Impressioni di un collezionista, con Luca Biagini

Impressioni di un collezionista, con Luca Biagini

Luca Biagini e' un profondo conoscitore del fumetto e dei suoi autori, e con lui parliamo di collezionismo, ricordi, memorie e tracce di storia del fumetto.

Luca Biagini è un profondo conoscitore del fumetto e dei suoi autori, e con lui parliamo di collezionismo, ricordi, memorie e tracce di storia del fumetto. L’intervista, meglio la conversazione, qui riportata ha avuto luogo negli accoglienti, seppur piccoli, locali della fumetteria L’Elefante di Pescia, che ringraziamo di tutto cuore. Le notazioni di risate che trovate nel testo testimoniano il clima allegro della chiacchierata. Va pur detto che molte osservazioni interessanti sono rimaste fuoe fuori dalla registrazione, come riflessioni estemporanee, su argomenti comunque profondamente sentiti, quali la scarsità di titoli di critica e storia del fumetto; alcuni aneddoti su aste di vignette e preparazioni di mostre hanno poi inframmezzato la d la discussione. Ci scusiamo per non averli riportati e ci auguriamo siano materiale per successivi incontri. Ultima notazione: abbiamo avuto la possibilità di ammirare alcuni pezzi della collezione di Luca Biagini, ed è stata una bella sensazione. Il latl lato positivo della povertà è che lascia poco spazio alle tentazioni.

Il Principe ValiantIntanto, una sua presentazione, per farla conoscere dainostri lettori
Mi chiamo Luca Biagini e sono nato a Pescia nel 1950; lapassione per il fumetto mi è nata molto presto, già alle elementari, intorno ai 6-7 anni. A quell’epoca, in edicola, si trovava già molto materiale interessante: da Nembo Kid a Topolino; da Gli albi della Rosa a Mandrake. Tuttavia, per un ragazzo di una famiglia non benestante, quale ero io, i fumetti costavano una cifra impegnativa: 50, 60, 100 lire rappresentavano una parte considerevole della paghetta. Devo poi dire che la mia passione per il fumetto era stata stimolata dai fumetti di mio fratello maggiore, i più antichi dei quali erano purtroppo spariti nel trasloco che, dalla provincia di Venezia, portò la mia famiglia qui, nel 1950.

Questo per quanto riguarda la nascita della passione peril fumetto; ma quando è nato il Luca Biagini collezionista? C’è un autore,un’opera, un evento particolare a cui può far risalire la nascita della suapassione per il collezionismo?
Il desiderio di collezionare direi nacque nel 1963-64,quando i fratelli Spada editarono Il Principe Valiant in Italia. Questo albo, meglio, questa rivista, fu per me una folgorazione: anche la stampa stessa mi sembrò eccelsa, mentre, riguardandolo ora, si scopre che era tagliato e rimontato da un’edizione svedese e colorato in Italia, insomma, non era certo l’adattamento ideale (risata). Ecco, quella fu la folgorazione che mi trasformò in collezionista: avevo 13 anni, iniziai a scrivere temi e piccole critiche su queste avventure. Fu, in effetti, un tipico innamoramento, che tentai e riuscii a trasmettere ai miei amici; superai le loro prese in giro, per il fatto che preferissi Il Principe Valiant al calcio (risata), e riuscii, addirittura, a far abbonare tre di loro alla rivista! In seguito, riuscii a trasmettere la mia passione per il personaggio di Colosso, di Carlo Cosso, un fumetto di quegli stessi anni, molto simpatico: una specie di supereroe, pubblicato in albi di formato orizzontale in bianco e nero.

