Jean-Marc Rochette nasce nel 1956 a Baden-Baden, in Germania, ma trascorre la sua infanzia e adolescenza a Grenoble. Carattere burrascoso, non troppo incline a regole imposte dall’alto, la sua vita si muove intorno a due grandi amori: l’arte (pittura e disegno in particolare) e la scalata, stuzzicata dalla meravigliosa vista del massiccio degli Écrins, nelle Alpi del Delfinato. Crescendo, la vita lo porta a intraprendere la carriera di fumettista e pittore, diventando uno dei più apprezzati autori francesi anche a livello mondiale, in particolare per aver realizzato la quadrilogia Le Transperceneige, adattata prima nel film Snowpiecer da Bong Joon-ho e poi in una serie televisiva Netflix.
Eppure, per un periodo della sua vita, Rochette avrebbe voluto fare solo una cosa: allontanarsi dalla società e dalle sue regole, scalare le montagne e diventare una guida alpina, vivendo la vita dura, severa e austera di alcuni dei suoi eroi: non solo i grandi nomi di Walter Bonatti e Giusto Gervasutti, ma anche quello meno conosciuto, ma mitologico per questa zona alpina, di Victor Chaud. E proprio a quella parte della vita che assomiglia tanto a una scalata, quella adolescenza complicata e sanguigna, che Jean-Marc Rochette (coadiuvato ai testi da Olivier Bocquet) dedica Parete Nord, titolo che si riferisce a una delle vette di quell’Ailefroide che ha sempre guardato con amore, passione e senso di sfida. Attraversando un periodo che va dai 14 ai 21 anni, Rochette ci racconta la sua vita all’ombra delle Alpi, fatta di scuola che lo annoia, di collegio che tenta di imporgli norme a lui strette, di un rapporto conflittuale con la madre sola, di primi amori e di proteste che animano la Francia tra anni ’60 e ’70, ma soprattutto di grandi amicizie nate tra crepacci e rifugi, tra un casco e una fune per arrampicare. Un romanzo di formazione mai nostalgico, bensì schietto, sincero, misurato, che intreccia indissolubilmente i sentimenti umani con l’amore viscerale per quel rapporto con la montagna che tanto può insegnare delle difficoltà della vita.
Le vette alpine sono sicuramente grandi protagonisti del racconto, testimoni imperturbabili di una storia tutta umana, quella che ai loro occhi scorre in un batter di ciglia, e sulla quale però riescono ad avere impatto fortissimo. Scalata e alpinismo sono per Rochette un modo per affrontare la propria esistenza e le sfide che questa offre ogni giorno: la durezza della salita insegna la resistenza e la resilienza, il sacrificio e la capacità di non abbandonarsi, di rialzarsi sempre e andare avanti, fidandosi prima di tutto di sé stessi, ma anche dei propri compagni di viaggio. Un’influenza che si ritrova non solo nella trama, ma anche nel disegno: il tratteggio abbondante e i colori plumbei, quelli del paesaggio montano quasi lunare, si estendono a ogni scena, anche quelle in pianura, riprendendo la tavolozza tipica della fantascienza di fine anni ’80, quella di Enki Bilal, di Metal Hurlant, di Rochette stesso. Il paesaggio alpino è reso magnificamente da vignette a tutta tavola e da prospettive suggestive, che esprimono l’amore e il rispetto dell’autore per questi giganti immortali e muti: ogni balza, ogni punta aguzza, ogni pietra e ogni superficie nevosa risplendono di severa e inspiegabile bellezza. Di fronte a queste, città e persone scompaiono, diventando piccole e transitorie.
Ma come ben spiegato da Paolo Cognetti nella prefazione al volume, se le protagoniste fossero solo la montagna e l’impresa solitaria, questo racconto non si discosterebbe da altri libri di grandi alpinisti. Rochette, essendo narratore prima che alpinista, ha fiducia nel racconto (scritto e disegnato) e nel suo potere, “decide di non tagliare fuori dal suo racconto la pianura, come di solito gli alpinisti fanno”, e sceglie il contrasto tra due mondi, quello del silenzio e quello delle relazioni, per creare una storia basata sui rapporti umani. Rochette non si tira indietro nel raccontare il rapporto turbolento con la madre, una donna sola che non riesce a entrare in contatto con il figlio e a trovare la misura per poterlo affrontare, o quello con il mondo scolastico, incapace di risvegliare il lui il benché minimo interesse, e visto dal ragazzo come inutile carcere. Al tempo stesso, il racconto diventa un ricordo di quella famiglia selvatica e libera fatta di amici veri e compagni di scalata, molti consumati da quella passione viscerale e terribile per la sfida alle vette più impervie: è grazie a loro, alle esperienze, fatte in altitudine così come in pianura, su pareti rocciose o sotto la pioggia a protestare per migliori condizioni lavorative, che Rochette riesce a trovare la propria voce, quella dell’arte e del racconto. Le matite dell’artista non restituiscono solo la verosimiglianza dei volti di questi personaggi, ma grazie al gioco di chiaroscuri e di tratteggio donano loro espressività, ora vitale e sorniona (in particolare Sampè), ora drammatica e dolente (il giovane Rochette e la madre, i cui volti sono spesso segnati da un’ombra di tormento). Tutto questo, insieme la scelta di ambientare la vicenda “non sulle montagne più celebri e frequentate, perché la letteratura predilige piuttosto il marginale, il periferico, e le strade meno battute”, concorre a creare un racconto potente, in cui il lettore, al di là dei tecnicismi sportivi e di qualche approfondimento storico sull’alpinismo, riesce a rivedere le sfide della propria vita, montagne non battute da altri e che solo lui può affrontare.
Da citare infine l’ottima scelta fatta da Ippocampo nell’affidare la cura e la traduzione del volume a Paolo Cognetti: i lettori che conoscono l’opera dell’autore (vincitore nel 2018 del premio Strega con il suo Le otto montagne) possono percepire non solo il suo contributo nel rendere comprensibili le parti più specialistiche del racconto, ma anche la sua voce che si accompagna a quella di Rochette, data la vicinanza spirituale e tematica tra i due, riuscendo a dare qualcosa in più all’esperienza narrativa, raddoppiando la passione e l’amore per la montagna e per il mestiere di raccontare storie che pervade tutto il volume.
Abbiamo parlato di:
Parete Nord
Jean-Marc Rochette e Olivier Bocquet
Traduzione di Paolo Cognetti
L’ippocampo, 2021
298 pagine, cartonato, colore – 25,00 €
ISBN: 9788867225903