All’interno del fitto calendario di incontri fra autori e stampa del Lucca Comics 2015, abbiamo scelto di seguire il Press Café con Kathryn e Suart Immonen, organizzato giovedì 30 ottobre presso la sala stampa del Teatro del Giglio. Stuart e Kathryn sono autori molto conosciuti in Italia, non solo per la loro produzione con grandi major del fumetto quali Marvel e DC, ma anche per la produzione indipendente che si muove su piani che esulano dal genere supereroistico.
Kathryn è per esempio autrice insieme a Sara Pichelli di Runaways, fumetto decisamente borderline rispetto ai classici schemi delle storie di supereroi, mentre insieme a Stuart ha realizzato Moving Pictures, con il quale ha potuto più liberamente sfoggiare il suo talento di scrittrice. Stuart è una delle maggiori firme del comicdom statunitense, grazie anche alla sua capacità di impostare splash pages e per la spettacolarità delle tavole piene di personaggi, oltre che per lo stile estremamente moderno. Quello fra i due è un connubio di fatto e professionale molto riuscito, che trova la sua massima espressione nelle storie scritte da Kathryn e poi disegnate da Stuart.
Durante l’incontro con la stampa, gli Immonen hanno risposto alle numerose domande dei giornalisti presenti, e non si sono neppure sottratti alle richieste di autografi e foto con gli intervenuti.
Rispondendo alla prima domanda, Stuart ha spiegato che l’autrice con la quale riesce a lavorare meglio è proprio Kathryn, «ovviamente non perché si trova nella stessa stanza con noi!», ha ironizzato. Ha ricordato come siano una coppia e lavorino insieme da molti anni, e questo ha portato loro a essere influenzati dagli stessi fumetti, dagli stessi libri, dagli stessi film, creando una perfetta sintonia fra i due, sul piano professionale e personale. «Dal punto di vista creativo è poi molto vantaggioso lavorare nella stessa stanza e seguire i vari passaggi del processi di lavorazione di un’opera senza che ci siano scambi di mail o telefonate. Questo ci permette di avere un rapporto diretto e costante che ci fa molto bene», ha aggiunto.
Sempre a Stuart è stato chiesto come riesca a organizzare il proprio lavoro su un personaggio sapendo che su di esso già altri autori prima di lui hanno apposto la propria firma, caratterizzandolo in modi spesso diversi e personali. L’autore canadese ha risposto riconoscendo che molti personaggi di cui da decenni si raccontano le gesta sono ormai più vecchi dei loro stessi creatori, a cui talvolta sono sopravvissuti, e che nel mondo del fumetto è più che normale un continuo passaggio di staffetta fra autori. «Quello che trovo meraviglioso del fumetto USA è che i supereroi sono personaggi estremamente flessibili e che, non trattandosi di un mondo molto grande, ci si ritrova spesso a lavorare come in una grande famiglia, in cui ciascun autore dà un’interpretazione personale di un personaggio e può permettersi di fare delle variazioni che lo rendono più in linea con se stesso e al passo con i tempi». Ha poi aggiunto: «Per me è molto semplice lavorare su una sceneggiatura nella quale sono già stati elaborati tutti i dettagli dal punto di vista narrativo».
La prima domanda a Kathryn ha riguardato il suo essere donna, e in particolare il suo essere donna in un “mondo di superuomini”. Lei ha candidamente ammesso che «nel campo del fumetto non è molto diverso che essere un uomo… e dopotutto gli uomini non sono così stupidi!». Ma ha poi precisato che lavorando da freelance si abbattono le barriere di genere, perché lo si fa a distanza, spesso con scambi di mail, e dietro questi mezzi e questa distanza può esserci chiunque, uomo o donna che sia. Le cose cambiano quando ci si incontra faccia a faccia con i colleghi o con gli editor: «In quel momento non bisogna mostrarsi come persone difficili, ma si deve essere aperti ai consigli e alle critiche e si deve saper ascoltare, essere flessibili come ogni freelance deve imparare a essere». Ha però anche ricordato che è anacronistico insistere con l’idea che non ci siano donne nel settore del fumetto e che lei è un esempio di quanto afferma, sebbene ci siano anche molti lettori che non si avvedono di questo, troppo presi da una visione monocolare e maschilista del fumetto. «Le donne esistono e non sono unicorni», ha concluso.