Attraverso quali fonti di informazione (pensiamo a mostre,associazioni, riviste) un collezionista si tiene informato, aggiornato?
Bisogna pensare all’evoluzione del collezionismo: fino agli anni ’80, il collezionismo era una passione per pochi, che si ritrovavano nelle poche mostre, sostanzialmente quelle di Lucca e Reggio Emilia. Lucca fula prima e mi ricordo che alle prime Lucca andavo in bicicletta (risata)! Era un’emozione intensa, incontrare al Teatro del Giglio Jack Kirby, Lee Falk, Russ Heath: ricordo ad esempio Jack Kirby che, con le diapositive, illustrava Kamandi, Thor; o Lee Falk che parlava di Mandrake (da Falk riuscii ad ottenere anche uno schizzo dell’Uomo Mascherato e di Mandrake). E Poi Williamson, Grey Morrow e tanti altri, tutti disponibilissimi ed avvicinabilissimi; in effetti l’allontanamento fra autori ed appassionati è avvenuto dopo e riguardava soprattutto gli autori francesi ed italiani.Comunque il collezionismo era a quel tempo passione di pochi, al punto che fra noi ci conoscevamo: non c’erano né fanzine né fumetterie, e tutto aveva un’atmosfera un po’ pioneristica. In seguito, la nascita di fanzine e fumetterie, ed infine internet, hanno totalmente cambiato il mondo del collezionismo, soprattutto offrendo luoghi e canali di ricerca. In quei primi tempi si pagava, innanzitutto, tanta fatica per trovare gli albi, data la rarità del materiale; inoltre, le ristampe del mercato amatoriale costavano tantissimo e chi voleva leggere il Topolino di Gottfriedson, oppure Barks, senza dilapidare una fortuna nelle edizioni americane, doveva rivolgersi a quel mercato, andando a Firenze, in negozi di fumetti gestiti da appassionati, e che non erano ancora fumetterie come le intendiamo oggi. Io stesso, pur non essendo appassionato di quel mercato, vi ho fatto ricorso. D’altra parte, è in quel mondo che ho conosciuto ad esempio Alberto Becattini, Luca Boschi, Leonardo Gori: tutti personaggi che poi entrarono professionalmente nel mondo del fumetto.

Lei, invece, è rimasto collezionista, senza cercare una viaprofessionale.
Non ho mai avuto un particolare interesse per una via professionale nel mondo del fumetto: non ho mai saputo disegnare, né ho mai provato a scrivere sceneggiature (risata). Ho invece sempre cercato di avvicinare gli autori, ed ho anche realizzato interviste, pubblicate su fanzinestatunitensi.

Ed il suo approccio al collezionismo è cambiato nel tempo?
Sì, ad un certo punto sono entrato in una specie di seconda fase del collezionare: e questo è avvenuto, precisamente, quando mi sonoreso conto che una grossa parte dello stipendio andava lì (risate)! A quelpunto ho cominciato a considerare anche l’attività di vendita. Così, insieme ad un amico, abbiamo iniziato a girare le mostre, proponendo tavole originali e volumi sul fumetto: mercati non semplici, in Italia. Per i libri sul fumetto, si sconta lo scarso amore per la lettura in genere, oltre al fatto che molti titoli sono in inglese; per le tavole originali, dopo un boom negli anni ’80 e ’90, si è assistito ad un netto calo, forse legato anche ad una maggiore disponibilità di buone edizioni italiane dei fumetti stranieri. Devo comunque dire che siamo stati forse i primi, dopo Silvano Scotto del club Anni30 con la sua vastissima collezione, e assai più in piccolo, a proporre tavole originali; in seguito, sono arrivati Marano di Roma, Tavole Originali di Venezia e tanti altri, che hanno arricchito il mercato.

Confesso di aver sempre avuto una visione distorta delcollezionismo, separando gli appassionati di fumetto, interessati all’opera, dai collezionisti, interessati piuttosto all’oggetto (l’edizione particolare, etc.). Questa distinzione ha senso, oppure, normalmente, il collezionista è un appassionato di tipo particolare?
Ovviamente, oggi, il collezionismo non è fatto di soli appassionati; e d’altra parte, nel mondo degli appassionati abbondano i patitidell’albo o della copertina particolare. Va però sottolineato che esisteun collezionismo maturo, promosso da appassionati che seguono l’opera di autori specifici, approfondendone la conoscenza tramite la ricerca. Il dato di fatto è che esiste un mercato per i fumetti, che segue le leggi di mercato esattamente come gli altri, e che i collezionisti si muovono in questo ambito.

Il contesto del collezionismo di fumetti ha qualcosa diparticolare, rispetto ad altre forme di collezionismo?
Il contesto in cui si muovono appassionati e collezionisti di fumetti, anzi, in cui vive il fumetto stesso, è tuttora segnato da una scarsa considerazione da parte del mondo esterno. E questo era ancora più accentuato nel passato: negli anni ’60 leggere Nembo Kid eraconsiderato quasi peccato. Parlando del collezionismo, l’ambiente è migliorato, nel senso che è più semplice trovare materiale originale, cioé il materiale tipico da collezione; in generale, poi, il mercato offre una maggiore varietà rispetto al passato, anche per quanto riguardo le traduzioni e gli adattamenti: tanto per fare un esempio, oggi si può trovare facilmente materiale underground statunitense, proposto in edizione italiana.

