Art Spiegelman – Maus

Art Spiegelman – Maus

Spiegelman si confronta con la storia della sua famiglia, immersa nell’incubo dell’olocausto e realizza un capolavoro assoluto del fumetto, che ancora oggi non smette di commuoverci.
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Einaudi, 2000 (USA, Maus, 1986)

Ahimé! Temo proprio di non capire.”
Sì… Auschwitz nessuno può capire.
(Dialogo tra Art e suo padre)

C’è qualcosa di nuovo che io possa aggiungere o dire a proposito di Maus? Non credo. Sul fumetto scritto e disegnato da Art Spiegelman non credo si possa aggiungere qualcosa in più rispetto a quanto artisti, scrittori, critici, semiologi, filosofi e quant’altro abbiano già detto in quasi trent’anni di elogi, stampe e ristampe, articoli, convegni, dibattiti e via dicendo.

Forse mai un fumetto, anzi un fumetto del circuito indipendente, alternativo, è stato così elogiato e osannato come Maus, a tal punto che quando pronunciamo questa parola, “Maus”, non ci vengono in mente né i topi né l’accessorio simbolo del mondo informatico. Quello a cui pensiamo immediatamente è l’inquietante tragedia dell’olocausto narrata da Art Spiegelman. Una tragedia familiare che riguarda i suoi genitori, mamma Anja e papà Vladeck: ed è proprio ai ricordi tragici di quest’ultimo che il giovane Art si affida per narrare uno dei tanti orrori, forse il più malvagio e spietato, che l’essere umano sia riuscito a compiere.

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L’inquietante minaccia nazista…

Ma non preparate immediatamente i fazzoletti perché non leggerete di certo un’opera dalla facile e stucchevole commozione. Spiegelman non punta a questo; anzi è pronto a mettere in gioco se stesso e il suo rapporto con il padre, un uomo che racconta la tragedia senza quasi mai lasciar trapelare alcun emozione.

Ma Art fa di meglio: realizza dei disegni che non hanno niente a che fare con la bellezza artistica; tratto underground che sembra quasi uscito da un Tijuana Bible, rigorosamente sporco e solo apparentemente semplice.

In realtà le immagini di Maus sono molto complesse, piene di soluzioni originali e con delle immagini che riescono a infondere nel lettore quel senso d’angoscia che solo chi ha vissuto quei drammatici momenti può capire: l’immagine dell’arrivo nel campo di concentramento di Auschwitz è di un’efficacia pari alla geniale soluzione di raffigurare gli esseri umani come figure animali (gli ebrei come topi e i nazisti come gatti). Ma il fumetto di Spiegelman rappresenta anche la lunga e miserevole vita quotidiana degli ebrei, perseguitati e venduti per un chilo di zucchero, costretti a vivere, in dodici o anche più, in una misera stanza, sempre con la paura di fare la fine dei loro simili, uccisi barbaramente ed esposti in pubblica piazza come esempio intimidatorio.

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In marcia verso Auschwitz: nessuna via di scampo per gli ebrei.

Esempi di questa crudeltà ormai ne abbiamo visti, e di continuo, attraverso documentari, romanzi, racconti, film eppure Maus rimane, forse, l’opera che meglio è riuscita a raccontare una tragedia così assurda e spietata, di cui molti sopravvissuti non sono poi riusciti a sopravvivere ai loro incubi (come Anja, la madre di Art) e chi l’ha fatto tenta ancora di trovare delle risposte a una serie di domande che restano il tormento di tutta una vita.

Quindi cos’altro potrei dire riguardo a un’opera così pura e vera se non quello d’incitarvi immediatamente alla lettura di questo capolavoro? Ma forse le mie poche parole d’illustre sconosciuto non vi convincono, perché in effetti di olocausto se ne parla talmente tanto che spesso si ha voglia di non sentire.

Allora forse le parole di un grande semiologo, amante dei fumetti, come Umberto Eco possono convincervi del tutto:

“Maus è una storia splendida. Ti prende e non ti lascia più. Quando due di questi topolini parlano d’amore, ci si commuove, quando soffrono si piange. A poco a poco si entra in questo linguaggio di vecchia famiglia dell’Europa orientale, in cui questi piccoli discorsi fatti di sofferenze, umorismo, beghe quotidiane, si è presi da un ritmo lento e incantatorio, e quando il libro è finito, si attende il seguito con la disperata nostalgia di essere stati esclusi da un universo magico.”

Maus è vera magia ma Spiegelman non è un prestigiatore; qui non siamo di fronte a un’illusione ma d’avanti a un’atroce realtà, raccontata con un’onestà disarmante, struggente e soprattutto vera.

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Arbeit macht frei – Il lavoro rende liberi: così l’infame scritta all’ingresso di Auschwitz accoglieva il popolo ebraico disegnato da Spiegelman con le fattezze dei topi e riservando al crudele nemico nazista quelle del gatto.

 

Curiosità

Il fumetto è diviso in due parti: Mio padre sanguina storia, composto da sei capitoli, e I miei guai cominciano adesso suddiviso in cinque capitoli. La prima pubblicazione di Maus va dal 1980 al 1990 sulla rivista Raw fondata dallo stesso autore con la collaborazione della moglie. Tuttavia Spiegelman ci stava lavorando già dagli anni ’70.

Maus ha vinto il prestigioso premio Pulitzer (citazione speciale) nel 1992.

La mamma di Spiegelman, Anja, morì suicida nel 1968.

Edizione consigliata

Al momento, da circa una ventina d’anni, il capolavoro di Spiegelman viene pubblicato da Einaudi più o meno nello stesso formato… L’ultima edizione risale al 2010, nella collana Stile libero-Extra con la traduzione curata da Cristina Previtali.

Altre edizioni

Ovviamente per chi avesse quella storica realizzata dalla Rizzoli-Milano libri in due volumi (il primo uscito nel 1989 e l’altro nel 1992) se la tenga stretta, viste le quotazioni su internet.

Anche la collana I classici del fumetto di Repubblica ha dedicato un volume a Maus nel 2004, pubblicando però solo il primo libro.

Maus, o della memoria

Maus di Art Spiegelman: un’opera, due vite

 

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