Il microfono è nuovamente passato a Stuart, al qual è stato chiesto quale metodo di lavoro tra quello adottato in DC e quello adottato in Marvel preferisca. Ha ammesso che all’inizio della sua carriera, ancora 19enne, ha lavorato per un certo periodo in DC pur non avendo ancora un’educazione formale nel fumetto, e che ha imparato a fare fumetti proprio lavorando come durante un lungo apprendistato. «Ma non mi sono sentito veramente a mio agio con questo mezzo espressivo fino a quando sono andato via dalla DC… Un vero peccato per loro!», ha scherzato con i giornalisti. Precisando poi che «la differenza sostanziale fra le due case editrici non sta nell’etichetta o nel metodo di lavoro utilizzato, bensì nei rapporti umani e professionali che vi si stabiliscono. Lavorare faccia a faccia fa la differenza e l’importante è riuscire a costruire un rapporto stimolante e autentico con i colleghi, non tanto su quale personaggio si lavora e come lo si fa. Costruire un certo feeling in casa editrice paga moltissimo».
A seguire ancora una domanda per Kathryn, che questa volta ha riguardato le sue fonti di ispirazione per la scrittura di un personaggio. «Ho lavorato su diversi personaggi che non mi interessavano affatto prima di iniziare a lavorarci, come la vampira Jubilee. Ma credo che il mio compito come scrittrice sia innamorarmi dei personaggi di cui sto scrivendo e trovare in loro quegli elementi che siano significativi per me e per i lettori», ha dichiarato l’autrice. «Un buon esempio in tal senso è il mio lavoro su Lady Sif, che è estremamente importante pe la mitologia di Asgard ma alla quale nel corso degli ultimi anni si è prestata poca attenzione. Il mio compito è quindi consistito nel colmare i vuoti nella sua storia. E l’ispirazione è arrivata dal materiale precedente che ho raccolto, e in questo materiale ho scelto ciò che veramente mi interessava e mi toccava personalmente». Poi ha ammesso che «è impossibile avere un quadro completo di ciò che su un personaggio è stato scritto nel tempo e c’è sempre il rischio di cadere in contraddizione. Noi autori sappiamo che ci sarà sempre qualche fan che ci farà notare degli errori nella continuity, ma anche questo fa parte del gioco».
La domanda successiva è risultata essere molto ben contestualizzata, venendo posta nell’ambito di una fiera del fumetto, e ha riguardato il motivo che ha spinto Stuart Immonen a scrivere il divertente 50 Reasons to Stop Sketching at Conventions (traducibile come “50 motivi per smettere di fare disegni alle convention”). Stuart ha ricordato come lui e sua moglie trascorrano la maggior parte del tempo nel loro studio, da soli, con qualche telefonata o scambio epistolare che interrompe la routine lavorativa o che fa sempre parte del loro lavoro. Poi, improvvisamente, possono trovarsi catapultati all’interno di una convention o di un festival, un’esperienza assai diversa da quella dello scrivere o del disegnare in solitudine.
Ha quindi confessato che «all’inizio della mia carriera facevo molti disegni per il pubblico, era una cosa ovvia, che dedicassi tanto tempo agli sketch o ai disegni per il pubblico faceva parte degli accordi commerciali con gli editori. Ma ero profondamente insoddisfatto e infelice per questo, perché non mi piace disegnare fuori dal mio ambiente. Si era quindi creata una strana situazione per cui i lettori erano estremamente felici di avere un mio disegno, mentre io ero sempre più frustrato di tutto ciò. E poi non avevo più voglia di immettere nel mondo dei disegni brutti e fatti in fretta!». Ha quindi spiegato di aver scritto 50 Reasons perché si era convinto che se avesse trovato cinquanta buone ragioni per smettere di fare dediche in fiera sarebbe rimasto fedele ai propri propositi.