KamandiC’è qualche mancanza particolarmente importante, nel panorama editoriale italiano?
Un difetto a mio parere molto grave del mercato attuale è la scarsa proposta del materiale cosiddetto sindacato americano, ad esempio le strisce: andando in fumetteria, non si trovano ristampe di FlashGordon o Rip Kirby: molti ragazzi nemmeno li conoscono. Gli ultimi tentativi in questo campo sono stati della Comic Art, che come sappiamo, non esiste più; così non esistono più riviste come Orient Express, Comic Art, L’Eternauta. Il mercato non ci propone più una rivista contenitore, che offra sia materiale per adulti, sia materiale sindacato, sia materiale per i più giovani. Al solito, il paragone con la Francia è sconfortante: a parte i volumi cartonati, là sono molto solide riviste come BD e (A Suivre), che pubblicano storie a puntate.

Questa carenza di riviste segnala un brutto momento dell’editoria italiana di fumetti e annuncia un futuro peggiore?
Certo, il momento attuale non è certamente dei migliori, ma è pur vero che il mondo del fumetto ha attraversato negli anni scorsi un momento forse peggiore, segnato, appunto, dalla chiusura di case editrici e riviste. Successivamente, grazie all’attività di nuove case editrici, come ad esempio la Phoenix (poi scomparsa anch’essa), la Coconino Press ed altre, il fumetto italiano è uscito da quel periodo buio, ed oggi, gli scaffali delle fumetterie sono ricchi di proposte di qualità. Per cui, nonostante i brutti segni, resta difficile fare previsioni sul futuro.

Parlava delle sue esperienze alle mostre: ha quindi vissuto il loro cambiamento: può delinearne i tratti?
Il cambiamento è stato notevole: le prime mostre erano organizzate da appassionati, a volte quasi improvvisate (parliamo degli anni 60-70). In questo, Lucca rappresenta un caso esemplare. E comunque Lucca promossa da Traini era già organizzata professionalmente: vi partecipavano autori dalla Francia, dagli Stati Uniti e dall’Argentina; giunsero in Italia autori come Kirby e Williamson. Voglio ricordare che, a quel tempo, addirittura si rischiava di non sapere nemmeno delle mostre, se non si seguivano i canali giusti: non c’erano riviste, né internet, dove trovare notizie. Le prime riviste arrivarono dalla Francia: Phoenix, ad esempio, che proponeva articoli su tutto il fumetto europeo. Mentre agli inizi le mostre erano più incentrate sugli autori, erano cioé mostre in senso stretto, col tempo sono diventate sempre più mercato. Oggi sono le case editrici che portano gli autorialle manifestazioni, non gli organizzatori, che lamentano una cronica mancanza di fondi. Lucca era un evento di importanza europea, mentre oggi è una delle tante mostre mercato: questo ne ha sicuramente diminuito il fascino, almeno per me che mantengo il ricordo di quegli anni. La moltiplicazione delle mostre ha paradossalmente diminuito la possibilità di incontrare gli autori, poiché con le mostre, si sono moltiplicati anche i loro impegni. Di notevole importanza per il collezionismo era, a quel tempo, la partecipazione di collezionististatunitensi, che facevano anche da tramite con gli autori. Due collezionisti prestigiosi, che hanno frequentato Lucca fino a pochi anni fa sono, ad esempio, Norman Witty e Peter Maresca, che portarono con sé, oltre a fumetti e libri, anche le prime forme di merchandising legato al fumetto, come, ad esempio, le magliette.

Il collezionista partecipa alla vita del mondo del fumetto, in particolare alla conservazione della memoria del fumetto. Perché questa conservazione non rimanga fine a se stessa, servono tuttavia occasioni per trasmetterla: quali sono queste occasioni?
Le occasioni sono poche: si può scrivere su riviste, come fa ad esempio Alex Toth, nella colonna mensile Before I forget, sulComics Book Artist (rivista che consiglio a tutti); in essa Tothricorda tutti gli autori che lo hanno influenzato o che ha conosciutopersonalmente; permette di recuperare momenti, personaggi e situazioni, che altrimenti andrebbero perduti. Quando non ci saranno più questi personaggi, Toth stesso si definisce “Un dinosauro”, chi ci parlerà più del passato? Come mi impegno a spiegare a scuola, ricordare il passato è una forma di conoscenza del futuro. Nel fumetto, ad esempio, non possiamo dimenticare Superman, Little Nemo, Arcibaldo e Petronilla, e tanti altri: sono la base del fumetto, che deve essere conosciuta da qualunque appassionato. E mi piacepensare che qualunque appassionato voglia conoscere la storia del fumetto. Le mie occasioni di incontro sono rappresentate dalle mostre, ma sono situazioni assai particolari, poiché in quel caso l’incontro si concentra sulla vendita o sullo scambio di opinioni fra collezionisti. Insomma, è abbastanza ridicolo considerare un banco di vendita ad una mostra come l’occasione adatta per incontrare appassionati. Molto più fruttuoso è riuscire ad organizzare incontri nell’ambito delle fumetterie, sia con autori, sia fra appassionati: i molti annunci di incontri di questo tenore, che si trovano su riviste e fanzine, sono certo benauguranti. Considero, invece, molto più difficile e meno fruttuoso lo scambio che avviene esclusivamente attraverso internet, forse perché sonolegato al contatto anche viso a viso con l’interlocutore in un luogo fisico.

