosto deludente, non tanto per la trama (ingenua, ma neppure eccessivamente), quanto per la quasi totale assenza di ironia e autoironia, la povertà dei dialoghi e la scontatezza dei ruoli (nonché la mancanza di quelli fondamentali). Per quanto riguarda i personaggi, lascia perplessi la pesante assenza di un antagonista credibile, in luogo di un buonismo diffuso, affidato a una schiera di personaggi positivi poco riusciti. La caratterizzazione di questi ultimi, che si concentra sui ruoli non principali (ad esclusione forse soltanto del personaggio della poliziotta), non appare efficace.
La quasi totale mancanza di approfondimento psicologico nei film di supereroi è troppo spesso data per scontata, nonostante nei lavori ben riusciti questa sia sostituita, per esempio, da grandi scene d’azione, ritmo sostenuto, dialoghi accattivanti ed effetti speciali di una certa portata. Tutto questo è realizzato ne Il ragazzo invisibile solo in via embrionale: il ritmo è lento, rare le scene d’azione, gli effetti speciali non colpiscono particolarmente, abituati come siamo alla cinematografia d’importazione. La scelta che meno convince è proprio quella di utilizzare un registro ambiguo, poco deciso.
Alcune tematiche, incentrate sulle questioni tipiche di un’adolescenza problematica (bullismo, senso di solitudine e voglia di ribellione), potrebbero portare ad una certa tensione drammatica, ma sono solo sfiorate e confusamente percepibili.
Non volendo sprofondare nel dramma né elevare l’opera all’epica, la scelta registica non è nemmeno quella, à la Marvel, di caricare il registro dell’ironia: questa viene infatti dosata con estrema parsimonia ed indirizzata principalmente ad un target giovane, se non giovanissimo, escludendo una marcata fetta di potenziale pubblico.
L’abile regia comunque riempie taluni vuoti narrativi, così come la colonna sonora, che risulta puntuale e coerente al tono adolescenziale. Positive la prova degli attori e in generale la fotografia.
In conclusione, si può affermare che il film non decolla ed è poco innovativo. Il tema e il genere, affrontati con uno stile che vuole essere di respiro internazionale, sono nuovi per il cinema italiano, ma al coraggio non si accompagna un sufficiente impegno narrativo e stilistico e la qual cosa dispiace viste le potenzialità sulla carta dei soggetti coinvolti nella realizzazione.
Rimane, in ogni caso, un film per ragazzi tutto sommato piacevole.
Abbiamo parlato di:
Il ragazzo invisibile
Regia di Gabriele Salvatores
Indigo Film, Rai Cinema, Babe Film – Dicembre 2014
Durata 100 min, colore
Da notare che il fumetto non è la trasposizione pedissequa del lungometraggio, bensì propone una sorta di “espansione” della trama, contenendo elementi non marginali per la comprensione del quadro generale – ivi comprese alcune motivazioni per determinate scelte da parte di vari personaggi. ↩