Partiamo veramente dagli inizi: qual è il tuo primo ricordo di un fumetto?
I numeri di Linus (fine anni 70 – inizio 80) di mio zio che da piccola sfogliavo tutto il giorno – in realtà senza capire granché delle storie, ma mi piacevano i disegni…
Cosa ti ha fatto avvicinare al fumetto al punto da spingerti a farlo?
Mi sono ritrovata a farlo “istintivamente”, non tanto per amore del fumetto come forma d’arte o per emulazione di altri autori… avevo necessità di esprimermi raccontando piccole storie e ho trovato che i fumetti fossero semplicemente (insieme all’illustrazione), il mezzo espressivo che mi era più congeniale e che mi divertiva maggiormente. Mi permettono di esprimermi in maniera piuttosto diretta e veloce (una cosa essenziale – essendo io molto pigra), sfruttando al tempo stesso le suggestioni che si possono dare attraverso i disegni.
Quando hai iniziato a disegnare strisce?
Da piccola disegnavo fumetti che avevano per protagonisti persone che conoscevo – era un modo divertente per prenderle in giro. Anche durante il liceo se mi capitava qualche avventura la illustravo in forma di fumetto… ma ho cominciato a disegnare “seriamente” solo nel 2001.
Perché proprio questa forma di narrazione? Solo perché lo hai trovato un linguaggio efficace per scenette comiche, oppure per qualche autore particolare che ti ha attratta?
Non sono una grande consumatrice di fumetti e non sono stata attratta da un determinato autore (nonostante ce ne siano diversi che ammiro tanto). Come ho già detto penso che il fumetto (e l’illustrazione) sia solo la forma espressiva migliore per me… semplice, diretta, efficace.
Credi che questa semplicità sia anche, erroneamente, alla base di una bassa considerazione da parte della critica “ufficiale”, che associa questa immediatezza alla superficialità? Cosa risponderesti a queste critiche?
Prima ho citato i Peanuts (che tra l’altro dal punto di vista dello stile sono PARTICOLARMENTE semplici e spontanei) come esempio di fumetto caratterizzato (agli occhi di un lettore attento) anche da una grande profondità di contenuti. Vorrei sperare che non tutti i critici ufficiali associassero l’immediatezza del genere fumetto alla superficialità… se così dovesse essere, non potrei che dispiacermene. Personalmente tendo a vedere la capacità di dire grandi cose con poche e semplici immagini più come un grande pregio che come un difetto. In effetti credo che la vera forza del fumetto risieda proprio in questa possibilità di comunicare tanto con poco, e di far sorridere e pensare insieme.
Quali sono le tue strisce preferite, e che cosa ti piace di loro? In cosa ti sono di ispirazione?
Sono ispirata più da illustratori che da autori di fumetti. Leggo pochissimi fumetti perché ho il terrore di essere inconsciamente condizionata da quello che leggo e di ritrovarmi poi a “imitare troppo” qualcun altro… Detto questo, i miei preferiti sono Schulz – i Peanuts sono fumetto, poesia e filosofia insieme… Tim Burton – per il suo immaginario gotico, distorto e popolato di piccoli “freaks”… Edward Gorey con le sue illustrazioni a china di gusto rétro e vagamente spettrali.
Non pensi che la mancanza di un confronto con altri autori possa anche essere un handicap, una mancanza? Il proprio stile personale non nasce anche dall’incontro con quello degli altri?
Certo uno stile personale nasce anche dall’incontro con il lavoro di altri. Personalmente ho passato molto tempo (quando ero piccola) ad “imparare a disegnare” (anche se per me era solo un divertimento) imitando e tentando di riprodurre tecniche di autori diversi. Come si dice, si trascorre metà della vita ad imparare le regole e la metà successiva a cercare di infrangerle. Vedere il lavoro di altri autori mi interessa sempre molto, ma al momento mi sento piuttosto sazia e preferisco non frequentare più di tanto il fumetto, cercando invece in me qualcosa di originale. Ovviamente poi capitano momenti in cui mi sento più curiosa o mi servono nuovi spunti e allora vado più alla ricerca del confronto con altri…
Quale caratteristica delle strisce a te più care vorresti ricreare con la tua?
Non me lo sono mai chiesto, cioé non parto proprio con la volontà di riproporre suggestioni già date da altri (anche se poi magari questo avviene comunque).
Come sono nati i personaggi e l’atmosfera di InkSpinster?
InkSpinster è nata come una mia caricatura, poi le sue avventure si sono arricchite dei personaggi che conosci. L’atmosfera si è creata naturalmente, non saprei nemmeno definirla. Di solito la definiscono gli altri.
Quanto c’é di te nei tuoi personaggi? InkSpinster è “autobiografica” (con tutti gli eccessi dell’umorismo)? O nasce piuttosto dall’osservazione delle persone intorno a te?
InkSpinster è sicuramente autobiografica. Le sue storie sono o piccoli aneddoti accaduti a me personalmente (logicamente, con tutti gli eccessi dell’umorismo!), oppure scaturiscono da mie considerazioni su argomenti di vario genere.