A Kathryn è di seguito stata chiesta un’opinione riguardo all’annoso dibattito circa la differenza fra fumetto e graphic novel. «Negli USA la classica lettura del fumetto è associata a quella di albetti da 22 pagine, e quindi c’è un’evidente differenza soprattutto culturale fa questi e delle graphic novels, per le quali occorre un certo background che ne faciliti la fruizione e la comprensione», ha introdotto. «Il problema principale relativo alla poca dimestichezza con il medium fumetto, e nello specifico con le graphic novels, lo si riscontra nelle librerie di varia, dove si è del tutto impreparati ad avere a che fare con un fumetto: spesso non si sa come catalogarli, proporli al pubblico, venderli. Questo crea delle difficoltà anche nel pubblico che magari vorrebbe avvicinarsi per la prima volta a questo mezzo espressivo.»
E ha proseguito: «Talvolta mi capita di leggere recensioni nelle quali si dice che un fumetto non è ben disegnato ma che ha un’ottima scrittura, o viceversa che ha dei bei disegni ma una trama debole. Ecco, un fumetto che sia buono solo a metà non è un buon fumetto. Un buon fumetto è l’esito di un matrimonio perfetto fra scrittura e disegni, che devono entrambi essere di qualità. Credo che il futuro del fumetto sia nella realizzazione di opere sempre più complesse e accostabili a romanzi con una componente grafica, insomma un ibrido con la letteratura intesa in senso stretto. Ma per poterne fruire è necessario un investimento in termini di tempo del lettore. Il tempo è una componente molto importante nell’esperienza della lettura e per abbattere il pregiudizio nei confronti del fumetto ritengo sia necessario creare opere sempre più complesse da leggere, e che si abitui il lettore a fruirne correttamente».
Avviandosi alla conclusione dell’incontro è stato domandato a entrambi in che modo alternino il lavoro su prodotti mainstream e popolari come i fumetti supereroistici e le graphic novels più personali. Stuart ha confessato che il lavoro sui loro progetti personali viene svolto spesso nei ritagli di tempo, anche durante i week end o le vacanze, non potendo sottrarre del tempo a quei fumetti di più largo consumo e che per questo permettono loro di avere un introito economico sicuro. «Poiché teniamo a realizzare progetti solo nostri, quando scegliamo di farlo compiamo un vero e proprio atto di volontà, decidendo che è giunto il momento di dedicarsi a quel lavoro e facendo tesoro di tutto il tempo libero che abbiamo».
Kathryn si è invece focalizzata sull’esigenza di sperimentazione che la coppia ha e nell’utilizzo di tecniche sempre nuove che riversa in progetti per i quali non ha imposizioni da terzi. «Il modo in cui lavoriamo varia continuamente ed è per lo più ispirato dalla nostra passione per gli oggetti creativi e fatti a mano – di cui abbiamo un catalogo di circa 500 pezzi –, e comunque dalla nostra fascinazione per tutto ciò che abbia una qualche forma artistica sperimentale», ha rivelato.
«Moving Pictures è nato dalla sceneggiatura per una pièce teatrale poi trasformatasi in fumetto, mentre nel caso di Russian Olive to Red King abbiamo cercato di assemblare diversi elementi fra loro diversi, come una sceneggiatura cinematografica e quaranta immagini digitali. Il processo di lavorazione è durato quattro o cinque anni, durante i quali non facevamo che montare e rimontare il progetto, perché sapevamo che tutti gli elementi che avevamo in mente avrebbero coesistito ma non sapevamo ancora come».
La domanda finale ha riguardato il personaggio di cui ciascuno dei due preferisce raccontare le gesta. Stuart ha confessato di essere molto felice di lavorare in Marvel perché così puoi disegnare quei personaggi di cui era già innamorato da ragazzo, come Spider-Man, gli X-Men e i Fantastici 4, e contribuire così a consegnarli alle generazioni future. Non ha inoltre nascosto un certo hype legato alla prossima uscita nei cinema di Star Wars – Il risveglio della forza, legato non solo alla sua passione come fan della saga ma anche al suo recente lavoro sulla testata dedicata alla galassia lontana lontana.
Kathryn ha invece più genericamente detto di appassionarsi ai personaggi di cui scrive le storie di volta in volta, e quindi che il suo personaggio preferito è sempre quello su cui sta lavorando: «Questo per me è fondamentale per trasmettere al lettore la stessa passione che io riverso nel mio lavoro».