Dopo un feroce diverbio tra Batman e il primo Robin, Dick Grayson, quest’ultimo viene “licenziato” dal Cavaliere Oscuro. Il ragazzo si trova quindi ad affrontare un inaspettato stravolgimento nella sua vita, rispetto a come era stata negli ultimi anni e, istintivamente, cerca la vicinanza di alcune figure amicali o che ricoprono per lui un ruolo da mentore: Superman, Batgirl e il mondo del Circo Haly, nel quale si esibiva da piccolo insieme ai suoi genitori prima della loro morte.
Il percorso di crescita e di comprensione di sé lo porta infine ad abbracciare una nuova identità segreta, autonoma rispetto all’ombra di Batman e in grado di dargli una nuova dimensione.
Ancora più degli Anno Uno di Robin e Batgirl, quello di Nightwing assume i contorni di un classico racconto di formazione: negli altri casi, infatti, assistevamo alle origini di quegli eroi in costume, che ancora molto giovani decidevano di indossare una maschera e buttarsi nella mischia, mentre stavolta il protagonista è già in attività e si trova nella condizione di dover evolvere se vuole continuare a vivere la sua missione.
Vi si può facilmente vedere una metafora dell’adolescenza, con tanto di frizioni con la figura paterna e bisogno di distaccarsi da essa per trovare la propria strada nel mondo. In quest’ottica la miniserie – originariamente serializzata in sei parti sulla testata Nightwing nel 1996 e ora riproposta in Italia da Panini Comics in volume – ha una marcia in più rispetto ai due precedenti, che la battono invece nel senso di “meraviglia” filtrato dalla visione giovanile e spensierata dei protagonisti.
A livello di sceneggiatura, il lavoro di Chuck Dixon e Scott Beatty pecca un po’ in unitarietà: nella prima parte infatti la storia procede “a tappe”, dedicando ogni episodio a un incontro formativo di Dick e rendendoli quindi degli spicchi semi-autonomi. Prese singolarmente le puntate sono decisamente gradevoli, in particolare quella con Clark Kent e quella con Barbara Gordon, ma la visione d’insieme ne risente leggermente, portata avanti solo dalla voce fuori campo di Dick attraverso le didascalie di pensiero.
Le ultime due parti convergono invece verso il finale e la piena trasformazione del ragazzo nella sua versione supereroistica adulta e indipendente, ed è azzeccata l’idea di basare questo lungo passaggio conclusivo su un team-up tra questo Nightwing primigenio e il secondo Robin (Jason Todd), appena uscito dall’addestramento di Batman.
In un colpo solo si fanno infatti agire insieme la prima spalla dell’Uomo Pipistrello e la sua nuova recluta e si marcano le differenze caratteriali tra i due, ottimo modo per non appiattirli e rendere vivace l’azione e i loro scambi di battute.
Altro elemento peculiare è il modo in cui ci viene raccontato Batman: inflessibile, austero e manipolatore, Bruce Wayne non si fa scrupoli ad allontanare Robin, a spiarne le mosse successive, ad arruolare un nuovo ragazzino, a organizzare per lui una sfida che sa di rito iniziatico e ad andare avanti come se niente fosse. Il Cavaliere Oscuro non è mai stato un campione di empatia e riguardi, ma qualcosa nel modo in cui viene mostrato lo fa sembrare più asettico e freddo di quanto non appaia normalmente, forse in un tentativo di “mimesi” con la visione che inevitabilmente ne ha ora Dick.
Quello che però stona in ogni caso è lo scarso spazio dedicato a preparare il terreno per il distacco tra vigilante e alleato: la tensione tra i due viene esasperata ad arte per un ritardo di Robin nell’intervenire al fianco di Batman in uno scontro, che a ben vedere non sembrerebbe essere un motivo sufficiente a compromettere in modo definitivo la loro collaborazione. Si fa intuire che ci sia un pregresso di casi simili ma in maniera troppo labile, per cui l’impressione è che i due autori abbiano voluto o dovuto correre per arrivare al punto di rottura e all’abbandono del costume rosso, giallo e verde da parte di Dick.
Anche il lato artistico segna una certa differenza rispetto allo stile sfoggiato da Javier Pulido e Marcos Martin in Robin: Year One e Batgirl: Year One: in quelle due opere il tratto degli artisti era pulito e contraddistinto da una linea morbida e sintetica, che richiamava efficacemente l’estetica dell’animazione grazie a linee essenziali e a una regia curata e diretta.
Le matite di Scott McDaniel e le chine di Andy Owens sono invece molto più “pesanti” e spesse, calcando la mano sui dettagli dei visi, sulla muscolatura che attraversa i corpi, sulle ambientazioni. In alcuni passaggi i volti sembrano quasi incisi nel legno, tanto risultano netti nel loro aspetto: c’è una forma di esasperazione del tratto, in contrasto con la semplicità di Pulido e Martin, che può anche essere associata metanarrativamente alle diverse atmosfere di questa avventura, attraversata da un nervosismo e un malessere estraneo ai due precedenti Anno Uno.
Il risultato finisce però per essere incerto nel complesso e in qualche passaggio le scene appaiono così cariche da non essere immediatamente comprensibili e apprezzabili.
I colori di Gregory Wright non aiutano in tal senso, privilegiando una tavolozza basica di toni piatti, che solo occasionalmente vira su soluzioni particolari come la monocromia per valorizzare certi interni o giochi di luce che comunichino il momento della giornata in cui si sta svolgendo l’azione.
La gabbia è piuttosto movimentata, in linea con la concitazione del segno: molto spesso troviamo una serie di vignette che si innestano su una splash page o su una quadrupla, oppure che coprono parzialmente i riquadri vicini. La loro disposizione è inoltre quasi sempre fantasiosa nella gestione dei “pesi” nella pagina, offrendo diverse soluzioni efficaci e mai banali pur senza affaticare l’occhio o compromettere la lettura sequenziale della vicenda.
Come segnale di stile si fanno notare alcune vignette che assumono forma tondeggiante o ovoidale, in taluni frangenti sposando l’estetica da mirino di un fucile per catalizzare l’attenzione su quanto visualizzato nel cerchio: una trovata bizzarra ma non priva di interesse.
Nightwing: Anno Uno risulta in definitiva un’opera complessivamente apprezzabile, anche se più per gli intenti e le atmosfere che per quello che racconta nel concreto; la narrazione frammentaria e i disegni ruvidi azzoppano un po’ il progetto, probabilmente il meno riuscito del terzetto dedicato alle origini della Bat-family, ma riesce comunque a rendere giustizia al personaggio e a offrire uno spaccato del panorama batmaniano su cui può valere la pena soffermarsi.
Abbiamo parlato di:
Nightwing: Anno Uno
Chuck Dixon, Scott Beatty, Scott McDaniel, Andy Owens, Gregory Wright
Traduzione di Sveva Scaramuzzi
Panini Comics, 2023
152 pagine, cartonato, colori – 20,00 €
ISBN: 9788828746317