E anche se mi riconosco principalmente in InkSpinster, credo che ciascuno dei miei personaggi rappresenti una parte di me. Posso essere stralunata come InkSpinster, ma a volte sono anche sarcastica come Martha, o ottimista come Fil o permalosa come il Poliziotto. La cosa buffa è che di tutto questo me ne sono accorta parecchio dopo che la striscia era nata – è stato come scoprire che le diverse sfaccettature del mio carattere si erano materializzate sulla carta. Strano.
Ortolani dice che molte delle sue gag nascono dalle serate con gli amici. Vale anche per te?
Assolutamente sì! Praticamente ogni volta che esco con amici torno a casa con una nuova idea, un nuovo spunto per le mie strisce… non importa quanto sia stata banale la giornata, qualcosa che mi spinge a pormi interrogativi balzani salta fuori regolarmente… spesso sono proprio gli amici con le loro considerazioni a offrirmi degli spunti validi.
Quanto è importante, per te, l’autoironia, di cui la striscia è disseminata?
È essenziale per sopravvivere, specialmente se uno non è in grado di adattarsi bene al mondo che lo circonda. Qualche volta (diciamo pure spesso) trasformare il tragico in comico è proprio una necessità… come si dice, “rido per non piangere” ^_____^
Perché la grafia da bambino delle elementari?
Perché la trovo più adatta ad una striscia con lo stile di InkSpinster rispetto per esempio ad un normale stampatello.
Visto che parli di “stile”, come lo definiresti con parole tue?
Mah, lo definiscano gli altri, io non lo saprei fare…
Vogliamo dire:”stile nel quale una linea dritta ogni tanto forse non guasterebbe”?
Da dove salta fuori il ragnetto (simbolo di Deco e di InkSpinster)?
Perché, *sguardo di traverso* non ti piace?
Non esistono genitori od adulti in genere nelle strisce: c’é un motivo?
Nessun motivo. Semplicemente non si è mai presentata l’occasione di introdurli in una storia.
Che cosa pensa il tuo personaggio del mito del nord iper produttivo, e come vive in un ambiente così apparentemente a lei alieno per ideali ed ambizioni?
Cerca di sopravvivere come può, in tanti modi a volte patetici e a volte ridicoli. È pienamente consapevole della propria condizione di strana-emarginata-sfigata, ma non potendo (e forse nemmeno volendo) cambiare, si ingegna. A volte scopre che la maniera migliore per essere felici è accontentarsi. A volte si costruisce improbabili surrogati di ciò che non può avere. Più spesso trascorre il tempo facendo le sue personali considerazioni sull’assurdità del mondo che la circonda, e così facendo lo esorcizza, cerca di renderlo “un po’ meno spaventoso” ridicolizzandolo.
È la stessa funzione che ha per te la tua striscia? Quali sono i fantasmi che più ti spaventano, che hai più necessità di esorcizzare?
Fondamentalmente tutti quelli che in un modo o nell’altro compaiono nelle strisce di InkSpinster, i suoi fantasmi sono anche i miei, ce li dividiamo… le cose che la disgustano o la sorprendono sono le stesse che disgustano e sorprendono me; il vantaggio che ho, la “funzione terapeutica” che InkSpinster svolge per me, è che posso passare tutte le mie paranoie a lei e vedere come dopo le sue considerazioni squinternate e le sue soluzioni improbabili questi fantasmi risultino ridimensionati, sdrammatizzati, a volte ridicoli.
InkSpinster guarda poco o nulla la TV: non può permettersi un televisore, o non le piacciono i programmi (a parte “Il mondo di Quark”, naturalmente)?
InkSpinster ce l’ha il televisore (benché vecchio e scassato), ma più che un mezzo di intrattenimento diventa lo spunto per meditare sulla pochezza dei programmi televisivi… che sono il prodotto e lo specchio del mondo in cui InkSpinster fa fatica a vivere senza impazzire completamente.
Niente “Isola dei Famosi”, quindi, per lei?
Penso che se mai InkSpinster guardasse un reality-show sarebbe unicamente per farsene beffe – cosa che comunque risulta oziosa, in quanto i programmi di questo tipo si ridicolizzano già da sé, per cui farli oggetto di commenti sarcastici è un po’ come sparare sulla croce rossa…
La tua striscia si muove fra situazioni quotidiane e sentimenti individuali: pensi che in futuro il mondo esterno (l’attualità) vi entrerà mai?
No, non credo.
Perché questa scelta di escluderla?
Perché InkSpinster sono io, e io sono troppo individualista (e francamente so troppo poco del mondo) per mettermi a parlare di attualità. Chi ha detto:”Si può scrivere solo di ciò che si conosce”…? Insomma, ho già difficoltà a far quadrare le cose nel mio incasinato microcosmo, non sono pronta per occuparmi dei mali del mondo.
InkSpinster vivrà sempre nella stessa cittadina, o vivrà avventure altrove, magari esotiche? I personaggi cresceranno?