Nella sua lunga esperienza, ha visto nascere e tramontare autori ed opere, non più riproposte: quali, secondo lei, meriterebbero un recupero?
Anche solo facendo riferimento ai fumetti pubblicati in Italia, i recuperi doverosi sarebbero molti; si deve infatti considerare che la tradizione italiana è stata di avanguardia, soprattutto nella pubblicazione diautori ed opere americane, al punto che gli editori americani e francesi hanno poi recuperato da noi quel materiale. Si pensi al Corrierino dei Piccoli, che pubblicava negli anni ’40 Pat Sullivan e Felix, Windsor McCay e Little Nemo. Sarebbe sicuramente interessante riproporre questi ed altri autori e personaggi fondamentali nell’evoluzione del fumetto (un altro nome che mi viene in mente è Captain and the Kids, che da noi si chiamava Bibi, Bibò e Capitan Cocoricò). Oggi, un ragazzo semplicementenon può conoscerli, perché non può trovarli. Una possibilità potrebbe essere riproporre questi autori e personaggi in forma antologica, così da consentire ai giovani appassionati di scoprire quel periodo ed i linguaggi del fumetto degli anni ’10 e ’20, già ricchissimi ed evoluti. Un personaggio a me molto caro, spero qualcuno oltre a me lo ricordi, è quello di Fortunello, un ragazzo che girava l’America, con una lattina in testa ed un giubbottino a righe nere e verdi, in cerca di fortuna, pubblicato dal Corrierino. Questi personaggi sono poi ulteriormente interessanti per l’influenza che hanno avuto ad esempio su registi come Fellini e Resnays.

Il suo collezionismo ed il collezionare: quali sono i suoi orientamenti e le sue passioni?
Intanto, confesso che io ho iniziato con la carta e tuttora vi sono legato, un legame fisico, forse anche perché mi riporta all’infanzia (risata). Ho iniziato collezionando opere in lingua originali, degli anni ’30, ’40, ’50; successivamente è arrivata la passione per le tavole originali, passione assai difficile da coltivare, visti gli altissimi costi del materiale: Si pensi che una tavola originale del Flash Gordon di Raymond di anteguerra arriva tranquillamente a 50.000$, al cui confronto una tavola del Mandrake di Lee Falk e Phil Davies, coi suoi 1.000 – 2.000$ risulta economica. Si pensi poi, che opere di autori contemporanei italiani e francesi, come Pratt e Moebius, sono ancora più costose delle tavole originali dei fumetti storici Statunitensi.

C’é qualcuna delle sue tavole a cui è legato in modo particolare?
Beh, sono felice di essere riuscito a recuperare due tavole originali de Il Principe Valiant, una del 1953 ed una del 1962, perché è stato il coronamento di un sogno che avevo fin da ragazzo.

E per i neofiti, quali sono le possibilità di entrare nel mondo del collezionismo?
Oggi, il collezionismo di tavole originali è si un ambiente rarefatto, ma è comunque vero che si riesce a trovare materiale interessante, di autori contemporanei, a prezzi interessanti ed accessibili: si pensi ad autori bonelliani come Villa, Ambrosini e Mari; ed infatti, ci sono molti giovani collezionisti di questo materiale.

C’è qualche passione che non riesce a coltivare come vorrebbe?
Naturalmente sì! Una mia passione, che purtroppo non riesco a coltivare come vorrei, è quella per i cartoons del New Yorker degli anni ’20 e ’30, cioé le vignette umoristiche, un po’ sullo stile di quelle che troviamo nella Settimana Enigmistica, interessanti anche perché testimoniano il gusto di quell’epoca. E fra gli autori di quel filone ricorderei Charles Addams, noto per la famiglia Addams, grandissimo disegnatore di vignette di gusto macabro, che si formo’ proprio sul New Yorker.

Intervista condotta dal vivo a Pescia il 10/05/2003

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