A distanza di poco più di anno dal primo volume, torna nelle librerie Isaac il pirata, la serie cult in Francia che i Kappa boys stanno meritevolmente pubblicando.
Christophe Blaine con questo I ghiacci si conferma autore di caratura assoluta, dotato di una prosa asciutta, anti retorica e coinvolgente, coadiuvata da un segno che fugge dal realismo o dalla linea chiara per avvalersi di un tratto umoristico-caricaturale a volte sporco ma sempre raffinato. Anche se sarebbe sbagliato pensare che il disegno sia conseguente a delle trame leggere o comiche, tant’é vero che la vicenda, che nel primo volume (Le americhe, Kappa edizioni 2003) tendeva ad avere spesso un tono scanzonato, qui si incupisce e diventa sempre più densa di malinconia e cattivi presagi.
Già dalla bella ed espressionista copertina (la ciurma del capitano Jean Mainbasse guarda, tra lo spavento e la meraviglia, l’ignoto sopra le proprie teste) si capisce che qualcosa è cambiato nell’avventura che ha portato Isaac, talentoso pittore, ad imbarcarsi su una nave pirata in cerca di gloria e fortuna, adulato e persuaso dall’eccentrico chirurgo e avventuriero Henri Demelin, forse uno dei più riusciti personaggi di questi due volumi. Un viaggio, verso i mari del sud, verso i ghiacci dell’Antartide, in territori mai esplorati, a dipingere ciò che altri non hanno mai veduto e nemmeno immaginato. Una sorta di cronista ante-litteram armato di carta e matita.
Ma tutti i sogni e le speranze possono nascondere dietro l’angolo ciò che non vorremmo e ciò che ci fa più male. E così, persi nel freddo di mari inospitali, piano piano i nostri eroi perdono la vitalità e l’ironia che in fretta si tramutano in silenzio ed angoscia.
Cos’é che hanno davanti quando di notte vedono nei cieli luci meravigliose e terribili? È il loro desiderio di conoscenza o la paura dell’ignoto che si materializza? Dietro i ghiacci potrebbero trovare forse la desolazione della vita che si consuma troppo in fretta, lontano dai loro amori e degli affetti che si sono lasciati a casa. Così, ad un certo punto, pare che Isaac cominci a domandarsi se tutto questo valga la pena. Se sia più importante l’amore di Alice o il suo irrefrenabile ed impulsivo desiderio di avventura. E intanto che rimugina ciò, la distanza dalla sua amata si amplia in tutti i sensi.
Christophe Blain, dicevo, è un anti retorico; non sottolinea mai didascalicamente ciò che vuole raccontare e fa a meno di amplificare le parole che mette in bocca ai suoi personaggi. Molte vignette, non a caso, sono senza parlato, ma possiedono comunque la capacità di comunicare, oltre l’agire, anche il pensare dei personaggi. Più che al realismo, l’autore tende a concentrarsi su un espressionismo cartoonistico, certo che non basta essere descrittivi per poter comunicare un’emozione. Come per la meraviglia e la paura davanti ad un aurora boreale, ma anche quando sottocoperta assistiamo all’ultima chiacchierata tra il chirurgo Henri ed Isaac, avvolti nell’ombra attenuata da una debole luce di candela, imbacuccati in grosse coperte che deformano e disumanizzano le figure.
Insomma, al di là dei molti e riusciti personaggi che Blain fa recitare con estrema dovizia e sensibilità, e l’afflato avventuristico e romantico della vicenda, possiamo tranquillamente azzardare che ci troviamo di fronte ad un grande autore che in poco tempo si è ritagliato un posto di tutto rispetto nel panorama fumettistico occidentale. E allo stesso modo, siamo certi che consigliare a tutti questo libro sia la cosa più giusta ed onesta che possiamo fare.