E che ne so? Mica tengo la sfera di cristallo! È un po’ come se mi domandassi cosa mi succederà in futuro… Le avventure di InkSpinster sono un mistero anche per me… fino al momento in cui mi capitano.
Allora è vero quanto detto da molti autori, che i propri personaggi godono alla fine di vita propria, tanto da guidare la mano al proprio creatore?
Diciamo che io e InkSpinster la vita ce la dividiamo, e lei mi aiuta a vederla un po’ meno nera… a volte il modo che uso per trarmi d’impaccio in una situazione fastidiosa è chiedermi “cosa farebbe lei”! Quanto ai fumetti che vivono di vita propria, effettivamente più passa il tempo e familiarizzo col mio personaggio, più lui – cioé, lei – mi sembra reale… perché dopotutto io sono lei… e lei è me… Che siano i primi sintomi della schizofrenia?!
Pasticcino si farà trasferire? Se sì, InkSpinster lo seguirà?
Macché. Secondo me quello in fondo è un masochista.
E comunque sa che ovunque andasse, lei lo seguirebbe… per cui a che serve scappare? “Non si può sfuggire al proprio Destino”. Specie se il Destino in questione porta calzini a strisce.
Vista la natura semi-autobiografica… Hai avuto un Pasticcino così sfuggente anche tu? Utilizzavi la stessa tecnica dello sfinimento?
No, inventare tecniche di corteggiamento-tampinamento mi diverte nel fumetto, ma è un comportamento che non riprodurrei mai nella vita reale! E poi a giudicare dai tentativi di InkSpinster, è più la fatica del risultato (…finora).
Che cosa ti piace di Keats, a cui hai dedicato una sentita striscia?
La sua tristissima storia. Da buona turista ho anche visitato la sua casa…
InkSpinster non manca di una vena poetica, anche un poco malinconica a volte. Altri ispiratori?
Guarda che il buon Keats non mi ha ispirato molto in InkSpinster, a parte la striscia che porta il suo nome… non so se più avanti altre personalità letterarie faranno capolino nelle avventure di InkSpinster… staremo a vedere.
La tua striscia è molto parlata, l’umorismo si basa sulla parola più che sul disegno. Come nasce il rapporto tra parola e immagine nelle tue vignette? È un processo ragionato o spontaneo?
Ho a disposizione 6 o 8 quadri in cui esprimere passo dopo passo un’idea; semplicemente cerco di raccontare la storia nel modo più efficace e comprensibile possibile; spesso mi sembra che le spiegazioni meticolose e arzigogolate (corredate da disegnini) siano necessarie. Forse non lo sono… ma tant’é.
Quali sono le soddisfazioni maggiori che ti ha dato la tua striscia?
La striscia a me è servita e serve quasi come terapia, e di certo continuerei a disegnarla anche se sapessi che nessuno la pubblicherà mai. Ognuno ha bisogno della propria valvola di sfogo, e personalmente sono contenta di riuscire a dare ai miei pensieri e ai miei interrogativi la forma di un fumetto. E poi, sapere che anche altre persone apprezzano i miei lavori. Il fatto che qualcuno mi scriva soltanto per dirmi che si riconosce un po’ nella protagonista, o che pensa che io faccia qualcosa di valido, è estremamente gratificante.
Internet è un pervasivo ed efficace sistema di distribuzione ed una vetrina sempre aperta: perché hai deciso di dare vita al sito web?
Per i motivi che hai appena citato. Internet è un’ottima vetrina, un buon mezzo per far conoscere con relativa facilità il proprio lavoro a tante persone… non so cosa sarebbe stato di InkSpinster altrimenti. Sicuramente esisterebbe – ma magari sarebbe ancora in un cassetto. Oppure avrei potuto mostrarla a qualcuno… ma di certo non a tutti coloro che ho potuto accalappiare usando la Rete.
Pensi che il proporre le tue strisce gratuitamente via web favorisca anche la vendita della versione cartacea?
Vendere bene rimane una cosa difficile comunque… ma penso che presentare qualche esempio del mio lavoro sul sito possa servire a dare un’idea di ciò che produco – e magari invogliare qualcuno dei visitatori a leggere anche l’albo.
Come hai selezionato le strisce per il volume di Lilliput?
Erano semplicemente tutte le tavole che avevo a disposizione in quel momento – a parte alcune che ho scartato perché erano molto vecchie e il mio segno grafico nel frattempo si era modificato.
Prevedi di proporne altri?
Lo spero!
Pensi che scriverai anche vere e proprie storie, o preferisci cimentarti sempre con le strisce?
Mi piacerebbe scrivere una storia, ci sto pensando. Ma non so ancora quando né come salterà fuori…
Grazie Elisabetta, speriamo di vederti presto ancora su queste pagine! Nel frattempo invitiamo tutti a comprare il volumetto di InkSpinster su www.lilliputeditrice.it, e a seguire le sue strisce sul sito di Deco, www.inkspinster.com. E non dite che non vi avevamo avvertiti!!
Intervista rilasciata via mail tra Novembre e Dicembre 2003