Deadland: dove il confine tra vivi e morti svanisce

Deadland: dove il confine tra vivi e morti svanisce

Giochi Uniti presenta un fumetto a tema zombi nato come accompagnamento a un gioco di carte che riesce però a essere indipendente e valido.

Che cosa distingue un vivo da un morto (vivente), si chiedono gli autori di Deadland? Che cosa ci rende davvero vivi e consapevoli di aver vissuto?

La domanda in realtà è mal posta, perché cosa distingua una persona viva da un cadavere risorto e orribile a vedersi, putrefatto e affamato di cervelli è facile capirlo; la differenza tra un essere vivente e una patetica imitazione di vita priva di mente è facilmente immaginabile. Ma se si mette in gioco l’anima, o qualsiasi cosa sia quella che – a prescindere da tutto – ci rende umani, le cose cambiano.

Si potrebbe allora dire: escludendo il tipo di dieta, che cosa distingue un vivo da un morto che si sente ancora umano? E uno zombie capace di amare è forse meno vivo, o peggiore, di un vivente che uccide gli altri per guadagno personale, che usa violenza e sopraffazione come armi e che è disposto a tutto pur di sottomettere gli altri al proprio volere?

Una parziale  e soddisfacente risposta a tale quesito la troviamo proprio tra le pagine di questo fumetto scritto da Tommaso Vitiello e disegnato da Davide Tinto, nato come “costola” di un gioco di carte a tema zombi che porta lo stesso nome, Deadland, ed edito da Giochi Uniti, azienda leader nel campo dei giochi da tavolo e qui alla sua seconda prova come editrice di fumetti.
Una prova che nonostante la relativa inesperienza può dirsi riuscita, in quanto il volume è sì un prodotto semplice, non molto originale e non completamente professionale; ma a una prima lettura risulta non solo ben concepito ma anche capace di divertire, coinvolgere e soprattutto di ritagliarsi un proprio spazio, una sua ragion d’essere e raggiungere una propria “dignità”, diventando di fatto qualcosa in più di una semplice “aggiunta” al gioco.

Per esaminare il fumetto, però, è necessario partire dal gioco stesso, il quale presenta delle premesse semplici come si conviene: un’epidemia di zombi si sta diffondendo per il mondo e i pochi superstiti ancora vivi devono ricorrere a ogni trucco pur di sopravvivere, collaborando in attesa di venire salvati oppure  – se trasformati in morti viventi – cercando di “zombificare” anche gli altri giocatori. È appunto su questa trama classica che il fumetto si inserisce in modo valido, risultando un’efficace cartina al tornasole di quelle che sono le dinamiche del gioco ma contemporaneamente offrendo quel quid in più che in casi come questi fa la differenza.

Deadland racconta infatti l’odissea di alcuni superstiti all’epidemia, persone molto diverse le une dalle altre, che si ritrovano a convivere sotto lo stesso tetto nella speranza di una salvezza che tarda ad arrivare. A corto di cibo, circondati dai morti, i nostri protagonisti portano avanti un equilibrio instabile, reso ancora più pericolante dalle rispettive differenze, che minano continuamente il precario ordine ricostituito. C’è tra loro la persona razionale, il cinico buffone, il violento tiranno, il codardo e falso, e come se non bastasse c’è un altro personaggio, uno zombie non del tutto inumano che conserva ancora qualche ricordo e sensazione della sua vecchia vita.

L’incontro/scontro tra tante realtà diverse non può che portare a conseguenze negative, e ciò che senza troppo stupore leggiamo nelle pagine del volume è appunto la discesa dei vari personaggi vivi e defunti verso un abisso dal quale potrebbero non tornare più indietro. Ma come ciò accada e il significato che se ne può trarre, sono appunto la ragione d’essere del volume, nonché il motivo per il quale è possibile leggerlo e apprezzarlo anche a prescindere dal gioco dal quale nasce, del quale rappresenta una sorta di completamento e visione critica.

Deadland, infatti, è un buon prodotto di per sé, nonostante non sia privo di pecche. Dal punto di vista negativo vanno segnalati alcuni didascalismi e tanti schematismi di troppo in fase di sceneggiatura e nei dialoghi, qualche eccessiva semplificazione riguardo le personalità dei personaggi e alcune incertezze (forse frutto delle classiche “comunicazioni imperfette” tra sceneggiatore e illustratore) nella progressione delle scene.

Per quanto riguarda i disegni sono presenti insicurezze nelle anatomie e una certa tendenza a semplificare eccessivamente o tralasciare gli sfondi, tanto noiosi quanto però necessari. È un peccato, infatti, vedere di tanto in tanto un autobus a due piani ridotto a una sagoma semplificata, o delle onnipresenti nuvole di polvere usate quasi ovunque come riempitivo, oppure le stanze nelle quali i nostri eroi hanno trovato rifugio quasi sempre spoglie o vuote e dalle pareti fin troppo rovinate, come se il paese invece che dagli zombi fosse stato colpito da terribili terremoti.

Ma a parte questi errori veniali, di certo frutto di una semplice inesperienza, tutto il resto è buono. I disegni di matrice americana sono interessanti e funzionali, capaci di coniugare spettacolo e riflessione e offrendo di tanto in tanto incoraggianti segnali di stile. Funzionali pur nella loro semplicità sono anche i colori di Francesca Carotenuto; mentre la storia scorre fluidamente senza eccessi di informazioni o di prosopopea, i personaggi sono subito caratterizzati risultando immediatamente familiari, la trama è logica e appassionante e l’intero racconto – pur non discostandosi affatto dai tipici luoghi comuni – riesce a piacere senza annoiare, senza risultare ripetitivo o eccessivamente derivativo.

Il volume offre inoltre un finale non consolatorio né ammiccante che chiude le fila lasciando spazio a futuri sviluppi, e contemporaneamente porta a una conclusione logica e apprezzabile le ipotesi “filosofiche” che erano state espresse all’inizio.

Francamente, da una storia del genere, che non pretende di essere un saggio di ermeneutica ma vuole solo raccontare un’epidemia di zombi, non si può chiedere molto di più. L’obiettivo è raggiunto con il minimo spreco e la “dignità” dell’opera e gli spunti sul senso dell’esistenza sono sicuramente i suoi tratti migliori, quelli che ne giustificano e rendono valida l’esistenza, e che ci dimostrano come non sia tanto il tipo di storia a fare la differenza, quanto piuttosto chi la narra e l’approccio che usa.

In definitiva, Deadland è un prodotto che intrattiene e diverte, mai eccessivamente violento o morboso. Sebbene non proprio perfetto, sicuramente migliorabile sia a livello di sceneggiatura che di disegni, entrambi sempre a un passo dalla professionalità, risulta un apprezzabile buon inizio sia per chi acquisterà il gioco sia per il lettore occasionale, magari un semplice appassionato che vuole solo leggersi una piacevole storia di cadaveri divoratori di cervelli. A questi ultimi, Deadland è sicuramente consigliato.

Abbiamo parlato di:
Deadland – il fumetto
Tommaso Vitiello, Davide Tinto, Francesca Carotenuto
Giochi Uniti Editore, 2017
48 pagine, cartonato, colore – 16,00€
ISBN: 9788865681114

Clicca per commentare

Rispondi

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *